Non sono molto ferrato sull'argomento matematica però, in pratica, da quello che dici la cosiddetta "scienza perfetta" quella che secondo molti filosofi è la madre di tutte le scienze, non si basa molto sulla razionalità totale ma piuttosto sulla soggettività che ci porta a scegliere i teoremi a noi più congeniali
Punto numero uno: ci andrei molto cauto nel definire la matematica una scienza. Per quanto ne so, e' una questione filosofica ancora piuttosto aperta. I metodi della matematica sono rigorosi e razionali, come vorrebbe essere ogni scienza, ma mi sembra che il grosso problema epistemologico sia l'oggetto di studio di questa disciplina. La scienza dovrebbe studiare il "mondo reale", qualunque cosa cio' sia, mentre la matematica puo' tranquillamente ignorarlo. (Per questi motivi, personalmente, mi e' piu' facile considerare scienze - sia pure in uno stato ancora "primitivo" - la filologia o la storia che non la matematica.)
Tendenzialmente di cerca di studiare quelle matematiche che, oltre a non essere contraddittorie, sembrano rappresentare meglio il mondo che ci circonda.
Non e' del tutto corretto. Direi piuttosto che tendenzialmente studiamo quelle matematiche che ci sembrano piu' "feconde": quei sistemi di assiomi da cui riusciamo a trarre le conseguenze piu' interessanti (cosa che spesso dipende dalle domande che avevamo in mente). Una delle cose piu' affascinanti e' proprio il fatto che spesso ricerche fatte per rispondere a questioni di matematica pura e "inapplicabile" poi si rivelano utili per costruire modelli del mondo reale.
Tra l'altro, suppongo che questa
irragionevole efficacia della matematica potrebbe essere invocata come "argomento" a favore dell'esistenza di un' "intelligenza suprema" che abbia creato l'universo. Certamente non e' una prova; e anche come semplice argomentazione non mi sembra molto convincente. Ma mi pare che nelle pagine precedenti qualcuno abbia tirato in ballo argomentazioni simili, costruite quando si descriveva il cosmo in termini di epicicli, e se non altro questa sarebbe una variante un po' piu' moderna.
In quest'ambito di idee, mi sembra il caso di ricordare alcune limitazioni intrinseche di ogni onesto discorso razionalista. Nell'applicare le nostre capacita' ragionative allo studio del mondo, assumiamo implicitamente l'ipotesi che questo mondo sia almeno parzialmente comprensibile dalle nostre menti. Direi che l'ipotesi si puo' giustificare da un punto di vista pragmatico (se vi rinunciassimo, rischieremmo di finire a passare il tempo contandoci le pulci od in analoghe attivita' poco divertenti), o in base al fatto che i nostri studi scientifici negli ultimi secoli hanno avuto un certo successo teorico e pratico; e si puo' cercare una spiegazione di tipo
evoluzionistico (il nostro cervello e' un prodotto di questo universo ... ; il libro che ho indicato e' un po' vecchiotto, ma io non sono aggiornato su studi piu' recenti). Ma mi pare doveroso ricordare che fondamentalmente si tratta di un atto di fede (non di un dogma: scienza ed epistemologia non sono e non vogliono essere religioni).
A quanto ne so, essere totalmente razionali non significa non fare ipotesi che non siano basate sulla ragione, bensi' avere presenti quanto piu' possibile le assunzioni piu' o meno implicite nei nostri ragionamenti, in modo da tenersi aperta la possibilita' di considerare alternative.
Brigitta: ottimo l'esempio della prova diagonale di Cantor. Per l'astrofisica, puo' benissimo darsi che sul "piatto =? euclideo" mi sia sbagliato io, cosi' come potrebbe essere una semplificazione adottata dal tuo amico per spiegarsi senza troppi tecnicismi; concordo che qui la faccenda qui non ha importanza e prima o poi cerchero' di istruirmi in proposito.
Nubulina: grazie dell'apprezzamento, ma e' meglio non lusingarmi piu' di tanto - sono gia' fin troppo vanitoso di mio.