Il mio commento sul numero. ATTENZIONE SPOILER
Topolino e il passaggio al Tork Korgat
Capolavoro.
Alla prima lettura son rimasto estasiato, dai disegni meravigliosi di un incredibile Cavazzano e dai testi introspettivi di un Gagnor particolarmente ispirato, mi è sembrata una delle storie più belle che avessi mai letto sul Topo negli ultimi anni.
Poi alla seconda lettura (che ci vuole sempre) devo dire di averla ridimensionata, accusandone una certa discontinuità tra la parte comica (fatta di gag intelligenti ma anche di giochi di parole fin troppo fini a sé stessi) e quella "drammatica" e introspettiva, che entra in scena solo nella seconda parte e forse poteva essere introdotta meglio.
Ma queste sono le uniche due pecche che ho trovato in una storia dalla realizzazione veramente magistrale, che mette in scena un'avventura appassionante un po' in stile Scarpa miscelata a una dose di pathos e soprattutto di profondità psicologica che non si vedevano dai tempi di Don Rosa, e che esaltano al massimo il personaggio di Topolino dandogli una profondità, un'interiorità che troppo di rado si vedono nei fumetti e soprattutto che lo rendono più umano che mai.
Ma tutti i personaggi sono ottimamente caratterizzati e le loro personalità sono indagate a tutto tondo come non si vedeva da tempo: dal Pippo tonto ma anche (a modo suo) saggio e filosofico, al Gambadilegno cattivo, spietato, che nutre un odio profondo e feroce dei confronti di Topolino e freme dal desiderio di farlo fuori... veramente qualcosa di mai visto negli ultimi anni, specie pensando che giusto qualche mese l'avevamo visto fare da baby-sitter ai nipoti di Mickey.
Se la prima parte è incentrata sull'avvio dei fatti e sull'avventura, la seconda è ricca di scene potenti, colme di pathos e di emozioni forti: dai tormentati pensieri di Topolino e Pietro nei sacchi a pelo, al punto in cui la montagna rivela chi sei a tutti i personaggi, uno dopo l'altro, ma il culmine è raggiunto dal bellissimo conflitto interiore di Topolino, dall'interpretazione profonda e tutt'altra che scontata, a dimostrazione che Topolino è tutt'altro che un giornaletto per bambini.
La parte grafica non ci sarebbe neanche bisogno di commentarla, visto che Cavazzano è capace di tirar fuori robe pazzesche da una matita, a partire dallo spettacolare vignettone iniziale a doppia pagina, fino alla fine della storia non c'è una vignetta che non risulti perfetta per composizione, esecuzione ed emozioni che trasmette. E se gli ambienti sono spettacolari e meravigliosi, lo stesso si può dire dei personaggi, che non hanno una sola espressione fuori posto: memorabile da questo punto di vista il Gambadilegno con lo sguardo colmo di odio delle pagine 48 e 50. Veramente tanto di cappello all'abilità del Maestro che dopo 40 anni e più di attività riesce ancora a lasciare i suoi lettori a bocca spalancata.
Zio Paperone in: Brivido sotto il sole
Può una breve umoristica di 8 pagine, scritta da un autore esordiente e sconosciuto, riuscire oltre che a divertire anche a dire qualcosa di nuovo? Sì, se quell'autore è il nostro Vito Stabile che, di fronte a un canovaccio bizzarro e concettualmente assai improbabile (Paperone che non riesce a entrare nell'acqua fredda), nello spazio di 8 pagine riesce a dipingerci uno Zione più umano che mai e a indagare un lato nascosto e inaspettato nella personalità di Paperone. Che sarà sì lo stesso Paperone che cercava l'oro nel Klondike (la citazione barksiana sul "più duro dei duri" ci sta a meraviglia) ma che nel frattempo è sicuramente invecchiato e quindi il contrasto funziona e diverte molto. Ma le gag più azzeccate sono quelle che non riguardano direttamente il protagonista, quanto quelle di contorno come Gastone che trova continuamente preziosi, Paperino poco delicato sull'età di Nonna Papera e la bambina che indica. Finale scontato ma efficace.
Il disegno di Faccini è un valore comico aggiunto: in queste brevi umoristiche l'autore è nel suo elemento e si vede, regalandoci espressioni buffissime e azzeccatissime.
Paperino e l'estate da bagnino
Ecco invece come NON dovrebbero essere le brevi. La storia non fa ridere, e non fa ridere perché si basa su un canovaccio iper-stra-superabusatissimo e risaputo che è "Paperino ha un bel lavoro, Paperoga per aiutarlo combina una serie di disastri e rovina tutto, Paperino si incacchia ma alla fine i disastri di Paperoga si rivelano vantaggiosi". Uno schema che avrebbe un po' stufato. Se a questo aggiungiamo un Paperoga caratterizzato malissimo, che quello che dovrebbe essere uno dei personaggi più allegramente simpatici ti verrebbe voglia di strangolarlo a morte, il flop è servito.
Discorso a parte per i disegni di Guerrini, il cui tratto è così particolare che o lo ami o lo odi: a me personalmente piace molto, lo trovo dinamico e molto espressivo, ma preferirei che disegnasse non solo personaggi beccuti, ma anche qualche comprimario col classico naso a tartufo, visto che in una storia come questa dove ci sono vignette molto affollate, un po' di varietà non guasterebbe.
Paperino e l'irraggiungibile stella
Dico subito che per una storia del tipo "A Paperino ne capitano di tutti i colori" 50 pagine sono oggettivamente troppe. E aggiungo che per riempirle tutte hanno anche dovuto darsi da fare, compiendo salti mortali per ingigantire le disgrazie tragicomiche (più tragiche che comiche in realtà) che capitano al povero Paperino in modi sempre più improbabili e forzati: alla fine la carne al fuoco è talmente tanta che pare che la situazione sfugga loro di mano e non sappiano più come concluderla, buttando lì un lieto fine in maniera abbastanza forzata. Certo, la storia si fa leggere e la vicende "ti prende" il giusto, ma soffre sicuramente di un problema di struttura, facilmente risolvibile scorciando il numero delle tavole.
Senza infamia e senza lode i disegni di Bancells.