Non me ne voglia Marco Bosco, di cui sono un estimatore e che va considerato secondo me l'autore che oggi come oggi tiene in piedi
Topolino, proprio quantitativamente, con la sua mole enorme di storie con una qualità media non da sottovalutare, ma ammetto che questa sua prova si trova agli antipodi delle mie aspettative.
E non, sia chiaro, per la scelta di staccarsi dalla trama originale; anzi, per quanto mi riguarda poteva scombinare ancora più le carte; solo che secondo me, con rispetto parlando, si è proprio sprecata una cartuccia. Faccio per dire, ho appena letto
Paperino Don Chisciotte. Beh, lì i personaggi principali compaiono solo all'inizio, in mezzo e alla fine, per poche vignette "di poetica". Ma ci si approccia all'opera originale cercando di carpirne la forza di fondo, l'ispirazione essenziale, le dinamiche strutturali, e poi spenderle in un contesto integralmente diverso quale è quello della "quotidiana follia" degli abitanti di Paperopoli, fra imbroglioni, biciclette e pozzi di petrolio. Spenderle, nemmeno trasporle. Oh, e poi si ride come matti, naturalmente.
Ecco, il
Gattopardo è un libro ricco, emblematico, persino attuale, nel suo essere il "romanzo antistorico", per riportare la celebre definizione di Spinazzola che ormai sta scritta anche sui sassi. Facile dire "secondo me si poteva" quando uno non è uno scenggiatore. Però è proprio lo spirito che mi è mancato; fisima mia, probabilmente.
Ormai la storia è scritta, disegnata e pubblicata, quindi non è il caso di recriminare.
Però mi piacerebbe davvero vedere Marco Bosco, o l'annunciato e promettente Giorgio Salati per Amleto (e magari un giorno, perché no, pure Franceschiello Dio Guardi, per citare proprio Tancredi) alle prese con una lettura più intelligente del lavoro di turno (dato che pare ci aspetti una messe di parodie, nei prossimi tempi) rispetto a quanto mi è parso venir fuori da questo
Paperopardo.
Fausto Vitaliano, con Don Pipotte, l'ha fatto. L'ha proprio fatto. Si potrà contestare
il fatto che Macchia Nera sia un alieno
, forse, ma non lo spirito, credo. L'approccio di Martina forse resta più elegante perché meno insistito, ma secondo me il bersaglio è stato centrato.
Ma questa, naturalmente, è un'altra storia (e un altro topic).
Note sparse, forse più rilevanti: il nome dei
Vasciutti è splendido, e forse la cosa migliore della storia. I disegni, mea culpa forse, ma li ho trovati strani, con una sensazione come di attaccati alla pagina, fuori proporzioni. Credo che sia soprattutto una questione di chine, ma anche di colori, forse, un po' spenti in generale.