L'ultimo episodio di
Gli Argini del Tempo (di cui ho scritto una "pillola" già
sullo Spazio Bianco) in parte convince e in parte delude.
Sulle delusioni avete già detto tutto voi: la continuity pikappica, l'Organizzazione debellata "mordi e fuggi" e la velocità di alcuni passaggi narrativi risolutivi.
A livello generale, chiaramente, la cosa più dolorosa è proprio l'inserimento della storia all'interno di questa grande fase che chiamiamo PKNE, codificata in modo piuttosto chiaro da Francesco Artibani lo scorso anno attraverso elementi con i quali
Gli Argini cozza parecchia. Angus Fangus che torna dalla Nuova Zelanda in primis, ma anche il ruolo e il comportamento del Razziatore pongono serie perplessità, alla luce di
Potere e Potenza.
Ora, non era obbligatorio che la seconda storia della *terza serie ufficiale* fosse una diretta prosecuzione di
PeP, per quanto sarebbe stato preferibile per i motivi addotti da Valerio. Bastava che, pur facendo un'avventura "a sé", questa concordasse con quanto visto nell'avventura precedente, chiarendo la continuità narrativa tra le due storie, e magari sfruttasse maggiormente alcuni spunti riferiti al lavoro di Artibani.
Alessandro Sisti ha invece scritto una storia che per alcuni versi cozza con quanto letto nel 2014 e la cosa dispiace.
Sull'Organizzazione dispiace vedere che venga velocemente messa da parte: è chiaro che l'ultimo episodio doveva concentrarsi sull'intervento risolutivo di Pikappa e Lyla, ma il cartello di cronopirati aveva comunque avuto un ruolo importante nell'impalcatura generale della storia e forse avrebbero avuto diritto a qualche tavola in più e ad una sconfitta più "onorevole", prima di passare alla vera minaccia.
E tutto il quarto episodio in sé risulta forse eccessivamente carico: la rivelazione sul colpevole della cronoesondazione, il Razziatore che torna ma non è ben chiaro se per sé, per l'Organizzazione o per cosa, la spiegazione sulla macchina, la gravità, il buco nero... tanti concetti molto interessanti, ma sciorinati uno dopo l'altro con una concentrazione che può appesantire. Anche in questo caso, qualche tavola in più avrebbe fatto bene al complesso.
Ma ciò non toglie che la storia sia molto buona: dice bene Valerio quando afferma che, nell'ottica della più recente produzione topoliniana, siamo a ben altri livelli sotto tutti i profili.
A me non dà fastidio quella fantascienza "creativa" che sì, era tipica degli anni '90 e in tal senso stonava meno su PKNA che letta nel 2015, ma che per me mantiene ancora tutto il suo fascino. Le "tecnobubbole", come qualcuno le ha genialmente soprannominate, a me divertono da matti e pur non capendoci dentro quasi nulla per via di una formazione scolastica e universitaria ben diverse mi appassionano. Qui ne ho fatto indigestione, ma forse proprio la quantità avrebbe potuto essere meglio calibrata.
Per il resto... oh, ho visto Pikappa entrare dentro un buco nero facendo battute sarcastiche con l'I.A. della Camera Omega e il Razziatore che lo salva. Mi basta, e non sono ironico. Non è solo l'iconicità della scelta in sé, è proprio il suo inserimento come climax della storia che mi esalta, e anche se qualche passaggio narrativo e logico-conseguenziale non fila proprio pulito pulito, ho avuto una nuova avventura di PK.
Poi c'è
Claudio Sciarrone, su cui c'è ben poco da ridire, per quanto mi riguarda. Da quando è passato in pianta stabile al digitale, pur apprezzando il leggero cambio di stile sono capitate le storie in cui qualcosa mi piaceva un po' meno rispetto alla solita media qualitativa alta che ha continuato a mantenere.
Comunque, poi, ho sempre preferito lo Sciarrone fine anni '90-inizio 2000 rispetto a quello degli ultimi anni: ecco,
Gli Argini del Tempo rappresenta quell'opera in cui queste due "epoche sciarroniane" si fondono egregiamente: sarà stata l'atmosfera pikappica, la sfida di portare sul
Topo quell'estetica lì, non lo so, fatto sta che in queste tavole io trovo lo Sciarrone digitale al suo apice, che forse non raggiunge nel mio cuore l'apice dello Sciarrone tout-court, ma ci si avvicina davvero molto. Quest'ultimo episodio non fa eccezione e, tra Paperinik dentro un buco nero "casalingo", vignette spettacolari e il solito character design ottimo. Il lavoro di rimodernamento del tratto disneyano, cominciato tanti anni fa, ricopre oggi un ruolo forse ancor più importante, visto che forse ci sono meno artisti con questa spinta modernista nel tratto rispetto a quando c'era PKNA.
E tutto questo al di là di tette e culi, che sono la parte più marginale di tutto questo discorso.
Gli Argini del Tempo è una storia di PKNA in piena regola. Al netto di quei pochi riferimenti alla "rinascita" dell'anno scorso, quest'avventura potrebbe inserirsi tranquillamente in mezzo a uno dei numeri della testata e ci sarebbe stata benissimo. Purtroppo il contesto attuale, la fase di rinascita ancora agli inizi, la divisione in quattro parti e tanti altri aspetti viziano inevitabilmente la fruizione di una storia comunque decisamente godibile di per sé ma che, se PKNE avrà fortuna e proseguirà nei prossimi anni, quando in futuro si andrà a fare una cronologica dedicata figurerà inevitabilmente come un pesce fuor d'acqua.