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« il: Martedì 25 Mar 2025, 20:22:50 »
Premetto che questo nuovo topic, in parte estrapolato da quello del Topolino 3617 (sicuramente non idoneo, nel caso, a sviluppare una discussione inerente un 'mattonata' del genere), è più ipotetico che reale in quanto teorizza uno sviluppo 'particolare' della futura narrazione del libretto per quanto, vista la situazione presente, non così fantasiosa (almeno secondo me). Io posso percepire la cosa negativamente ma è probabile che ai più non dispiaccia.
In questi ultimi anni ho notato la presenza di due fenomeni sempre più incisivi nella narrativa del libretto: l'allontanamento graduale dalle realtà quotidiane di Paperopoli e Topolinia (con sempre più numerose saghe in costume, nel passato come nel futuro, o semplicemente 'alternative') e l'approfondimento delle realtà storico-geografiche della nostra penisola (con viaggi sempre più frequenti collegati alle ragioni più disparate).
I due fenomeni in se non sarebbero male se ben dosati ma negli ultimi anni stiamo assistendo a delle overdosi in tal senso. Dove potrebbero portare, in un futuro non così lontano? Ad una non impossibile doppia rarefazione, sia della quotidianità presente temporale (con gli alter ego storici che soverchiano i character orginali) che dell'ambientazione geografica calisotiana (con una localizzazione più o meno americana West Coast sostituita da una italiana di vario genere)
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Il primo 'fenomeno' ha visto sempre più numerose storie 'alternative', a volte con paperi e topi 'originali', a volte con i relativi alter ego: fra queste ricordo Ducktopia, Circus, Evaporati, 500 Piedi, Capitano Nemo, Isole della Cometa, Viaggio nella Luna, Il viaggio del Pippon Tiki, Cronache degli Antichi Regni, Ciurma del Sole Nero, Topo Principe, Paperin Pigafetta, Star Top, 19.999 leghe, Sir Topleton, Victorian Ladies, l'Isola dei Misteri, Mickey 2.0, i vari What if...? disneo-marveliani... (solo per restare negli ultimi 5 anni) ... in attesa della prossima Terravento.
Vediamo alternarsi riletture di classici a collaborazioni editoriali e a soggetti originali, comunque alternativi alle quotidiane realtà di Paperopoli e Topolinia: è anche vero che le due città sono state 'spremute' parecchio da quando sono state create (80 anni fa Duckburg, circa 90 anni fa Mousetown) ed è 'fisiologicamente' giusto creare dei nuovi 'teatri', delle nuove 'location'. L'unico appunto che faccio è che per le 'grandi produzioni' mi pare che questi siano sempre più scelti rispetto alle città originali, ormai 'relegate' ai soggetti 'minori'.
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Riguardo il secondo 'fenomeno' (quello della sempre maggiore 'italianizzazione' delle storie) non mi sorprenderei di (ri)vedere il simbolo dell'euro sul Deposito dello zione e il 'trapianto' di Paperopoli e Topolinia dal 51° Stato dell'Unione ad una 21° Regione della Repubblica. Cose fra l'altro non nuove fra gli editori europei, forse più nel passato che nel presente, invero. Noi rischiamo, trent'anni dopo, di fare il cammino inverso. O, quanto meno, di cominciare, pian pianino, ad intraprenderlo, senza realmente accorgercene (almeno fra i lettori più 'distratti').
Infatti in passato in vari paesi europei (Germania, Francia, Olanda...) il Deposito di Paperone aveva i simboli del marco e del franco, per poi cambiarli con quelli dell'euro. E le due città di paperi e topi erano localizzate proprio in quei paesi e non in America. Credo che solo nei decenni più recenti questa caratteristica piuttosto diffusa sia stata sostituita dalla $ del dollaro e dalla geolocalizzazione in Calisota (immagino dopo l'incisivo arrivo di Don Rosa alla Egmont).
Se ho fatto queste ipotesi, avvalorate dalle passate esperienze di altri editori in altri paesi europei, è perché mi sto rendendo conto che per attirare maggiormente l'attenzione dei lettori e aumentare le vendite la Panini spesso si rifà a situazioni 'indigene', con sempre più storie ambientate nel nostro paese e con la 'traduzione dialettica' di interi albi in determinate regioni. Il primo blocco di 4 dialetti ha avuto un riscontro eccezionale, tale da organizzare un immediato bis.
Evidentemente ai lettori italiani piace 'veder parlare' paperi e topi nei loro dialetti e piace vederli interagire in città e luoghi a loro cari, che conoscono bene. Piace al punto da far aumentare le vendite e, ipotizzo, far pensare alla Panini (gradatamente, nel corso dei prossimi anni) una completa riscrittura delle ambientazioni calisotiane, trasfomandole in italiane (magari di una regione creata ad hoc, come in fondo è anche il Calisota). Se in passato lo hanno fatto tedeschi, francesi e olandesi (non ricordo se anche i danesi), perché non potremmo farlo noi oggi?
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Per quanto la cosa non mi garbi (sono affezionato da sempre alla geo-storia nordamericana di paperi e topi) ho la sensazione che si stia arrivando ad una progressiva 'deamericanizzazione' (o se vogliamo 'decalisotizzazione') del fumetto Disney italiano, già iniziata, come scrivevo all'inizio, con la forte diminuzione di plot sulla vita quotidiana in favore di soggetti ambientati sempre più in altri tempi e altri luoghi se non del tutto 'alternativi' e 'atemporali' al classico contesto locale e presente.
Tutto ciò in favore di una 'italianizzazione' dello stesso media (nel sempre più sottile segmento della vita quotidiana) che è comunque diversa da quella iniziata da Guido Martina 75 anni fa. All'epoca e nei decenni seguenti diversi autori 'giocavano' con certe abitudini italiane fermo restando la residenza americana di paperi e topi. E fu proprio quella 'italianizzazione' delle storie soprattutto paperopolesi ad avvicinare molti lettori ad un fumetto che stava passando gradualmente ma decisamente da un autoriato americano ad uno italiano.
In questi ultimi anni si è cominciato con le storie (diventate ormai quasi settimanali) ambientate in vari luoghi della penisola, per proseguire con le varianti dialettali piuttosto ravvicinate, per finire (ipotizzo, ovviamente) con una migrazione 'indolore' e una nuova residenza stabile di paperi e topi nel nostro paese. Senza che nessuno se ne accorga veramente (se non quella nicchia di lettori più attenti e informati come possiamo essere noi del forum) dando poi per scontato il fatto che Topolino e Paperino vivano da sempre in Italia.
Certi 'punti fermi' della narrazione disneyana resterebbero comunque, come la Scozia e il Klondike per Paperone.
Questi non escludono una sua scelta posteriore di stabilirsi in Italia, avvicinandosi pericolosamente (sarebbe il caso di ricordarglielo) ad Amelia, sua storica avversaria vesuviana. Spero solo che queste mie elucubrazioni restino tali sebbene abbia la sensazione che qualche 'progetto' del genere possa essere studiato negli uffici di Modena.