Adesso vi spiego perché l'ho chiamata Brigittik.
Il mio collega e amico Marco Ponti dice una cosa giustissima: e cioè che il lavoro dello sceneggiatore è non avere mai "prime idee". Quando scriviamo, ci vengono idee, giusto? Però le prime, quelle che arrivano subito, sono quelle scontate, già sentite: i luoghi comuni, i pezzi che ricordiamo da altri fumetti, film, etc. Quindi quelle vanno scartate.
A me, Brigittik è la prima cosa che è venuta in mente.
Ho pensato ad altri nomi (cosa che si riflette nelle gag della prima storia). Però poi ho capito che qui, la PRIMA idea sarebbe stata una SECONDA idea. Essere volutamente MENO originali, qui, avrebbe funzionato meglio.
Per riconoscibilità da parte dei lettori (ormai il suffisso in -ik, in Disney, sa di supereroe: chi legge una storia così per la prima volta capisce subito in che genere siamo) e anche per ironia.
CERTO che, in un mondo reale, TUTTI avrebbero già fatto due più due e capito che PaperinIK, PaperiniIKA, BrigittIK somigliano un po' troppo a certi personaggi. Ma d'altra parte, siamo in un genere in cui a uno basta un paio di occhiali per non sembrare Superman e un altro entra ed esce di casa in costume e ragnatele e MAI un vicino che lo becchi.
Insomma: si sta nel genere, riconoscendone anche l'innata cretinaggine e amandolo proprio per questo. Quindi Brigittik è diventata l'idea migliore, anche se era la prima. Succede. A volte si torna a un'idea dopo averne scartate altre dieci, ma con una consapevolezza nuova.
Concludendo: ci ho pensato, mica metto i nomi ad penem caninum.