Si dimentica spesso il valore del Martina '70-'80. È il Martina più elegante, più compatto anche (nel senso della coesione interna, dello spunto centrale; più vicino insomma alle storie moderne): storie come Zio Paperone e la campagna elettorale e Paperino e la spada del samurai, per dirne un paio, rappresentano a mio parere dei veri capolavori anzitutto di umorismo, quell'umorismo ironico e sottile tipico proprio di questa fase, che trova finalmente il suo interprete stellare in Massimo De Vita, qui a mio parere un livello sopra di Perego e dei primi Carpi e Chierchini, che monopolizzavano la produzione anni Cinquanta (lasciamo fuori Bottaro).
Quel Paperino sardonico e placido, animato a sussulti da scatti di vitalità o da empiti di diabolico ingegno, che sfocia da una parte in Paperinik e dall'altra nel neghittoso impiegato del Papersera (Zio Paperone e la disfida delle antenne, Zio Paperone e l'imperturbabile paparazzo), con quell'espressione "devitesca", simpatica ma non rassicurante...
... e poi quei ritmi travolgenti, quelle coincidenze perfette (miste ad equivoci) che animano storie come ad esempio la Spada del Samurai; e ancora quello sguardo stemperato sui rapporti fra personaggi, che ormai più che aggressivi sono irriverenti, sardonici appunto.
E ancora, le botte e risposte (penso a Paperone, Paperino e Paperoga nell'Imperturbabile Paparazzo) calcolate al millimetro (consumata esperienza sceneggiatoria) per far ridere il massimo senza fermare il discorso, l'azione; abilità questa, del resto, già ampiamente dimostrata negli anni Cinquanta ma con un diverso approccio grafico: se ci fate caso, i disegni di Perego e Carpi vecchia maniera sono più immedesimati, più mimetici, più "diretti". Ora De Vita, e con lui Scarpa e Gatto, lavorano sempre più di sponda per poter rendere sceneggiature del genere, in cui la parola è già veicolo dell'azione e dell'espressione. Quindi la resa è raffinatissima, tanto più espressiva e sottile quanto il "lavoro grezzo" di resa comica è già svolto dal dialogo, e dal ritmo delle vignette.
Insomma a me questo Martina Settanta-Ottanta, già dalla Triscaidecafobia, appare prismatico e lucidissimo.
Certo c'è tanto cui Martina deve (o vuole) rinunciare in questi anni: gli spunti grotteschi, pindarici, le parodie liberissime; ma per fortuna la sua produzione precedente è già vastissima da permetterci di saziarcene.
E i Topi? Si è parlato, come sempre, di Paperi. Beh, ci sono tre casi: Topolino e il mistero della casa ariosa, per esempio, come giallo è semplice, per ridere fa ridere il giusto; il suo valore, certamente minore di altre storie, è nelle scelte dello sviluppo: vale a dire, se l'idea è sobria, lo sviluppo sarà essenziale, teso e animato, per non disperdere la materia abbastanza standard: ed ecco quindi che la creatività si concentra sulle "situazioni" (più che sulle "azioni"), come accade magistralmente ne I segreti di Casadiavolo, e se mai sulle "pippità" sparse (Prodigi dell'aerogibile, delirante e movimentatissima!)
Poi c'è Le fantastiche imprese di Topolino Blitz; oppure Zombi, oppure Eta Beta e la dieta energetica. Queste storie sono ridotte ancora più all'osso, e se alcune traballano un po' (tipo la non esaltante Dieta energetica, per dire), la maggior parte riesce ad imboccare un via strana, in cui la trama è
pretesto per l'inverosimile. Credo che quest'ultima formula riassuma bene un certo (minoritario) filone dell'ultimo Martina. Leggete con questa chiave e varie cose quadreranno.
E poi c'è... questa storia; c'è La calata degli Ufo; c'è tutto il filone lucido e visionario al contempo del miglior Martina con Topolino. Avventure e thriller congegnati con precisione ma con una nota stonata, inquietante, di follia come in questo "sole di mezzanotte", dove la follia è grande e pericolosa; o strani fenomeni che scatenano le peggiori (o le più divertenti) qualità umane (chi ricorda l'ubriaco della Calata degli Ufo?); e poi (tornando ai Paperi ma sempre sul filone avventuroso) le Criminose imprese del Gufo Robot, le Guerre Planetarie, geniali in tutto, con disegni semplicemente stratosferici di un Carpi -ora sì- supremo ("L'insonne, eh?" e il tenebrosissimo Rockerduck polverizzato).
Sì, Martina ha ricevuto un'eredità pesante (la propria) e l'ha resa multiforme, visionaria ed ambigua. E credo sia tempo di rendere a Cesare questo suo merito, di avere portato l'arte della sceneggiatura, e del gioco (sopratutto gioco) con i personaggi a livelli di gusto decisamente sopraffini.