Con la recente uscita sul terzo volume della Don Rosa Library "de noaNtri", finalmente ho potuto leggere (e discretamente apprezzare) questo sequel che da tempo mi incuriosiva.
Vorrei quindi condividere con tutti gli interessati alcuni considerazioni personali che, per forza di cosa, non troverebbro spazio all'interno della recensione.
Parto dalla questione principale, la storia mi è piaciuta? Certamente la risposta è positiva, tuttavia devo ammettere che forse ha in parte deluso le mie aspettative...
Trattandosi di un sequel è inevitabile operare dei confronti con la storia d'ispirazione, e personalmente non trovo nulla di male nel farlo: se un autore ha scritto una storia partendo da un'altra e dandovi un seguito, io semplice lettore posso anche confrontare le due "parti" per farmi un'idea di massima.
Bene, ricordando la storia barksiana noto che "Paperino e il mistero degli Incas" presenta alcuni elementi caratteristici che ne accompagnano lo svolgimento, dall'inizio alla fine.
Il primo di questi, ironico quanto si vuole, è costituito dalle... uova: dalle battute iniziali al viaggio in nave, dai tentativi di truffare Paperino con uova false al mono-menù dei Testaquadra fino al finale a Paperopoli, tutta la storia puzza è intrisa di uova. Queste costituiscono un forte elemento comico che svolge un ruolo non secondario nel reggere la trama. Nella storia del ritorno, invece, questo elemento specifico manca (e fin qui ok, la cosa sarebbe risultata troppo ripetitiva), però manca anche un qualunque succedaneo: c'è solo lo scopo che muove i protagonsiti (lo sfruttamento delle uova quadre), eppure non ha la stessa forza ne lo stesso impatto comico.
Il secondo elemento è quello del viaggio: lo spostamento, la ricerca, caratterizzano non solo la parte iniziale con il trasferimento via nave, ma anche quella centrale dove i paperi si perdono nelle Ande alla ricerca delle fantomatiche uova. Quindi il lettore quasi "partecipa" con i protagonisti in questa strana caccia, e le tavole di Barks trasmettono sensazioni molto vivide, in particolar modo nella parte che va dallo sbarco al ritrovamento della città perduta (ma il tema è presente anche nel finale dove fondamentale si rivela la presenza della bussola). In Don rosa questo è si presente, ma più annacquato: le tavole dedicate sono in numero inferiore, e comunque manca - per ovvi motivi - il senso di "mistero" che accompagna la ricerca nella storia barksiana.
Il terzo elemento è quello della sorpresa: in Barks l'impatto con il popolo che abita Testaquadra è notevole, i paperi sono parecchio impressionati dai locali per la stranezza del loro mondo e dei loro usi. Chiaramente tutto ciò non può valere nel sequel, dove i protagonisiti sanno bene cosa li aspetta; di conseguenza, Don Rosa cerca di "compensare" enfatizzando molto l'aspetto della condizionabilità degli indigeni, che in un primo momento vengono ritratti come emuli di Paperino e successivamente dello stesso Paperone/Cuordipietra (come archetipo i due non differiscono poi tanto, specie ad una prima occhiata). La scelta di Don Rosa certamente permette di recuperare l'elemento-sorpresa, però risulta (a mio avviso) un tantino esagerata.
In Barks gli indigeni si limitano a parlare con un dialetto del sud appreso dal prof. Sentimento Cuorcontento: nulla di strano, è il primo (e unico) americano che incontrano, è chiaro che essi non possano che imparare l'inglese proprio come lo parla lui, con le sue inflessioni ed il suo accento; per il resto, tuttavia, mantengono le proprie usanze ed abitudini, quindi non è che li si possa definire particolarmente suggestionabili.
Nella versione donrosiana, invece, questo elemento risulta molto accentuato, tanto è vero che non solo hanno adottato il modo di parlare di Paperino (cosa non proprio inevitabile, dato che la lingua ormai la conoscevano) ma li si vede tutti passeggiare con degli abiti chiaramente ispirati alla sua blusa; e successivamente decidono di "imitare" ZP e CdP arrivando al punto di edificare una specie di Depo$ito.
Ecco, queste differenze (probabilmente non le uniche) che ho provato ad accennare segnano la diversità tra le due storie: la prima più lenta nel ritmo, più interiore se vogliamo, la seconda più rapida e movimentata; ma anche la comicità cambia, rispecchiando gli stili dei rispettivi autori.
Insomma, si tratta di due storie diverse tra loro, molto più di quanto trait d'union che le accomuna non lasci intuire.