Era in lavorazione da anni. Da troppi anni a quanto pare visto che la Dreamworks bel bella ha avuto il tempo di produrne a tempo record un clone. E fosse stata la prima volta, anzi in questi anni non è uscito da quegli studi di animazione un solo film che per tematiche o ambientazione non abbia il suo corrispettivo Disney o Pixar. Come sia iniziata questa corsa allo scoppiazzamento non è dato saperlo, come non è dato sapere se nel 100% dei casi la colpa sia della Dreamworks (anche se è quasi sicuramente così). L'unica cosa certa è che mai come in questo caso la somiglianza si era rivelata così dannosa per l'originale tanto da farlo sembrare già visto e quasi inferiore. Ma dico appunto sembrare perchè non c'è alcun dubbio che
Uno Zoo in Fuga sia un prodotto, per quanto non eccezionale, assai più curato di quel trionfo di superficialità che era
Madagascar. Il prodotto Dreamworks, con la sua trama esile e del tutto votata all'umorismo facile era infatti un inno al cinema d'animazione disimpegnato degli ultimi tempi, ma aveva dalla sua una grafica frizzante e carica d'appeal che stilizzava i perosnaggi rendendoli senza alcun dubbio più gradevoli a vedersi dei pupazzoni fotorealistici della Disney. O Per meglio dire della C.O.R.E. Feature Animation (Toronto), visto che il film è stato prodotto in uno studio esterno alla Disney Feature Animation. Intendiamoci, sempre di un Disney si tratta,
The Wild è stato infatti progettato, scritto e sceneggiato dalla Disney per poi venir sbolognato ai C.O.R.E. Studios per la realizzazione delle animazioni, addirittura tra i soggettisti è presente Kevin Lima, già regista di
In Viaggio con Pippo e
Tarzan. Niente a che vedere quindi con prodotti quali
Valiant della Vanguard o i film dello Studio Ghibli, che la Disney distribuisce soltanto e non in tutti i paesi. E non si tratta neanche di una pratica del tutto nuova, visto che già in passato la Disney era ricorsa ad animatori esterni per portare a termini progetti di cui non poteva occuparsi in prima persona a causa del troppo lavoro (la Silly Simphony
Merbabies (1938) e il mediometraggio
Winnie the Pooh and a Day for Eeyore (1983) ne sono un esempio). Il perchè di questo passaggio di consegne non è del tutto chiaro, anche se si può facilmente immaginare che il trauma causato da Eisner col passaggio al 3d e la conversione di tutti i vecchi progetti abbia causato non pochi disagi agli studios, incapaci di lavorare a
Chicken Little e
Meet the Robinsons contemporaneamente a
The Wild. L'ipotesi più accreditata però è che la Disney stesse cercando un partner che potesse rimpiazzare la Pixar, in procinto di andarsene dopo la fine del precedente contratto e i dissapori che nel frattempo alcuni membri del consiglio d'amministrazione, Eisner in testa, stavano alimentando. Tutti problemi attualmente risolti, con la fusione Disney/Pixar e il ritorno del 2d, rimane però questo strascico eisneriano fatto di film geneticamente modificati, snaturati nei contenuti e maldestramente pasticciati che vedono in
Chicken Little l'ideale esponente.
Non si sa se la scelta di realizzare un
The Wild fotorealistico sia stata spontanea o un'estrema contromisura per differenziarsi da
Madagascar, fattostà che è questo il principale difetto del film. Più passa il tempo più il 3d mostra i suoi limiti: il suo relativo realismo adatto per film come
Cars o
Monsters & Co., si rivela una falla quando si tratta di realizzare soggetti più familiari, come esseri umani o animali domestici. La sensazione di plasticoso, di finto, di cadaverico tipica di film come
Polar Express è stata aggirata da Pixar con le deliziose caricature de
Gli Incredibili. Il fotorealismo va bene quindi per i filmati dei videogiochi, ma esteticamente parlando è un grosso handicap per un film d'animazione, un handicap che lo mette sullo stesso piano dei film live-action facendogli fare magre figure. Quando poi il film in questione non vuole neanche prendersi troppo sul serio ecco che il fotorealismo diventa un suicidio. E' il caso di
Uno Zoo in Fuga, penalizzato proprio dallo stridìo che dà vedere accostati soggetti realistici e dialoghi al limite del demenziale. E ci rimette la recitazione, la mimica, l'immediatezza e l'espressività tipica di ogni prodotto Disney che si rispetti.
Al di là di questi forti handicap non si può non rimanere piacevolmente sorpresi dall'incipit di
Uno Zoo in Fuga che presenta una splendida sequenza in cui il protagonista, il leone Samson racconta al figlioletto Ryan le sue prodezze di gioventù nella savana. Lo stile usato per quella sequenza è ottimo, assai stilizzato e colorato in modo particolarissimo tanto da sembrare un caro vecchio film in 2d (e alcuni particolari che ornano il logo Walt Disney Pictures nell'originalissima introduzione sono indiscutibilmente disegnati). E fa una certa rabbia assistere alla fine di tale sequenza e venir di colpo scaraventati in un universo 3d in cui gli animali sembrano dei giganteschi peluche e gli esseri umani vengono mostrati sempre e solo di spalle. Ma tutto sommato lo sconcerto passa subito perchè il film dalle prime battute rivela una certa anima che mancava in
Madagascar. Come in
Chicken Little è il rapporto padre e figlio a costituire la spina dorsale del film, trattato in modo forse un po' ingenuo ma che non potrà non ricordare le due fonti d'ispirazione primarie ovvero
Alla Ricerca di Nemo e
Il Re Leone. Dal primo,
The Wild preleva il pretesto per innescare l'azione ovvero la missione di soccorso di un padre che tra mille sensi di colpa cerca di salvare il figlio, messosi nei guai dopo un litigio, dal
Re Leone,
The Wild preleva...ehm..tutto. Oltre ad avere i leoni come protagonisti e la savana come setting della maggior parte del film è impossibile non notare la miriade di citazioni/scoppiazzamenti di cui il film è cosparso: dal manifesto del musical teatrale ostentato in più di una scena newyorkese alle continue inquadrature di personaggi aggrappati a rupi con gli artigli, alle cariche di gnu, fino ad arrivare ai due migliori amici di Ryan, un cangurino e un ippopotamo che sembrano la brutta copia di Timon & Pumbaa e che ripropongono il già di per sé odioso tormentone delle tartarughe di Nemo.