Lo aspettavamo da troppo tempo e finalmente è giunto. Il capitolo 8 bis della saga che si va finalmente a interporre tra l'ottavo L'Argonauta del Fosso dell'Agonia Bianca e l'otto tris, Cuori nello Yukon. Ad esser proprio precisini si potrebbe inserire in questa cronologia su Doretta anche il lungo flashback presente nella Stella del Polo di Barks (tra l'8 e l'8 bis) e quello de L'Ultima Slitta per Dawson (tra l'8 tris e il 9). Ma filologismi sterili a parte, possiamo finalmente dire che con questa storia ogni lacuna è stata colmata, e dopo cinquant'anni in cui la storia tra Doretta e Paperone era stata sempre aggirata, abbiamo finalmente il tassello definitivo. E ora non c'è più altro da dire.
Anzi no, c'è da dire che il tassello è così definitivo da passare alla storia anche come la storia a fumetti Disney più spinta di sempre, visto che in più di un'occasione Don Rosa si lascia andare ad allusioni, sottintendimenti e battute equivoche. E se da un lato la cosa può esaltare il nostro lato più nerd, dall'altro è il segnale di come le cose vadano male laggiù in Egmont, casa editrice in cui un solo autore può fare quello che vuole, mentre gli altri vivono all'ombra di schiaccianti ereditità stilistiche, nonchè di regole astruse come "non si può utilizzare Pico de Paperis in nessuna storia", "non si può disegnare una storia col singhiozzo" o "non si può dire la parola GESSETTO".
Ma giusto o sbagliato, ormai questa storia è stata fatta e così come le altre si va ad aggiungere al vangelo degli appassionati. Per prima cosa mi sento di dire che appena aperto l'albo ho avuto una gradita sorpresa che mi ha ripagato del disgusto dell'aver dovuto cercare Zio Paperone per una settimana in ogni angolo di Padova. La gradita sorpresa son le chine. Dopo anni e anni che le storie di Don vanno peggiorando sotto l'aspetto grafico, appesantite da inchiostrature in perfetto stile superchicche, qui ci ritroviamo finalmente di fronte alla linea leggera della Saga, piacevole e non opprimente. Una scelta mirata o un casuale rinsavimento? Fattostà che questo ha contribuito ad aumentare il mio gradimento verso LaPrigioniera. Certo, il tratto di Don Rosa è invecchiato maluccio e lì proprio non c'è niente da fare, però con le chine leggere è tutta un'altra cosa. Ma cos'è un mio post su Don Rosa senza le consuete e necessarie critiche? Stavolta metto alla gogna l'inizio della storia. A parte che gradirei che Don si decidesse sul presentarci questi extra come flashback o ambientati direttamente al passato, ad ogni modo rimango dell'idea che alle prese con la Saga, Don sia nel suo elemento, si senta a suo agio e i risultati si vedono. Oltretutto dovendo per forza raccontare il passato di Paperone, Don si libera dell'esigenza di dover infilare la continuity in ogni balloon e la mette direttamente in primo piano, senza soffocamenti, snaturamenti o forzature eccessive. Il contrasto tra il Don ansioso e citazionoso e il narratore serafico e disteso si ha tutto nell'inizio, che partendo nel presente, è zeppo di citazioni, riferimenti, dialoghi poco spontanei tra Paperino e nipotini. Ma è un piccolo prezzo da pagare, che permette di avere il simpatico finale, e visto che è solo una cornice non me ne preoccuperei troppo. C'è da preoccuparsi un po' di più per le guest star che ormai Don inserisce appena può. Una ogni tanto può starci ma così è troppo, sembra di star guardando i Simpson, ci mancano solo i doppiaggi celebri. E oltretutto la sottotrama di Wyatt Earp e soci è ben poco interessante e noiosa, sembra ficcata lì tanto per dare alla storia un corpo, da adornare con le scaramucce tra i due piccioncini. Scaramucce adorabili, beninteso. Molto bello invece il finale che dopo il climax vede la famosa scena del congedo narrataci di Barks, piegata ad esigenze narrative che anzichè schiacciarla, una volta tanto, la valorizzano. In ultimis voglio spezzare una lancia in favore del Paperone supereroe che molti additano come eccessivo. A me piace, ci sta tutto e diverte pure. Non è certo questo che cambierei nelle storie di Don Rosa.
Concludo con una nota di demerito per la redazione che con un numero come questo si è permessa di trattare la storia come una schifezzuola senza dotarla di una bella introduzione.