"La tecnica non può fare concessioni! L'umanità deve seguirne la misura, è scritto nel futuro!".
Così si pronuncia Zio Paperone dopo essere stato abbandonato pure dai colletti bianchi della sua azienda sperimentale. Si tratta a ben vedere dell'ennesima enunciazione, se non proprio profetica quantomeno lungimirante, che il maestro Cimino inserisce nelle sue storie di quel periodo così prolifico.
La storia esce nel 1971, un anno che vede attestarsi il tasso medio di assenze nelle fabbriche intorno al 13%, con un vivere sociale e un quadro di armonia familiare sempre più in difficoltà a causa di orari lavorativi intensi, ambienti poco salubri, ritmi vertiginosi alle catene di montaggio, alimentazione irregolare e disordinata.
Un po' deludente il leit motiv: innanzi al problema sociale si torna al presunto eldorado della campagna e all'autoconsumo...ma a ben vedere su una storia del topo non si poteva certo discettar di lotte rivendicative.
La campagna, già, e d'altra parte se si considerano le cifre enormi di individui estrapolati da realtà rurali e inseriti in cicli produttivi altamente meccanizzati si capisce pure il forte impatto sulla salute fisica e mentale.
Tutte queste e altre considerazioni fanno di questa storia una delle tappe con cui il maestro Cimino raccontava ai ragazzi la realtà complessa che lo circondava con un linguaggio lieve e fruibile, sicuramente giammai criptico o a livelli di comprensione nascosti.
Lascia un po l'amaro in bocca, benchè scontata, la punizione finale di Paperino reo soltanto di aver pronunciato la frase nella quale accennava distrattamente al fatto che solo una scimmia potrebbe compiere gesti ripetitivi senza alienarsi. Peccato perchè proprio Paperino nella vignetta immediatamente precedente aveva dato splendido esempio di affetto familiare abbracciando lo zio disperato e stanco anche lui dal lavoro straniante e invitandolo a passare la domenica insieme.
Molto caratteristica del 1971 la colorazione con i tenui dominanti rosa-azzurro-giallo e il lettering del titolo.
Verissimo, colori delicati e delicatamente dosati; il lettering del titolo è una caratteristica di alcune storie di quel periodo.