Piccola premessa,leggendo la quale capirete perché uso il grassetto. Per un mio errore di tagliaeincolla, stamattina ho inavvertitamente ed involontariamente postato qui un PM che avevo inviato ad un altro utente tempo fa, anziché la recensione sottostante. Purtroppo la fretta dovuta ad un inconveniente sopravvenuto mi ha fregato ed ho fatto l'errore non avendo avuto la possibilità di rileggere quanto postato. MI sono accorto dello sbaglio solo ora: ho rimosso il post involontario e mi scuso con tutti (in primis con Vitaliano, se mi sta leggendo) gli utenti del Papersera. Dato che sono un pker, mi autodico PRDQP! Dopo aver chiesto umilmente venia di nuovo, torniamo all'argomento principale del topic.
Pkthebest
Che posso scrivere su Tito Faraci dopo una discussione articolata come quella sopra riportata? Al solito, proverò a sintetizzare qualche punto già emerso, tentando di fornire alcuni nuovi spunti a tutto il forum.
Le storie faraciane hanno un loro inconfondibile marchio di fabbrica: quel senso di nonsense che ti pervade sin dalle prime battute, qualunque sia la tematica affrontata. La battuta spiazzante è tipica di questo autore, che ne è maestro indiscusso, e ti colpisce in qualsiasi momento lungo la storia, anche quando meno te lo aspetti. Posto che a me capita di parlare per assurdità e sciocchezze (pure in stile PKmail) quando sono in compagnia, ammetto di apprezzare molto questa caratteristica dello sceneggiatore, anche se le mie sparate non sono tanto di classe quanto quelle che Tito scrive per noi.
La prima storia disneyana di Faraci dovrebbe essere Topolino ed il campione terrestre, del 1995 con i disegni del sempre fantastico Massimo De Vita, ma non è questa storia che lo lancia nell’Olimpo: la sceneggiatura massima che lo fa conoscere al grande pubblico, e che è già nella storia di tutta la Disney italiana, appartiene al ciclo delle PKNA e si chiama Trauma.
Tito in tale storia, quasi di esordio assoluto (e seconda storia a comparire sulla testata, dopo una breve nello speciale ‘97), riesce:
1) a creare un personaggio enigmatico, affascinante, complesso, forse l’Evroniano meglio caratterizzato di tutti lungo la storia, come Gorthan (che sarà ripreso, raggiungendo il suo apice, da Enna – mica pizza e fichi – in Mekkano);
2) a creare un cattivone di quelli che si ricordano per generazioni di lettori, perfetto, spietato, di altissimo livello, come Trauma, appunto;
3) a scavare nell’inconscio di Paperino e a ricordarci come, per essere eroi, non sempre basta indossare maschera e mantello, che potrebbero anche essere meri orpelli;
4) a strapparci una risata in ogni pagina con qualcuna delle sue uscite spiazzanti, sin dalle prime vignette con la figuraccia dei sottoposti di Gorthan (i quali non sanno chi sia Shakespeare), in un’avventura dalla suspense ineguagliabile.
E tutto questo non è poco, affatto, visto che Trauma è considerata uno dei capolavori assoluti nella serie capolavoro PKNA, quando non la storia per antonomasia di tutta la serie dedicata al papero mascherato.
Tito sa sondare il carattere dei personaggi (Io sono Xadhoom), Tito sa dimostrarci le loro debolezze e le loro virtù (L’ispettore Manetta sul filo del rasoio, L’Uomo Ragno e il segreto del vetro), Tito sa farli filosofeggiare (Trauma), Tito ce li sa sviscerare in ogni loro aspetto (Topolino e il fiume dei ricordi), Tito ci sa fare ridere (Angus Tales), sempre, anche nelle storie più drammatiche.
Eh, già, perché nessuno sa alternare come Tito Faraci avventure più introspettive con qualche aspetto in senso lato demenziale (Topolino e il fiume dei ricordi), a storie dove la pura follia esplode, come il mitico PKNA Motore / Azione, nel quale l’invasione aliena (colonna portante di tutta la testata in quanto trama principale) è sbeffeggiata fino all’osso sulla stessa testata che aveva ospitato Trauma e che pubblicherà Fuoco Incrociato, altra storia ad altissima tensione scritta sempre da Tito Faraci.
Faraci sa raccontare, c’è poco da dire, e sa sempre coglierti in contropiede con quel suo umorismo mai volgare, mai eccessivo, eppure da entrata in gamba tesa quando non te lo aspetti (“Neanche questo Shakespeare sembra un presidente americano, no?” da L’ispettore Manetta in: due piedipiatti in fuga), che da un lato sdrammatizza la tensione della storia, e dall’altro aiuta a crearne di nuova, mettendo ulteriore carne al fuoco nella vicenda.
Esaminiamo una delle sue più famose sequenze, da Trauma:
Controllore Rankar: “Non potevamo lasciarlo da solo in mezzo a mutanti, cyborg e feccia assortita.”
Gorhtan: “Davvero? Credevo che Trauma sapesse difendersi da solo...”
Controllore Rankar: “Oh, certo, lui si... ma loro no!”
Da un lato la battuta ti fa ridere, a volte fino alle lacrime quando la rileggi conoscendo già la storia, e dall’altra t’inquieta la prima volta nella quale la leggi, perché ti inizi a chiedere con che razza di nemico se la dovrà vedere Paperinik. E qui sta la grande abilità di Tito: quando vuole premere sull’acceleratore della demenzialità, egli diventa un irrefrenabile cantore di godibili assurdità (Angus Tales); quando vuole un po’ rallentare (Topolino e il fiume dei ricordi, Io sono Xadhoom), è capace di inserire elementi introspettivi degni del migliore Enna, che però non ha il senso di follia tipico di Faraci.
Tito perde solo quando resta troppo in bilico tra questi due estremi, quando non ne raggiunge l’equilibrio e in qualche modo non riesce neppure a spostarsi totalmente verso la più congegnale demenzialita assoluta, con il rischio che la storia si trasformi poi in un inconcludente pateracchio di banalità assortite, salvato solo da qualche battuta qua e là; e non è neppure detto che tale salvataggio avvenga, come appunto non capita in PKNA Prima dell’alba, che è una delle storie peggio sopportate da noi Pikers!
Il dialogo è sempre piegato alla battuta, questo è vero, ma, come scrissi con riferimento ad Enna, sembra che Tito non si serva di paroloni alla Rodolfo Cimino per le sue uscite. Anche qui, non credo che la cosa dipenda da lacune dello scrittore, quanto dalla solita semplificazione del dialogo che ha dominato sul Topo negli ultimi anni. Complimenti quindi a Tito, se riesce a scrivere in quel modo pur potendosi servire solo di un vocabolario piuttosto ristretto. Una certa ripetitività nei nomi dei personaggi secondari va però evidenziata (in una storia natalizia con Manetta e Rock Sassi, si parlava del pupazzo di Giumbo l’Allegro Coniglio: non sarebbe successo nulla di male se anche su Topolino si fosse parlato di Baldo l’Allegro Castoro, non trovate?!?), e secondo me ciò potrebbe davvero rappresentare un consistente limite dell’autore.
Tito ha un altra caratteristica fondamentale ed unica, sulla quale non so dare un giudizio, e che esamino pertanto in modo neutro: “gioca” molto con la vignetta, oltreché con i dialoghi. Il disegnatore che ha in cura le sue sceneggiature è costretto ad analizzare ogni singolo passaggio del testo ed a seguirlo alla lettera, perché molte volte la gag si nasconde in un cambio di inquadratura, in un taglio particolare del personaggio, in un dettaglio che non può e non deve essere trascurato dal lettore, e che deve avere trovato il giusto risalto nell’opera del disegnatore. Si pensi alla sequenza dove il camper di Paperino ci viene mostrato per la prima volta in PKNA Motore / Azione: nella prima vignetta dove ci sono i dialoghi ci viene mostrato un enorme camper extralusso, per poi capovolgersi la prospettiva nell’immagine successiva, dove viene finalmente raffigurato lo scassatissimo veicolo dato a Paperino. L’effetto comico e spiazzante è evidente, ma il disegnatore non può in alcun modo lasciarsi sfuggire il dettaglio, senza rovinare l’effetto esilarante della scena.
Per questo è giusto e corretto che Tito sia abbinato a grandi disegnatori come Cavazzano, De Vita M. e Ziche: sin troppo spesso, infatti, solo un vero grosso calibro della matita è in grado di rendere al meglio tutte le sfumature che la sceneggiatura faraciana propone, e che devono essere graficamente realizzate e proposte al lettore esattamente nel modo in cui Tito le aveva concepite, pena la perdita di ogni verve comica in troppe vignette.
Ed è per questo che sovente Tito fa coppia con Silvia Ziche: la più umoristica tra tutti i disegnatori Disney è certo la persona più indicata per quelle storie di Tito che sfiorano la follia pura (Angus Tales, Cronache del Regno dei Due Laghi), preferendosi sicuramente un Cavazzano in storie più serie (ma giammai seriose) realizzate dal nostro Tito, come la celeberrima Anderville, dalla compianta Mickey Mouse Mistery Magazine, o come in tante storie dal taglio noir pubblicate su Topolino e dedicate all’ispettore Manetta (ad esempio la già citata Due piedipiatti in fuga).
Non so perché Massimo De Vita non abbia più disegnato per lui, ma ammetto candidamente che anche il tratto di MDV era capace di rendere al meglio tutte le sfumature delle sceneggiature di Tito e, da fanatico di De Vita junior, non posso che auspicarmi un suo ritorno al più presto in coppia con Faraci (sempreché... non litighino sui testi!).
Ma, se è vero che l’abilità di un attore si vede quando recita ruoli diversi da quelli a lui più congegnali (acc... avevo già scritto questa frase nel post su Luciano Gatto: sto iniziando a ripetermi, scusate!), le capacità di Tito si possono ammirare anche al di fuori di casa Disney, dato che il ragazzo scrive abilmente per Bonelli, Diabolik e per... Marvel Italia, dove ha realizzato una storia con protagonista l’Uomo Ragno.
Ora, ammetto di non sapere nulla del Diabolik di Faraci, e di avere letto solo qualche Dylan Dog scritto da lui (che ho trovato molto più che gradevoli: Groucho nelle sue mani è un fenomeno!), ma consentitemi di spendere qualche parola su L’Uomo Ragno e il segreto del vetro, coi disegni del solito Cavazzano: le prime tre pagine sono un coacervo di gag da antologia del fumetto che colgono in pieno l’essenza dell’Uomo Ragno/Peter Parker (forse un po’ sfuggito di mano agli sceneggiatori americani paralleli a Strackzynski), il quale vorrebbe fuggire per un po’ da maschere e costumi per ritrovarsi poi, di riffa o di raffa, al... Carnevale di Venezia!
Ne riporto le prime battute, che per me colpiscono immediatamente al cuore il lettore, facendogli comprendere come Tito da subito abbia colto l’essenza del personaggio, senza snaturarlo in alcun modo, sin dalla prima e sinora unica storia sceneggiata per Spiderman:
Jameson (osservando una foto dell’Uomo Ragno scattata da Parker): “Eh, no, Parker! Non ci siamo! Manca il tocco del fotografo: sembra roba fatta con l’autoscatto!”
Grande, Tito: una battuta veramente da applausi, come tante altre che hai realizzato! Ma, se anche tu lurki il forum, che ne diresti di tornare tra noi, anche solo per poco come ha fatto il tuo compagno di merende Vitaliano? Non sai quanto noi paperseristi apprezzeremmo questo tuo gesto...