A due anni dalla sua uscita e a due anni dal momento particolare in cui uscì, ho finalmente riletto questa storia, ormai (quasi) scevra del ricordo a cui si legava. L'avevo già scritto - mi pare - nella discussione di Casty: comprai il libretto, lessi la prima parte, tornai in edicola a prenderne una seconda copia per la fidanzata, proprio per la presenza della Marea. Poi, la settimana dopo, comprai direttamente due copie. La seconda copia con la seconda parte ce l'ho ancora. Indovinate perché.
Darkenblot 2.0 mi ha spinto a riprovarci ed è andata bene, più che bene. Siamo sinceri, questa storia potrebbe tranquillamente essere un romanzo e finire sul grande schermo: è vero, forse c'è qualche inezia d'imprecisione nella sceneggiatura, ma dove non esiste? Ci si pongono mille perché talvolta insulsi - io sono il primo a farlo - perdendo di vista la narrazione, la storia, la capacità della medesima di tenerti incollato e avvinghiato al libretto come un rapace perché vuoi sapere cosa c'è nella tavola successiva, vuoi conoscere la fine.
E' stringata, forse alcuni passaggi sono semplificati ovvero la soluzione non è difficile da trovare per i nostri "eroi": la password che è "password", Minerva che dirige verso l'Africa, Curiazio che indica loro di muovere verso Venezia. Non sbagliano mai strada, ma se la sbagliassero la storia avrebbe un altro finale perché non riuscirebbero a fermare la marea. E quindi non sarebbe esistita "Topolino e la Marea dei Secoli". Ma c'è e, credetemi, è una cosa meravigliosa.
Non è immediata, in realtà: alcuni passaggi sono complessi e ci devi ragionare, tornare indietro di tre o quattro o dieci pagine, o dall'inizio. Non c'è niente di sbagliato nella Marea dei Secoli, e il messaggio finale non è affatto scontato: sarebbe facile scegliere un mondo apatico e preconfezionato, dove gli esseri viventi sono simili a negozi in franchising. La sofferenza, il sopruso, la povertà fanno parte della vita, e sta a noi cercare di fare del nostro meglio perché l'uguaglianza sia autentica e non soltanto in un proclama politico. Siamo nati liberi di scegliere ed è un dovere morale quello di aspettare e aiutare chi per forza di cose rimane indietro, così come è nostro dovere morale quello di non sentirci mai superiori o più giusti degli altri o di arrogarci il diritto di soggiogare le altre persone, che si tratti di un operaio da sfruttare o un popolo da bombardare. Saremo uguali quando vorremo essere uguali, cosa che ancora non abbiamo imparato a desiderare. Forse perché dall'alto, che si trattasse di una classe politica o di una religione, ci hanno sempre detto come dovevamo comportarci e che ogni rapporto del mondo è fondato su gerarchie arbitrarie. E di sicuro non è il mondo che Topolino auspica, e non penso che riferendosi ai dittatori si riferisca semplicemente alle ovvie dittature imposte da un uomo o da un regime. Il libero arbitrio, se condizionato da una forma culturale, può rendere anche la più civile e sociale delle democrazia una dittatura. Invisibile, ma dittatura.