Bah, due parole sulla seconda parte di questa saga.
Dal capitolo scozzese in poi si salva solo
Paperin De La Scalogna e il re dell'arena. Non a caso quella in cui non c'è la dinamica standard degli altri capitoli, cioè: confronto a distanza tra i paperi da un lato e Rockerduck e i Bassotti dall'altro (confronto a chi è più verboso: bla bla bla...Martina fai succedere
cose, porca di una miseria!).
La storia spagnola in effetti avanza più fluida, o comunque meno goffamente. E ha un paio di passaggi slapstick dignitosi. Soprattutto, è sorretta da un Carpi M O N U M E N T A L E.
A questo proposito, Giovan battista batte Romano per knock-out in questa saga. Tra l'altro Carpi si è trovato per le mani i tre capitoli più originali (leggasi: meno verbosi e banali). Non riesco a capire se ha avuto fortuna, o se è anche grazie all'espressività dei suoi personaggi se questi capitoli spiccano per digeribilità.
Sulle altre storie, mah. Il capitolo scozzese è semplicemente scemo. Quello di Pensacola senza sussulti. Quello della guerra civile un po' meglio, anche se con un finale un po' tirato via.
Il peggiore è il capitolo finale. Ma l'autore...
non si ricorda della sua stessa storia? E il caporedattore, e il supervisore delle sceneggiature, e il disegnatore, e l'inchiostratore, il tizio che ha fatto il lettering...nessuno si è accorto almeno della
mostruosa incongruenza del cofano pieno di storia e gloria della dinastia che d'improvviso diviene...solo un cofano di monete egizie?!? O si deve intendere che quello era il cofano di 50 kg di monete egizie con in più qualche una manciata di altre monete dalle generazioni successive? Ma in tal caso, le otto monete cadute nell'astronave sono incredibilmente tutte non egizie (a parte una)? Un miracolo probabilistico, lo si chiama in gergo tecnico.
E poi nel primo capitolo Paperone aveva detto che entrando in possesso del cofano ha avviato la sua inimicizia con Rockerduck. E invece qua pare che siano nemici per istinto fin dall'infanzia e stop.
Qui si ritorna al discorso che facevo nei messaggi precedenti. La sospensione dell'incredulità che è alla base della narrazione ( e a cui quel nipotino ci invita nel secondo capitolo: "devi crederci, zio paperino") regge fin quando un autore mantiene una forma di apparente coerenza
all'interno della storia che sta narrando. Anche seguendo logiche tutte interne alla storia stessa, il patto tra autore e lettore resta fin quando ognuno fa la sua parte. Martina qui tradisce la sua stessa storia (ma dico...che ci vuole a tornare indietro un attimo a risfogliare la
propria sceneggiatura?
), dando prova ancora una volta di essere quello che era: uno che scriveva fumetto solo per portare la pagnotta a casa. Legittimo, per carità, ma il prossimo che me lo mette tra i grandi del fumetto italiano - anche solo quello disney - vado a prendere la balestra.