[size=20]Il codice De Pippis[/size] (Piras)
La struttura di questa storia è abbastanza disordinata; non che la cosa sia di per sè negativa. Ciò che le critico maggiormente è la limitata quantità di momenti divertenti: ci sono, ma parecchio diluiti all'interno della trama. Che questo episodio non sia particolarmente brillante lo si intuisce già dalla prima tavola, in cui è presente un doppiosenso sulle parole alto e basso medioevo.
Si inizia con un viaggiatore vichingo che colleziona oggetti per lui esotici (fraintendendone il funzionamento). Poi si mostrano altri pippidi e le loro occupazioni, fino ad arrivare al protagonista della puntata. Con una carrellata veniamo a conoscenza dei suoi vari lavori, tra cui lo scrivano; qui incontriamo la prima bella battuta (oltre al nome Radegunda) della storia:
- Con quante t si scrive saluti?
- Perchè, c'è differenza di prezzo?
- Beh, no...
- Allora mettine 4.
Dopodichè Pippo viene contattato dal capo dei templari, interpretato da Manetta, per chiedergli di elaborare un codice segreto con cui spedire messaggi. Allo scopo viene usata un'invenzione del protagonista: le parole crociate. Poi la scena si sposta al momento dell'arrivo a destinazione del messaggio, dove ha luogo la battuta più divertente dell'episodio: il modo in cui viene interpretata la definizione "Nel mezzo di tre". Dopo si passa a quando i nemici intercettano un messaggio ma non ci capiscono nulla nemmeno loro (a parte un pippide che si offre di aiutarli).
Ora abbiamo una sequenza niente di che dove i soldati tentano di ritrovare Pippo per chiedergli un altro codice. Questi, con un altro cambio di scena, si imbarca con il capitano visto all'inizio (dopo aver scoperto che era suo parente), per l'America, avvalorando l'ipotesi che i vichinghi vi siano giunti per primi.
[size=20]Sulla rotta di Pippòn[/size] (Ferraris)
Questa è una delle puntate più divertenti.
Intanto si nota che a differenza delle altre, ambientate in un periodo storico generico, qui si narra un evento specifico: la scoperta dell'America.
Pippo vuole partire per andare a trovare un cugino giapponese, al che un ufficiale gli chiede se conosca la lingua del posto. Lui risponde di no ("Però in famiglia ci capiamo tutti benissimo"). Una volta a boro, ridipinge una caravella, la Pinta:
- Ora si che è degna del suo nome.
- Lo sarebbe se si chiamasse "Argh".
La sequenza in cui la ridipinge più volte non è molto ilare, ma comunque dura poco (ma come fa a pitturare anche la parte sommersa?).
Quando l'equipaggio pensa di essersi perso, Pippo li assicura di stare seguendo la rotta giusta ("Me l'ha detto un cugino che ho appena conosciuto").
Una volta arrivati a terra, bisogna esplorare l'interno. Si raccomanda a Pippo di stare attento a non perdersi, ma per lui non c'è problema: "Come facciamo a perderci, se non sappiamo dove siamo?"
I compagni, scambiando gli indigeni per il protagonista e pensando che sul luogo gravi una maledizione, scappano lasciandolo lì. Rimasto solo egli fa amicizia con quelli che si rivelano suoi parenti:
- Siete approdati su un'isola dei Caraibi.
- E cosa sarebbero questi Caraibi?
- Facile: Sarebbero... qui!
E ora gli eventi, per l'unica volta nella serie, vengono legati con la puntata precedente da una piuttosto marcata continuity (accennata all'inizio quando Pippo dichiarava che un suo antenato era scrivano): infatti vengono incontrati i discendenti dei vichinghi arrivati con Pippjiorn Pippolson. Ora però (dopo 200 anni) pianificano di tornare indietro ("Altrimenti a casa potrebbero iniziare a preoccuparsi.")
Rinnovo i complimenti a Ferraris per come ha caratterizzato i vari pippidi, ancora più numerosi dell'episodio egizio.