PAPERINO E L’UOMO DEL WEST [1955]Conosciuta anche come: PAPERINO E I DON ROSISTI SINCOPATI; PAPERINO E LA DISFATTA DI DON ROSA
Sceneggiatura: GUIDO MARTINA
Matite: GIOVAN BATTISTA CARPI Inchiostri: GIULIO CHIERCHINI
Albi d’Oro #34, 28/8/1955.
Uno dei duri, imprevedibili, estenuanti e disforici viaggi nel Selvaggio West per i Paperi di Martina. Paperino ne esce scornato ma le sue motivazioni sono qui in parte condivisibili, volendo. In fondo, si imbatte in un uomo che forse non è meno matto di Zio Paperone, solo che lo è all’opposto, ma comunque con il risultato identico di orchestrare le cose a netto svantaggio del nipote. Regalando miniere a destra e a manca senza discernimento, “Mani Buche” genera nuova avidità e violenza nei confronti dell’avventato e impulsivo Paperino (costui viene minacciato a fucili spianati da una torma di rudi pionieri), donandogli dunque dei nuovi nemici. Lo stesso anziano zio del West ben presto dimostra di non voler rinunciare neppure lui alle minacce e alla sopraffazione fisica nei confronti dello sfortunato parente di città. Paperino farà l’errore di voler combattere le azioni “folli” e incomprensibili del Selvaggio Ovest con la meschina follia di città, la quale prende il treno e si catapulta in quei luoghi nei panni del taccagno arcimiliardario Paperon De’ Paperoni. E la punizione arriva presto, nella persona di un gruppo di banditi che sequestra immediatamente il Vecchio Cilindro col nipote spingendosi fino ad un’asfissiante tortura nei confronti del magnate, che dura per un bel po’ di vignette. Forse, in fondo è meglio dar retta ai consigli di un mezzo matto come “Mani Buche” e non agitarsi tanto intorno alle ricchezze, perdendosi nei tramonti mozzafiato del West e nella suggestione della sua Natura selvaggia, cose che i piccoli Paperini dimostrano di preferire. Finale ancor più beffardo grazie ai Nipotini che, da dietro le rocce, non visti scrutano con sguardo stupito (e nei loro occhi sembra brillare la luce di una morale) gli incomprensibili avvicendamenti del mondo degli adulti.
Esilaranti le interminabili cronologie dei ponti sul Fiume d’Oro immortalate nei vari cartelli in cui si imbattono i Paperi. “Mani Buche” è il Paperon De’ Paperoni del TIC (nato appena un secondo prima del Paperon De’ Paperoni del TAC), ma nella storia i due non s’incontrano mai, quasi come fossero due facce della medesima Persecuzione paperiniana: la sequenza in cui i Paperi vagano per la Città d’Oro beneficata dal Paperone benefattore è onirica, complici i disegni spogli di un Carpi ancora non pienamente maturo e autonomo. L’anno dopo perfino Romano Scarpa assegnerà un fratello allo Zione, il ben più famoso (ma i successivi autori Disney non vi sono ricorsi poi così tanto) Gedeone.
Non sono d'accordo con chi pensa che il periodo conflittuale tra i Paperi sia ascrivibile a una fase "squilibrata" della scuola italiana, mi sembra un'opinione dettata più che altro da un gusto prepotentemente raffinato. Trovo che il fumetto comico italiano sarebbe stato più povero senza queste interpretazioni dei Paperi secondo il proprio sentire (e le baruffe martiniane li hanno resi vitali).