Recensione Topolino 3479 Con
due sole storie lunghe intitolategli,
il Buon Vecchio Zio Scrooge sembrava aver dato forfait a questo suo settantacinquesimo anno di vita. Il personaggio, che continuava ad apparire sullo sfondo di altre storie sembrava essere stato un po’ trascurato dai riflettori della rivista per tutta la prima metà dell’anno.
Megaricchi… Una poltrona per tre ha avuto il compito di riportare gradualmente il focus su uno dei personaggi fondamentali del
pantheon disneyano, forse proprio in previsione dell’avvicinarsi dei festeggiamenti, che dovrebbero ipoteticamente raggiungere il proprio apice nel mese di dicembre.
E mentre
Fabio Celoni ci promette faville paperonesche nei prossimi mesi, non possiamo dimenticare che dire “Zio Paperone” significa menzionare
tutto il bagaglio narrativo che si porta dietro: da Barks a Don Rosa a Martina, il miliardario per eccellenza fonda gran parte del suo carisma nel suo passato, nel Klondike.
Ed è da lì che partiamo con
Zio Paperone re del Klondike, scritta da
Marco Gervasio coi disegni di
Stefano Zanchi. La storia è un insieme di riferimenti ad alcune delle storie più importanti di Don Rosa, con qui e lì ammiccamenti anche agli altri due autori succitati. Dall’
Argonauta del Fosso dell’Agonia Bianca a
Cuori dello Yukon, passando per
L’ultima slitta per Dawson, la storia ripercorre tutti i punti salienti della travagliata relazione tra Paperone e Doretta, attraverso
sequenze interamente ricostruite dall’arte di Zanchi. Il risultato finale è uno splendido omaggio al passato dello Zione, un racconto che ha il sapore della celebrazione e della passione.
Passione che innegabilmente alimenta Gervasio anche quando, con un ultimo colpo di mano, compie l’intreccio definitivo,
trasformando questo episodio nel culmine di tutta la sua produzione papera dell’ultimo anno e ripescando, ancora una volta, ma forse l’ultima, il dipinto della Bella Addormentata. Dopo averlo seguito per varie storie, finalmente scopriamo il motivo per cui Paperone ne è così ossessionato.
Il trauma di Paperone col caffè di Doretta E se parliamo di Paperone e ossessioni, la risposta non può che essere una sola:
Doretta Doremì. Il romanticismo di alcune sequenze di questa storia è innegabile stranamente calzante, per un genere che su
Topolino vanta pochi esponenti riusciti senza risultare stucchevoli, e riesce a far passare agevolmente in secondo piano le vicende vere e proprie, compreso
Soapy Slick, nella sua decadente quanto irritante presenza.
Doretta dal suo canto assume dei connotati caratteriali che raramente si sono visti nelle storie di produzione italiana, dove la figura è sempre stata subordinata ai
cliché del vecchio affarista, e che invece riprendono ancora una volta a piene mani da Rosa.
Ma il poliedrico sceneggiatore raddoppia: in apertura del numero
Paperinik e la torre d’oro ci riporta a seguire le vicende di Paperinik, come nella sua
storia precedente magicamente illustrato da
Emmanuele Baccinelli. Con
Alex Bertani, il trio di autori sembra formare ormai
un team fisso, totalmente focalizzato sul restituire a Paperinik il ruolo di ospite d’onore: le sue storie, anche se frequenti, sono ormai dei piccoli eventi a puntate ed è difficile vederlo coinvolto in beghe da storielle minori.
Cambiano i tempi ma non i brividi
La storia sembra inserirsi nel
filone di Red Duckan, ma non viene ancora rivelato il modo. In realtà non viene rivelato quasi nulla: quasi tutta la narrazione verte sulla presentazione del Castello delle Tre Torri e dei suoi interni in maniera quasi diametralmente opposta alla sua
storia di esordio dove ne vedevamo solo l’aspetto esteriore.
Nell’attesa di godere del seguito, vale la pena soffermarci ancora una volta sui disegni, che restituiscono un nuovo valore al castello. È interessante, infatti, notare come sia cambiata la percezione dai tempi del De Vita del 1972, dove
il castello aveva connotati più cartooneschi e semplicistici. Baccinelli d’altro canto ne restituisce
una foggia molto più realistica, mantenendo anche fede alle parole che i visitatori qui e lì elargiscono.
A fare da intervallo tra queste due storie abbiamo due riempitive e una storia a puntate.
Paperino e la bacchetta magica (
Vacca/
Cabella) vede Paperino nel raro ruolo di dispettoso verso Paperoga, richiamando alla memoria la recente
Paperino e l’auto smemorata. Dopo una sequela di gag giustificate da un abuso di bacchetta da parte del papero marinaio, il finale vede una fin troppo diplomatica Amelia risolvere il trambusto e punire Paperino con
nonchalance.
Paperino e il granchio truffaldino è il secondo appuntamento con
la rubrica “Finestra sul mondo” che, dall’albo precedente, fornisce un piccolo campionario di storie importate, in una sorta di assaggio di quello che bimestralmente vediamo su
Almanacco Topolino: stavolta tocca a
Janet Gilbert e
Francisco Rodriguez Peinado.
La breve (brevissima, appena tre pagine) storiellina non è altro che l’equivalente di una gag che si prende il proprio tempo. Libera dalle costrizioni dell’essere una tavola autoconclusiva, dà modo ai personaggi di far svolgere le azioni senza centellinarle in poche vignette, con un risultato sicuramente più simpatico del classico
Ciak. Particolarmente degni di nota sono i disegni di
Peinado, un vero maestro internazionale.
Il culmine artistico e grafico di un Casty in grande spolvero
Resta, infine, il secondo episodio di
Topolino e l’incubo dell’Isola di Corallo, dell’inossidabile coppia
Nucci/
Casty, alle prese con questa terza storia del ritorno all’inquietudine di Macchia Nera.
Come prevedibile sin dal primo episodio,
le azioni del villain sono temporaneamente messe in pausa per concentrarsi sulle azioni di Topolino, novello Andy Dufresne. Affiancato dal buon diavolo Harvey, il Macchia-Nera-ma-è-Topolino dovrà ingegnarsi nel trovare la strada per fuoriuscire dalla prigione e lo fa in maniera certosina.
Per un intero episodio siamo infatti portati a dimenticarci di ciò che ha portato Topolino in quella situazione e a
dedicare tutte le nostre attenzioni sulle peripezie del momento, dal secondino particolarmente cinico al continuo ripercorrere dei movimenti, ogni passaggio viene illustrato e affrontato, evitando scorciatoie narrative ed imbastendo
un piccolo filler dalla trama principale ma che potrebbe funzionare tranquillamente come un thriller a sé, costruendo la tensione del
countdown e lasciando particolarmente soddisfatto il lettore che avrà saputo farsi coinvolgere e avrà tirato un tiro di sollievo alla risoluzione dell’enigma finale, in attesa della terza e ultima puntata.
In conclusione,
un numero particolarmente convincente, sulla stessa riga del precedente e che ben conclude questo secondo centinaio di albi della gestione Bertani, che continua a prometterne di belle, a partire da una fantomatica “grande saga estiva” che inizierà dal 3482 e di cui nel frattempo avremo un
prequel già la prossima settimana.
Voto del recensore:
4.5/5Per accedere alla pagina originale della recensione e mettere il tuo voto:
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