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Anno 1973 : coa.inducks.org/story.php?c=I+TL++944-A
Appartamenti ed inquilini miniaturizzati per moltiplicare gli spazi immobiliari disponibili e del pari i proventi da fitti incassati.
Una storia per mostrare quello che mi piace di questi personaggi. Cominciamo subito con quanto a molti appare magari un difetto : il rimpicciolimento degli alloggi e l’ingrandimento finale degli inquilini è inverosimile, esagerato, e, qualora si verificasse, porterebbe morte e drammi.
Qui invece produce vignette originalissime ed esilaranti perché è una parodia del mondo reale sull’eccessiva avidità, che fa compiere atti palesemente esagerati che portano ad un esito tragico ma sempre mostrato in chiave di farsa divertente. A differenza di quanto purtroppo avviene nella realtà c’e’ la giusta punizione per l’eccessiva avidità e zio Paperone in ciò è simpatico perché vi presta il suo volto e le sue caratteristiche che si confanno al ruolo.
Quindi trovo molto importanti le riflessioni su temi sempre attuali che tramite la satira giungono ad una visione moralmente corretta, mentre a pelle la storia si legge con il consueto divertito godimento : esemplare in ciò Archimede, che sdegnato rifiuta di aiutare Paperone quando viene a sapere che la sua invenzione è stata utilizzata, anzicchè a scopo umanitario, per accrescerne i profitti.
I panni che i paperi vestono sono quelli ben conosciuti e tanto apprezzati, disinvoltamente la satira della realtà li investe ed ancor più ne accentua le capacità espressive.
In questo senso – a titolo di significativo esempio - dopo il patatrac finale arriva la fuga di nipotini e Paperino, consigliere di un’idea volutamente sparata inverosimile (in quanto esasperato dal continuo ricorso a lui come ‘nipote ed erede’) e messa invece, incredibile dictu, in pratica dall’imprevedibile, irriducibile zio Paperone. L’ironia raggiunge iperboli efficaci.
Ogni volta i paperi ci appaiono quindi nuovi pur nei loro sembianti consueti e amatissimi, mentre le emozioni che li animano filtrano trepidanti fenomeni vivi e reali. La consuetudine si ammanta e riveste di significati sempre diversi ed intriganti, saziandoci come lettori ingolositi dalla fame di novità sin dalle prime vignette, allorquando ci fa scalpitare la domanda iniziale – che poi farà sbranare letteralmente la storia - ‘cos’avrà stavolta zio Paperone per far accorrere i nipoti al deposito ?’.
In particolare mi piace assimilare questa storia al filone catastrofico che alla fine del decennio vedrà Paperone e nipoti alle prese con i più fantasmagorici sconvolgimenti. Nel 1973 al cinema è l’anno de ‘L’Inferno di Cristallo’, di cui rileggo in chiave divertente – anche se, si noti, in fondo non meno seria – la claustrofobia di lussuosi appartementi-trappola, e l’ingordigia umana causa del tutto (nel film si era trattato di risparmi sulla qualità e quindi sicurezza dell’impianto elettrico). Aldilà delle diverse modalità catastrofali (incendio contro miniaturizzazione), il messaggio finale è quindi del tutto analogo sia che vi giungiamo con la serietà e verosimiglianza di effetti speciali di questo capolavoro cinematografico sia che ci portino i paperi con la loro sciolta e disincantata allegria.
Una nota distintiva e molto efficace di questo filone, al cinema come in questi fumetti, è l’irruzione della fatalità insospettabile e dirompente nell’ambito del vivere quotidiano tranquillo dei cittadini, visti nella pluralità dei loro singoli comportamenti.