Da lettore e cinespettatore di ogni capitolo della saga di Harry Potter, non posso che quotarvi più o meno tutti. E' vero, i primi due film erano più genuini, magici, delicati. Il terzo fa schifo, punto. Harry con il pull-over al posto dell'uniforme magosa è indegno. Il quarto e il quinto evolvono (involvono?). Di certo mutano. Come i libri, del resto. L'infanzia si tinge di adolescenza, con tutte le sue tonalità a volte effervescenti, a volte bigie. Così pure i film, più epici, gotici, potenti. Si perde un po' di dolce scintillio per strada, in vece di un'oscurità più densa. L'impressione mia, per questi ultimi capitoli, è quella del collage. Scene a sé belle, intriganti, attaccate l'una all'altra da sottilissimi fili conduttori sul punto di spezzarsi. Non un fluente percorso filmico, ma un singhiozzo saltellante, dovuto, di certo, alla densità e quantità di eventi e informazioni presenti nei libri. Come detto poco sopra, riassumere ottocento pagine in 2 ore o poco più è impresa ardua, tanto più che il cinema ha i suoi stilemi, le sue regole ed essi differiscono parecchio da quelli della letteratura.
Ma questa è una premessa vera quanto aleatoria. Perché tanto lo so già, e lo sapete pure voi, che a vedere il nuovo Harry ci andrò (ci andremo). E borbottando contro le leggi del profitto che dividono l'ultimo film in due parti, andrò (andremo) a vedere pure quello, anzi quelli. E anche se il precedente mi farà schifo, andrò a vedere il successivo, sperando nel miracolo, nella magia. Dopotutto, se non possono riuscire a Harry Potter, le magie, a chi altro potrebbero?