PK/DD - Timecrime è una storia difficile da valutare, ora come ora, avendo in mano solo il primo tempo.
Il crossover tra le due identità di Paperino è un'idea curiosa e interessante, che grazie alla realtà pikappica dei viaggi nel tempo può funzionare in modo ragionato. È bello vedere questi due aspetti del protagonista a confronto, in un team-up affiatato che non lascia un attimo di respiro al lettore, che in 45 tavole serrate sarà portate a seguire senza volersi fermare l'azione movimentata messa in scena da
Francesco Artibani.
Il lavoro dello sceneggiatore romano è come sempre di alto livello: dialoghi brillanti, grande attenzione per il ritmo narrativo, un gusto per il racconto d'azione mai fine a sé stesso e una grande attenzione per la continuity, anzi stavolta per LE continuity, è il caso di dirlo. Artibani aveva già gettato alcuni semi pikappici, più o meno casuali, nelle due storie che scrisse per DoubleDuck, che qui trovano l'occasione per germogliare in maniera più compiuta. Anche in questa nuova storia ritorna quindi il
comun denominatore tra le due serie, la Belgravia
, ma anche personaggi legati alla sola serie di Paperino agente segreto come
Axel Alpha, ex partner di Kay K creato proprio da Artibani
. L'universo condiviso che ha in mente l'autore non ha mai avuto occasione più eclatante per essere messo nero su bianco.
Ciò detto, questa prima metà di storie non è esente da qualche pecca: innanzitutto, come già fatto notare da altri, finora la storia risulta sbilanciata, essendoci molto più DD che PK, che sembra più la guest-star della situazione, di lusso ma pur sempre ospite.
Non mi è poi molto chiaro come mai il Pikappa del passato, quando vede il Paperino del presente, pensa prima prima cosa a un impostore: se mi muovo sulla mia linea temporale, mi immagino di trovare il mio doppio, e questa sarà la mia prima conclusione quando mi trovo davanti un tizio uguale a me.
Inoltre, perché Lyla si è recata da sola a casa di Kay K? Dov'era Paperinik? E se era appostato da qualche parte, perché non è intervenuto per impedire che Kay ne portasse via il corpo?
Infine anche la mancata decisione di rivolgersi alla Lyla del presente stona un po', a rigor di logica...
Resto comunque in trepidante attesa della conclusione: non si tratta di una storia perfetta, e mi ha sollevato qualche perplessità di carattere generale, ma resta un bel leggere. E anche un bel vedere, grazie alle magnifiche tavole di un
Paolo Mottura in stato di grazia! L'atmosfera delle tavole di prologo, la cura per i volti dei personaggi, la vignettona di pagina 24 sono solo alcuni esempi dell'arte di questo disegnatore, che qui sfodera al meglio le sue qualità per creare qualcosa di graficamente suggestivo. C'è qualche piccola incongruenza - i piedi di Kay K che da palmati diventano umani, i maialini sul pigiama di Kay K che vengono chiamati orsetti, un Paperino-DD con la mascherina di Pikappa - ma sono piccolezze in confronto alla magnificenza del resto.
Topo praticamente ottimo
Mi spiace Avvocato, ma non posso che discordare.
Oltre a
Timecrime questo numero non offre praticamente nulla di interessante.
L'unica storia leggermente sopra la media è
Paperino buono a tutto, di
Alessandro Sisti e
Davide Baldoni. Il plot non è niente di nuovo, ma Sisti lo coniuga perlomeno in una maniera davvero piacevole, mettendo a frutto una caratteristica peculiare di Paperino troppo spesso dimenticata: la sua versatilità, le abilità ottenute dal protagonista in mille viaggi con Paperone, che lo rendono potenzialmente il candidato migliore a quasi ogni tipo di lavoro! La storia procede "a tappe", ma non pesa nell'economia della narrazione, riuscendo a divertire molto. I disegni di Baldoni sono in alcuni casi un po' ingessati con i personaggi, ma si nota un tratto piuttosto classico e pulito, in grado di creare sfondi anche particolareggiati.
Anche
Topolino e l'onesto vicino poteva essere una storia piacevole, leggera e poco incisiva ma piacevole... se non partisse dall'assunto ormai visto e stravisto di Gambadilegno onesto che viene incastrato da qualcuno, ormai diventato cliché.
Marco Bosco non scrive una brutta storia, ma regala pochi brividi. Sempre gradevoli i disegni di
Marco Palazzi.
Sulla storia di
Giorgio Fontana e su quella di
Giorgio Figus invece c'è ben poco da dire: una breve che non fa ridere e costruita male e una chiusura d'albo scialba e priva di interesse, con disegni che non mi hanno convinto per niente con il loro stile fin troppo schizzato ed essenziale.