MD # 34 – Gli Artisti milanesi
So che questa rivelazione turberà i sonni di molti, ma non posso vivere con questo peso sulla coscienza: la Scuola di Milano non esiste e non è mai esistita. Forse esisterà, ma sta di fatto che il tema portante di questo MD è assai tirato per i capelli e che i collegamenti tra i milanesissimi artisti di questo numero (basti pensare a Martina e Bioletto) sono assai esili. L’arrampicata sugli specchi è evidente e la redazione ne è consapevole (La non-scuola di Milano è il titolo dell’editoriale), ma è anche consapevole che a ben pochi fregherà della Scuola del capoluogo lombardo vista la pubblicazione di quel pezzo di storia che è Topolino e il Cobra Bianco (Martina/Bioletto), celebre avventura finalmente riproposta su carta.
Celebre avventura che però richiede una certa predisposizione e una certa apertura mentale. E sì, perchè Il Cobra Bianco non è una di quelle avventure che, per quanto datate, non fanno pesare la propria anzianità e restano sempre attuali e godibili, come possono essere le opere di Gottfredson e Barks. La produzione di Martina, è risaputo, ha una forte componente “casereccia” che ne fa pesare l’italianità e che risente fortemente degli influssi storici (con le dovute eccezioni, come L’Inferno di Topolino, ad esempio). E questa prima avventura non fa eccezione e forti sono le ingenuità della storia: se si possono tollerare animali non antropomorfi parlanti (dopotutto lo stesso Gottfredson ci aveva mostrato un pesciolino parlante ne Il Bel Gagà), straniano molto quadri e statue parlanti e semoventi (ai limiti dell’assurdo), pipistrelli giganti, satanassi (una versione ante litteram di quelli che vedremo nell’Inferno), sirene (che sembrano tratte da Il Mago Basilisco), una comunità sottomarina da fare invidia al Codino di Scarpa, Topolino e Pippo che respirano allegramente sott’acqua e fiori e alberi parlanti che sembrano presi dalle Silly Symphonies. Anche il carattere dei personaggi non è esattamente quello classico americano ma sembra anticipare le future dinamiche tra i personaggi martiniani: Paperino è iracondo e sbruffone e Topolino si tuffa nell’avventura di sua spontanea volontà, per ottenere la gloria, e non vuole portarsi dietro quello stupido di Pippo.
Ma nonostante i difetti e le evidentissime stranezze, la storia non è affatto brutta: nonostante certe imprecisioni nello svolgersi della trama, Martina è abilissimo ad amalgamare atmosfere horror ispirate a quelle di Pedrocchi al classico humor disneyano-martinano (fantastiche e impensabili al giorno d’oggi certe gag). Le imprecisioni e le ingenuità di cui sopra, non disturbano ma strappano un sorriso, al pari di certi simpatici artifici narrativi un po’ alla Little Nemo come il sole che sveglia Topolino. Anche la rocambolesca vicenda, chiaramente ispirata alle avventurose storie di Gottfredson, è coinvolgente e dinamica e sebbene non presenti colpi di scena clamorosi o straordinarie innovazioni, è molto godibile. Affascinanti i disegni di Bioletto che, con le forti reminescenze gottfredsionane e altaliaferriane, aumentano il contrasto tra l’innocenza dei personaggi Disney e gli ambienti cupi ispirati alle avventure di Pedrocchi.
Insomma: non un capolavoro, ma una storia godibile. Prima ho accennato alle Silly Simphonies e non a caso, all’inizio della puntata pubblicata sul primo Topolino Libretto, campeggia la scritta Sinfonia Allegra. Ecco, se consideriamo questa storia alla stregua di una Silly Simphony, si riescono ad apprezzare persino le ingenuità e le stranezze e la storia da stramba diventa un affresco trasognato, condito da favola e horror.
Un consiglio: per apprezzarla appieno rieleggetela minimo una volta; non fermatevi alle prime impressioni.
Paperino e l’Uomo delle Nevi (Martina/Perego): in questa storia i nipotini devono vino. E anche Martina (ma è proprio lui lo sceneggiatore? L’articolo dice di sì, ma il sommario e l’INDUCKS tacciono) deve averlo fatto, prima di mettersi a scrivere questa sconclusionata avventura senza né capo né coda. Gag e ambientazioni esotiche. Insomma, solo intrattenimento e divertissement illogico giustificati dal fatto che è tutto un sogno. Tozzi i paperi altaliaferriani di Perego, a volte sproporzionati; brutti i giganti gottfredsoniani. Bocciata.
Paperino e la Città Calda (Martina/P.L. De Vita): bella storia dal sapore classico, che mantiene tuttavia una certa vena pazzerellona, forse un po’ troppo dispersiva. Buoni i disegni di De Vita Senior, sempre di grande effetto.
Topolino e l’Arcipelago del Tesoro (Rota): mah, Rota non mi è mai piaciuto più di tanto. La storia si prefigge di essere un’avventurosa alla Gottfredson ma per quanto non sia noiosa non riesce nemmeno a prendere il lettore e ad appassionarlo come faceva il Maestro dello Utah. Poco caratterizzato e pressoché inutile Pippo, utile solo come pretesto per far spiegare a Topolino quello che deve sapere il lettore, alla fine l’avventura si riduce a un colpo di fortuna. Non ho nemmeno riscontrato le affinità a Gottfredson decantate da Becattini nell’articolo: solo l’entrata in scena di Gambadilegno ricorda quella che fa l’antagonista in Topolino Agente della Polizia Segreta. E i disegni? Anonimi. Forse non la peggiore rappresentazione grafica di Topolino da anni a questa parte, ma comunque piuttosto scialba; a posture efficaci si contrappone un ristrettissimo scomparto espressivo. Senza infamia e senza lode.
Lucca Comics Story: La Spedizione dei 1000 secondi (Camboni, Ziche, Perina, Mottura, Santillo, Freccero, Lavoradori, Mirone): storiella carina, buoni i disegni, ma l’avrei scarificata insieme a Gaia e il Terribile Robo Paper! (???/Santillo) in favore di una bella storia di Massimo De Vita, che viene trattato come il figlio della serva e del quale vengono pubblicate delle inezie come due paginette dell’Ispettore Point (due gialli non Disney) e delle tavole della serie di Sport Goofy (Marconi/De Vita), delle quali ne manca una per completare la serie. Mah.
Pippo in: Come si diventa detective (Boschi/Santillo): anche questa bella, al pari della Città Calda e seconda al Cobra Bianco. Il che la dice lunga: mancano storie di personalità, in questo albo. Ispirata ai cortometraggi How To di Pippo, si basa su una trama di grande humor e sui bei disegni di Santillo. Una lode per la presenza di Gancio.
In sostanza: mah. Non è un cattivo numero, le storie sono buone. Ma non sono storie da Maestri Dinsey quanto piuttosto da Grandi Classici; a parte Il Cobra Bianco non ci sono storie di spessore, che mi aspetterei visto che i MD escono solo due volte all’anno e costano otto euri. E poi mi schifano De Vita. Ottimi come al solito gli articoli almeno. Insomma, un numero da comprare solo per la prima storia, ma che poteva essere realizzato indubbiamente con più criterio.
In ogni caso, dico che ne vale la pena. Un numero sottotono dei MD risulta comunque piacevole.
Chi non lo compra è un Grrodon.