Quando un film non è il suo trailer. Atto ennesimo. Eh già, proprio così. Il 46° Classico d'Animazione Disney, rimarrà nella storia del cinema come uno dei cartoni animati più rimaneggiati di sempre. Messo in lavorazione quando la bufera eisneriana non aveva ancora colpito a morte la Disney Feature Animation privandola di ciò che sapeva fare meglio, dovette, come del resto il suo tartassatissimo predecessore, riciclare sè stesso trasponendosi nel ben più modaiolo 3d. I risultati però non erano dei più incoraggianti, e sin dalle prime immagini si notava quanto
A Day With Wilbur Robinson (questo il titolo di lavorazione, direttamente dalla copertina del libro che l'ha ispirato) soffrisse degli stessi identici problemi che avevano afflitto il povero
Chicken Little. L'ibridismo di un prodotto che si situa perfettamente a metà tra trendenza umoristico-trandaiola e buoni sentimenti, finendo per non accontentare appieno nessuno, traspariva fin troppo bene dalle prime immagini del battage pubblicitario. E sicuramente è questo il motivo per cui il trailer de
I Robinson a differenza dei vari
Pirati 3 e
Ratatouille, lasciava freddini un po' tutti a prescindere dal tipo di pubblico. Del resto cosa ci si poteva aspettare da un film dalla grafica povera, con un cattivo identico a Dastardly, comprimari copiati maldestramente da
Gli Incredibili, gommosità imperante e discutibili battute su cerotti alla caffeina? Mediocrità in tutti i campi, un film appena decente, e sicuramente trascurabile.
Tutto questo fino all'arrivo di un mago buono di nome John Lasseter che, conscio di dover risollevare la baracca in qualche modo, ha interrotto i lavori, preso all'ultimo momento il povero lungometraggio sofferente, e l'ha spedito in quel di Emeryville agli studi Pixar a fare una bella cura ricostituente a base di trama, sentimento ed emozioni. E il risultato è sotto gli occhi di tutti ed è ciò che nessuno si aspettava: un BEL film, degno del titolo di Classico, che a questo punto non c'è più motivo di negargli, e sicuramente uno di quei film che ti fanno uscire dal cinema con un sorriso a trentadue denti e una lacrimuccia a rigare il volto.
Le spiritosaggini viste nel trailer ci sono, va detto. Ma appunto, non occupano l'intero film, bensì un nucleo di una manciata di minuti in cui appunto Lewis, un orfanello arrivato inaspettatamente nel futuro per ragioni conosciute solo al misterioso Wilbur, fa la conoscenza dei membri della famiglia Robinson. Dopo un inizio molto promettente e se vogliamo piuttosto drammatico, il film si prende il suo quarto d'ora di relax, a base di gag folli, che potrebbero risultare sgangherate e di conseguenza indigeste ai più. Ma questa parentesi, molto probabilmente retaggio della stesura pre-lasseter, è presto dimenticata quando gli ingranaggi della trama si rimettono in moto per un terzo atto veramente eccellente, ben calibrato e con la giusta dose di colpi di scena ed emozioni. Niente di trascendentale ovviamente per chiunque abbia una buona infarinatura di viaggi e paradossi temporali (Pk docet in tal senso), ma si rimane favorevolmente impressionati dalla naturalezza e l'intelligenza con cui questi temi vengono per la prima volta trattati in un film d'animazione destinato ad un largo pubblico. Questo perchè solo in un secondo momento ci si rende conto di quanto la trama sia in realtà complessa anche se lì per lì tutto sembra fluire chiaro, scorrevole e intuitivo. Ed è questo uno dei più grandi meriti di questo film: l'essere riusciti a trattare in maniera assolutamente Classica uno dei temi più "di genere" di sempre.
Passando alla grafica, forse a causa delle insolitissime modalità di visione del lungometraggio, forse a causa dei contenuti del film che stavolta spostano l'attenzione su ben altre cose, fattostà che si notano progressi evidenti rispetto a
Chicken Little. Siamo sempre su un gradino più basso rispetto alla Pixar, certo, e del resto il suo essere stato pensato originariamente in 2d da artisti della matita, non giova alla resa finale di personaggi come lo stesso Lewis, o il bizzarro nonnetto che indossa i vestiti al contrario. D'altra parte ci sono invece personaggi assai ben riusciti come lo spettacolare Uomo con la Bombetta, il T-Rex (fortemente voluto da Lasseter) o le irresistibili e disneyanissime ranocchie canterine, protagoniste anche di un disclaimer cinematografico realizzato a parte, in cui si raccomanda di non disturbare in sala.
E poi veniamo alla colonna sonora, che è opera del veterano Danny Elfman che in Disney già aveva composto la colonna sonora di Nightmare Before Christmas (e che a proposito di futuro e famiglie è anche compositore dei rispettivi temi dei Simpson e Futurama). L'ottimo lavoro di Elfman alle strumentali si fa sentire soprattutto con
The Future Has Arrived, ascoltabile in versione strumentale durante l'arrivo di Lewis nel futuro e con parole durante i credits. Oltre a questo pezzo, sono presenti due brani jazz eseguiti dalle ranocchie,
Where Is Your Heart At? e
Give Me The Simple Life e due canzoni a inizio e fine film che iscrivono il lungometraggio nella tradizione: il cantilenante
Another Believer e
Little Wonders. Nei credits è presente infine
The Motion Waltz (Emotional Commotion).
Non si parla ancora di Capolavoro, eh, ma la strada imboccata è senza dubbio quella di una grande rinascita e se non la prossima volta, già fra due annetti si dovrebbero iniziare a vedere su larga scala i benefici di questo new deal lasseteriano. In piccola scala però li possiamo vedere già oggi, tanto per cominciare dalla scelta di abbinare al lungometraggio un cortometraggio Disney degli anni d'oro, per testare il pubblico in preparazione al nuovo programma di produzione cortometraggi che sarà inaugurato da
How To Hook Up Your Home Theatre. Ma non è finita qui, visto che la scelta più importante è stata quella di girare il film con la nuovissima e avveniristica tecnica tridimensionale sperimentata in America con
Chicken Little e con la riedizione di
Nightmare Before Christmas. Solo con
I Robinson tutto questo è sbarcato in Italia, e per la precisione finora solo nel multisala Cinecity di Limena in provincia di Padova, che ha avuto la bella idea di tagliare il corto scelto per la proiezione 3d e cioè
Working For Peanuts (1953). Tutte le altre sale della penisola si sono dovute accontentare della versione standard del lungometraggio, non dimenticandosi però di proiettare il corto scelto da Lasseter per la proiezione regolare e cioè l'irresistibilissimo
Boat Builders (1938). Ma assicuro che venire a Padova per vederlo può anche valere la pena, e per quanto si possano biasimare gli occhialini per via della montatura troppo pesante, non si può non rimanere favorevolmente impressionati vedendo il pubblico strillare per paura di essere colpito da una macchia di sugo che Lewis fa volare verso la telecamera o a causa di una zoomata improvvisa sul viso dell'Uomo con la Bombetta, un villain dal grande carisma, con un mento che "buca" lo schermo.