Vi dico cosa ne penso, pur riciclando l'intervento in un'altra sede, pur sapendo che in proposito sono in minoranza, ma che ci volete fare, questa è democrazia in fondo!
Paperino è, a tutti gli effetti, il numero uno della famiglia dei paperi. E’ stato il primo in ordine cronologico, le sue caratteristiche e debolezze tipicamente umane lo rendono il personaggio più simpatico, più utilizzato e di maggiore successo in assoluto. Tutti gli altri membri della famiglia dei paperi sono sue evidenti derivazioni, a partire dall’aspetto, la loro esistenza è prima di tutto finalizzata all’interazione con lui. Si sono certamente viste alcune storie con i paperi senza Paperino (peraltro non delle più riuscite secondo me), ci mancherebbe, tuttavia in tali casi o non si sarebbe visto sin dall’inizio o sarebbe stato messo subito in sordina, mai e poi mai un autore lo avrebbe escluso in modo così plateale come qui avviene. Normalmente egli sarebbe rientrato nell’avventura o successivamente come Paperinik, o perché ricattato, o perché bramoso di guadagno, o per qualche sempre nuova rivalità con lo zio e/o i nipoti : tutte fondamentali motivazioni che pepano e rendono intrigante la storia. E’ vero che egli è indolente, MA SICURAMENTE NON E’ LA PASSIVA E AMORFA AMEBA DESCRITTA: è anche vivace, collerico, caparbio, testardo e pasticcione, senza queste sue caratteristiche peculiari viene a mancare la giustapposizione con i nipotini da una parte e con lo zio dall’altra, che crea il vero interesse e divertimento della vicenda. Senza questo rimane la saccenza dei nipotini e la brama di guadagno di Paperone, ridotte in tal modo ad uno sterile e deprimente binomio: pur alle prese con qualunque mistero o avventura o biblioteca di Alessandria che dir si voglia viene a mancare la spina dorsale, l’essenza stessa dell’azione dei paperi, il motivo primario di contrasto e quindi azione e divertimento. Paperino è anche il principe dei paperi: lo zio è vecchio e i nipotini troppo piccoli, logica vuole che ogni trasposizione efficace del mondo umano – soprattutto a livello avventuroso e romantico – coinvolga Paperino prima di tutto. Il bello sta appunto nel fatto che questo eroe diventa in realtà un antieroe per le sue caratteristiche inconfondibili (salvo Paperinik, ma è un’altra storia) mentre Don Rosa da risalto solo alla bravura dello zione , che senza la necessaria contropartita di Paperino diventa un antipatico e avido affarista tout court. L’emarginazione di Paperino, oltre che gravemente oltraggiosa data l’importanza del personaggio, è pertanto un altro fondamentale motivo per il quale le storie sono assolutamente prive di mordente. Tengo a sottolineare il termine emarginazione, voluta, super sottolineata e compiaciuta, che è evidentissima; non c’entra nulla con la rispettosa discrezione usata da altri autori laddove Paperino è secondario o assente.
I pochi accenni divertenti sono scopiazzati e stravisti (alcuni esempi: il segugio e le sigle delle GM, l’idea dello zio di sfruttare commercialmente un loro tesoro, persino lo stratagemma di cercare un tesoro facendo il giro del mondo per tornare al deposito guidati da un cane è lo stesso della vecchissima ‘Paperino e il cane dollarosus’), soprattutto fini a se stessi, annegati in una narrazione che potrebbe riguardare qualunque zio coi nipoti ( ricordo la storia lunga Zio Paperone e i folletti giganti, una delle poche senza Paperino, però c’erano i bassotti a ricordarci chiaramente di chi stavamo parlando!).
L’unica ricchezza è la trama storica che fa da filo conduttore, però è più adatta ad un romanzo perché inserita in un fumetto lo rende troppo pesante e indigesto (vedete la quantità spropositata e la prolissità del testo delle didascalie e delle nuvolette): nelle storie tipiche si trattava di accenni lunghi solo quanto bastava ad azionare e motivare i paperi – cenni tuttavia indovinati, spesso anche istruttivi per la gioventù, e genialmente sintetici - non logorroiche digressioni (ma a questo punto più che digressioni diventano la vera storia, ahimè) di cui i paperi diventano una semplice appendice. Forse, in proposito, sarebbe migliore la formula del romanzo illustrato più che il fumetto. I disegni, ne do atto, sono bellissimi (ma non c’entrano nulla con la freschezza, l, l’incisivita e spontaneità del tratto degli altri autori) ma ancora una volta ridondanti ed eccessivi, appaiono come statici ed eleganti quadri (romanzo illustrato) in cui l’azione è frenata, soffocata da una maniacale e inutile dovizia di particolari. Non c’entrano nulla con la vivacità propria dei paperi (a meno di snaturarne il carattere, cosa che si è visto, si fa proprio con quello dal carattere più spiccato). Come in un dramma, a questo punto, più che in divertente fumetto, le ultime tre vignette chiudono definitivamente Paperino nell’isolamento di un’ignoranza e segregazione che lo snaturano, frutto di una sconcertante, deliberata e compiaciuta crudeltà verso il più grande dei paperi.
Le vignette iniziali del disinteresse di Paperino, quando in passato erano tali, fruttavano la sua ricomparsa come Paperinik (con la forza di cui è capace, sottolineo, anche in versione ‘inetta’ ma sempre, badate, attivissima e vivacissima), Don Rosa invece le usa per uccidere il personaggio.