Ho visto questo film quasi per caso un paio di giorni fa, dopo che me l'aveva prestato un mio amico già da un po' di tempo... in pratica, l'ho guardato solo per quel motivo. Non avevo particolari aspettative, Fellini lo conoscevo solo di fama e per la sua amicizia con "Topolino", ma nulla più.
E' stata la sorpresa più bella di tutta la mia estate. Sarà per il mio particolare periodo, per l'umore di questa settimana, per l'atmosfera del film, per la mia indole caratteriale o semplicemente perchè è oggettivamente un capolavoro, ma a me 8 1/2 ha lasciato dentro qualcosa di profondo e importante, che non preventivavo e che anche per questo mi è rimasto dentro.
E' una delle poche volte in cui perfino dall'alto della mia immodestia riconosco di non essere degno di parlare di un'opera, mi limito quindi a cercare di mettere per iscritto le sensazioni che mi ha lasciato.
Intanto, osservando solo il modo in cui viene condotta la narrazione, noto come abbia un tagli inaspettatamente moderno e stuzzicante, per niente lineare ma anzi volutamente confusa nel modo che ha di mischiare scene del presente con flashback con scene dell'immaginazione.
Poi nel suo essere totalmente metanarrativo: solo il fatto che sia un film che parla della realizzazione di un film, con un regista come personaggio principale, è emblematico di questo. Scoprire poi che nella realtà di Fellini la scrittura e produzione del film è stata quella che si vede nella narrazione rende il tutto doppiamente e deliziosamente metanarrativo.
Ma tutto questo a mio parere fa solo da cornice - splendida, ricca, elaborata cornice - a quell'intreccio di emozioni, rimpianti, solitudini, mal di vivere e amori passati che sono la vera forza della pellicola.
Il protagonista, Guido Anselmi - interpretato da uno strabiliante Marcello Mastroianni, qui in una grandissima prova di attore - come detto prima è un regista, un regista che nella fattispecie sta portando avanti un film per il quale non ha però uno straccio di idea, e cerca di non farlo capire a produttori e attori. I giorni passano, la sua confusione aumenta e la confusione per il film si fonde a quella della sua vita, che lui vede instabile e senza senso, soprattutto sentimentalmente parlando, diviso tra la moglie, l'amante e le amanti del passato.
Cerca di esorcizzare tutto questo inserendo le sue inquietudini nella sceneggiatura del film, ma ogni volta non riuscirà, e il film continua ad affondare nella psiche di Guido offendoci seguenze oniriche assurde a sequenze reali opprimenti.
Mi sono immedesimato tremendamente nel personaggio di Guido: Mastroianni porta sullo schermo una persona credibile, con cui si tende a riconoscersi, tridimensionale. Un uomo afflitto della vita in tutti i sensi possibili, un uomo che nel grande circo della vita non trova pace. Ma paradossalmente proprio in una situazione circense il finale del film offre un tenue spiraglio di ottimismo, in una delle conclusioni più liberatorie e catartiche che possa ricordare.
Il prodotto finito è qualcosa di unico, irripetibile, perfetto. Qualcosa che mi fa riconsiderare il termine "capolavoro" e molti film visti recentemente.