Scrivo qui perché in casa c'è un sentimento di insofferenza verso i sacramenti che sto lanciando da un paio di giorni. Scusate la prolissità e la poca pertinenza del tutto, ma quando scrivo infuriato poi mi rilasso. Uso il forum come terapia.
Dall'inizio: io lavoro con i migranti. Ed è un lavoro che mi piace perché sono consapevole di una cosa, ossia che io ho avuto una certa fortuna, che è quella di essere nato in Italia. Ovviamente avrei avuto molta più fortuna se fossi nato in Canada o in Svezia, per questo comprendo perché uno che ha avuto meno fortuna di me e si è ritrovato nato in Nigeria o in Mali o in Bangladesh voglia andarsene. Voglia cercare qualcosa di meglio per sé. Lo fecero anche dei miei zii, cento e rotti anni fa, fuggendo negli Stati Uniti. Oggi ho dei cugini americani esauriti. Lo fecero altri parenti, andanddo in Argentina: non ho alcun cugino argentino perché la fattoria in cui trovarono lavoro venne messa a ferro e fuoco da banditi che sterminarono tutti, dal primo all'ultimo. Così va, quando te ne vai.
E' vero, come Italia (e come Europa, almeno una parte), siamo al brevo come dicono a Bologna. La domanda cosa venite a fare qui? ci sta. Non è il Canada con milioni di chilometri quadrati di risorse e una popolazione che non copre le necessità lavorative. O l'Australia.
Ed è anche vero che non tutti sono brave persone: seguo una ventina di ragazzi personalmente e ne conosco almeno una cinquantina degli altri duecento che formano il gruppo di rifugiati presenti in città e che sono sotto la nostra associazione. Alcuni li prenderei a calci anche subito perché ambiscono ad una vita fatta di due settimane dietro le sbarre, qualche espediente non proprio legale, un altro paio di settimane di sole a scacchi e così via. Altri meritano il permesso di soggiorno permanente domani, anche se non sono scappati da alcuna guerra, carestia, persecuzione. Perché vorrebbero raccogliere pomodori e zucchine e vivere una vita onesta. E basta. Ciò che sogna ogni uomo, no? Una casa, una donna, un lavoro (Nomadi, Uno come noi).
Ci sono quelli che hanno addosso i segni delle torture. C'è quello che conosce Martin Luther King e proprio per questo non aveva più posto a casa sua. C'è quello a cui il deserto ha rubato il suo miserabile appezzamento. C'è quello cristiano, laddove i musulmani sono maggioranza. C'è quello musulmano, laddove i cristiani sono maggioranza. E sono dei laddove in cui essere minoranza non è una gran cosa.
Non tutti vogliono rimanere e mi è capitato di aiutarne qualcuno a proseguire il cammino, verso quel fratello, quell'amico che vive in Francia o in Belgio. Ore al telefono alla ricerca di un'associazione che potesse dar loro aiuto. Ore al telefono con i fratelli, che hanno mandato soldi a scatola chiusa per un biglietto ferroviario. Di soldi ne ho messi anch'io, soldi miei. Perché mangiassero lungo questo cammino.
E poi guardo in alto. Guardo verso il vertice. Gente spostata di appartamento in appartamento, o in un'altra città, perché ci sono rifugiati di serie A e rifugiati di serie B. C'è sempre l'antropologo o il mediatore culturale che ha studiato culture dell'Asia anziché dell'Africa, e quindi se un appartamento deve chiudere, saranno gli africani ad andarsene. O vicevera. Dovrò dire domani a cinque ragazzi che dovranno cambiare città per esigenze logistiche: arrivati prima di altri, gli altri rimarranno perché sono di una nazionalità amica al mediatore di cui sopra. E io vorrei dirgli che dovranno andar via perché il mediatore è un ignobile razzista. Ma tanto si fa tutto per ragioni umanitarie, no?
E sempre per ragioni umanitarie gli stessi vertici tagliano, nonostante sia la prefettura a pagare (e quindi l'UE), perché possano speculare. Speculare su questi ragazzi, che non sono tutti santi e sono il primo a riconoscerlo, speculare su ciò che hanno vissuto. Perché i 35 euro menzionati da Salvini sono veri, ma in tasca ne finiscono 2.50; il resto è cibo, affitti, gestione, spese mediche, prodotti per la casa, anche i nostri (miserabili) salari. Giocano sui 32.50 rimanenti perché possano tenerne in tasca il più possibile. Mi manda in bestia e non solo perché potrei tranquillamente avere due o trecento euro in più in busta paga a fine mese, cosa comunque su cui non si sputa sopra, ma perché devo spiegare perché dalla prossima settimana il pane è dimezzato ed al massimo si può dare un litro di latte a testa per sette giorni. Devo mentire, ovviamente. Così come devo mentire perché nei nuovi contratti di lavoro a salire sono soltanto quelli dei lacché da ufficio. In sostanza devo spiegargli un po' come sarà la loro vita se e quando otterranno il permesso permanente ed entreranno in questo mondo del lavoro.
Non resta che tenere per me vittorie di una partita in cui nessuno tiene il punteggio: "grazie per quello che hai fatto per mio fratello" quando infine il fratello è arrivato in Belgio due mesi dopo aver lasciato il Burkina Faso... è quella sensazione di aver fatto il giusto, di aver contribuito alla concretizzazione di un diritto umano fondamentale. E di aver tolto qualcosa a chi specula su quei 35 euro per farsi il nuovo treno di gomme e i cerchi in lega...