Rat-Man # 61“Breep!” Ci eravamo lasciati così, al termine di
Io, il Rat-Man, episodio finale della stupenda Trilogia del Clone. Ci eravamo lasciati con il volto gelido di Janus Valker fissarci da una fotografia datata. Come al solito Leo aveva concluso un arco narrativo risolvendo alcuni enigmi e tuttavia facendone nascere altri. Ma a questi non c’era stata risposta, almeno fino a
Era Mio Padre! in cui ci vengono parzialmente svelate le sorti del personaggio. Sotto le mentite spoglie di Piccettino (vederlo parlare dopo tanti anni di pseudomutismo è un simpatico e sorprendente
inside-joke), il dottor Mung, che aveva esordito in una gag de
L’Incredibile Ik, indaga nella mente di Rat-Boy con quest’ultimo, alla ricerca del padre di Deboroh. Leo alterna le vicende di Rat-Boy e Mung a vari
flashback che forniscono una notevole quantità di gag, tra cui la fantastica satira alla critica artistica, qualcosa di deliziosamente delirante. Non mancano le gag meno elaborate, ma di grande effetto, come il dissacrante “La cacca!”.
Ma il vero fulcro sono ovviamente le rivelazioni dateci da Ortolani: con grande maestria e un’adeguata dose di pathos infila un colpo di scena dietro l’altro: dall’inserimento delle tavole della citata Trilogia del Clone (personalmente amo questi espedienti) all’apparizione di Valker e alla mutazione di quest’ultimo, che giustifica il look di
Camera 9. E tuttavia rimangono aperti molti interrogativi, come le sorti di Kalissa e compagnia e la fine di Pujanoff (semplicemente freddato, come sembra in
Io, il Clone o c’è qualcosa di più?). In ogni caso rimane un’ottima storia che mostra l’abilità narrativa di Leo nel completare dopo anni vicende rimaste in sospeso, esprimendo al massimo le proprie capacità di narratore puntuale e meticoloso (unica pecca: che ci fanno i ricordi -o meglio le tavole- della Trilogia del Clone nella memoria di Rat-Boy?).
Sperando che le complesse vicende del Ratto e dei suoi comprimari riprendano dopo la pausa parodistica della durata di due albi, promuovo con lode quest’ottimo albo condito dalle simpatiche vignette
Ai confini della Marvel e dall’articolo delle copertine-omaggio (in cui manca però la cover di
Scuola di Fumetto).
Rat-Man # 62Ortolani è un pazzo. Lo si sapeva già, ma con questo albo sembra superare ogni limite. Già, perché mentre il tempo passa e i lettori, non paghi delle rivelazioni di
Era Mio Padre, attendono il ritorno di Ratty, che latita ormai dal #51, Ortolani si prende una pausa per ben due numeri di parodia. Sì, proprio parodia, che nei tempi recenti erano state trasferire su albi a parte, come si può evincere da
Star Rats o da
Il Signore dei Ratti. E’ dunque lecito a una parodia “metaforica”, come sono state
Rat-Max e la Triologia dei Fantastici? Ebbene, almeno per il momento no. Infatti
299 sembra essere una parodia nel senso più stretto del termine, una parodia di
300, fumetto scritto da Frank Miller e recentemente trasposto su pellicola. Perché Ortolani ha deciso di optare per una parodia pura e semplice? Per prendersi una pausa (ancora?!) prima del ritorno del Ratto? Per accontentare quei fan mai stanchi di storie prettamente umoristiche? Credo, o almeno mi piace credere, che Leo lo abbia fatto semplicemente perché gli andava, senza un ragionamento alle spalle, per il puro gusto di fare una storia che vorrebbe leggere.
In ogni caso, la storia non può che straniare. Nelle passate parodie Leo pur calandosi nello spirito dell’opera presa di mira, non aveva mai abbandonato i propri stilemi di origine kirbyana. In
299, invece, pur mantenendo comunque invariato il proprio tratto si avverte uno scemare degli stilemi di cui sopra in favore di uno stile maggiormente consono alla storia, soprattutto nei personaggi creati per l’occasione. Anche la divisione delle tavole riprende il
widescreen di
300, con risultati contrastanti: se da un lato il ritmo finisce per affinarsi all’opera milleriana aumentando l’effetto parodistico, dall’altro la storia risulta eccessivamente ridondante e cristallizzata; proprio quando si inizia a ingranare, si chiude bruscamente: è lo scotto da pagare per la particolare impostazione delle tavole, che consuma il doppio dello spazio pur consentendo a Leo di scatenare le proprie abilità grafiche. Fantastiche ambientazioni e ricostruzioni, affascinante Leonida; le scene che scimmiottano gli antichi vasi greci mi hanno mandato in visibilio. Le gag sugli spartani sono simpatiche, e qualitativamente c’è un incremento man mano che si prosegue e mentre all’inizio la trama era noiosetta si fa appassionante sul finale. Impossibile dire di più, attendo il prossimo numero per un giudizio globale; per ora
299 si presenta come una storia discreta, lodevole per le sperimentazioni e biasimevole per le eccessive sbavature. Insomma, sarà
+1, questo il probabile titolo del prossimo albo, a determinare il tutto.