La Grande Dinastia dei Paperi 41952Di bene in meglio. Se finora si sono alternati ottimi numeri con una bassa differenza qualitativa tra di loro, la quarta uscita, la prima dedicata al 1952 è indubbiamente la migliore, rivelandosi imprescindibile grazie alle celeberrime
Disfida dei Dollari,
Il Cimiero Vichingo e
Il Ventino Fatale. Il tutto amalgamato con gustosissime
ten pages. Apparato critico soddisfacente, poi, con un articolo di Boschi, uno di Giorello ed uno sfizioso approfondimento sulle copertine adattate in francobolli che si spera preluda ad una ben più ampia panoramica sulle
cover barksiane.
Tra l’altro, il 1952 è un anno particolare in quanto ricchissimo di storie di tema festivo, in cui il Maestro sfoga la sua caustica e dissacrante ironia.
Zio Paperone e la Disfida dei Dollari (
Only a Poor Old Man): apre il numero la storia che sublima il personaggio di Scrooge McDuck. Non a caso questa avventura introduce importantissimi concetti che saranno poi ripresi a ampliati da Rosa nella Saga: a partire dalla fondamentale onestà che anima Paperone, onestà non avulsa tuttavia da qualche sano trucchetto insegnato dall’esperienza a finire dalla celebre sequenza in cui il papero sguazza nel denaro, ci scava gallerie e se lo getta in testa in una pioggia aurea. Il tutto delinea alla perfezione il carattere di Paperone e pur facendolo implicitamente non sminuisce la potenza del personaggio stesso: come lo stesso Don Rosa ha dichiarato, nell’ultima, fantastica tavola Barks riesce ad esprimere più di quanto l’autore del Kentucky abbia fatto in 212 tavole di
Life & Times. Non ci sono parole per descrivere questo indiscusso caposaldo della tradizione disneyana, che probabilmente è una delle più belle storie a fumetti mai concepite, questo Capolavoro che insegna che non si è un povero vecchio finché si riescono a realizzare i propri sogni e ad assecondare le proprie passioni, senza mai fossilizzarsi ma cercando sempre di ampliare i propri limiti, spronandosi alla perpetua ricerca di sé stessi che è poi la vera differenza tra
vivere e
vegetare.
Notevoli le scelte grafiche, come la leggendaria quadrupla con la cascata di dollari.
Paperino e il Pranzo dei Poveri (
Donald Duck):
ten pages geniale. Dinamicissima commedia fatta di ricatti, ritorsioni e colpi bassi che alla fine saranno puntualmente puniti dal contrappasso barksiano. La fortuna potrà anche favorire chi meno se la merita e chi, anzi, ne fa addirittura un uso meschino ma questo non giustifica un comportamento altrettanto abbietto in risposta. E così Paperino e nipotame si ritrovano in bolletta, mentre Gastone subisce una colossale indigestione rimediata al costoso Squanderbit Hotel (che deriva dal verbo
squander, scialacquare e che è la parodia del lussuoso Biltmoe Hotel di Miami).
Paperino e il Tacchino in Lotteria (
Donald Duck): e se Donald per una volta non si trovasse al verde in prossimità di un’importante festività come il Giorno del Ringraziamento e riuscisse perfino a trovarsi con l’esorbitante somma di 50 dollari miracolosamente scampata alla riscossione delle tasse? Riuscirebbe a ringraziare la buona sorte che gli ha fatto questo inaspettato dono ed usarlo con saggezza. Ma ovviamente no, ed ecco che in un’altra, magistrale ten pages il Papero si getta in una competizione folle e che si conclude all’insegna del
Mal comune, mezzo gaudio.
Paperino e l’Eremita (
Donald Duck): ennesima breve ragguardevole dell’albo, presenta un inedito Paperino cantautore ma non per questo dotato di apprezzabili doti canore. E già qui si fiuta, di sfuggita, una satira sulle persone che ottengono un successo immeritato, satira che poi andrà a confluire nel paradosso con una trama elementare ma ben giocata, che presenta l’enigmatica figura di S.Hermit (che richiama -e non solo di nome- S.Klaus).
Paperino e il Maragià del Verdestan (
Donald Duck): tra le brevi più riuscite di Barks, questa storia fatta di assurdi quanto esilaranti colpi di scena anticipa le sfide di
The Second-Richest Duck e
The Money Champ oltre a costituire una grande prova di carattere (e di portafogli) per un Paperone assai lontano dalla concezione italiana che lo vedrebbe. Di grande impatto certe vignette, che imprimeranno nella mente dei lettori e nella tradizione disneyana la figura di Cornelius Coot anche grazie a meraviglie grafiche come la quadrupla della sesta tavola che ci mostrano una Paperopoli dalla periferia ancora assai (e deliziosamente, aggiungerei) rurale. La colorazione, però, smorza un po’ il grande effetto visivo.
Paperino e le Vacanze in Pace (
Donald Duck):
climax dalla spiazzante efficacia e comicità, che viene intrecciato in un crescendo di disastrose complicazioni che porteranno Paperino a un tuffo a dir poco rovinoso.
Paperino e il Cimiero Vichingo (
Donald Duck in “The Golden Helmet”): è genio. Non c’è una tavola che non sia memorabile, partendo dalla prima che ci ripresenta un Paperino custode di un museo dopo la riuscita
Lost in the Andes! e che ci offre un’esilarante panoramica di manufatti che spaziano da un bovino ancestrale a una scultura sulla gioia quanto mai depressa passando per il Sacco Lavanderia di Lady Godiva, passata alla storia per la sua nudità. Ma non c’è solo questo: abbiamo anche un umanissimo Paperino, afflitto dalla ben poco stimolante vita di
routine che gli preclude la vita avventurosa e dura di un uomo di mare. E da lì a poco, paradossalmente, si troverà a viverla per sventare la minaccia di un’America governata da un bieco farabutto e dal suo altrettanto sinistro avvocato. E qui moltissimi temi entrano in gioco, dal contrasto tra la
routine e l’avventura, il sogno Americano e l’infamia di Sharky e Blue, il possesso virtuale di tutti gli Stati Uniti e la miseria di un uomo privato di un sorso d’acqua. E ogni tema s’interseca con l’altro, lasciandone in evidenza alcuni e sottintendendone altri in un complesso gioco di scatole cinesi con cui Barks si diverte a stupire e a deliziare il lettore, che non viene mai straniato grazie anche alla precisa, puntuale e realistica pretesa storica. Da manuale le varie scene di insano obnubilamento che portano a turno vari personaggi a coltivare quell’insano pensiero insinuato dal perfido Sharky fino a farlo diventare sinistra luce negli occhi e a smanioso desiderio di conquista del Potere, che porterà Paperino a voler abbandonare i propri amati nipoti nei mari glaciali del Labrador (!) salvo poi rinsavire una volta constato il vero senso di “ricchezza” già esplorato in
Magic Hourglass.
Da notare come il superbo finale, che chiude la parentesi iniziale che vede Paperino annoiato dipendente, ricordi assai la futura
Somewhere in Nowhere.