La storia della mia passione per la poesia è molto particolare.
Fino ai 24 circa anni d'età, mi lasciava indifferente. Però mi era rimasto il ricordo di un'espressione che avevo sentito alle medie (che forse nemmeno avevo studiato): "Questo spirto guerrier ch'entro mi rugge" (facente parte, come poi ho scoperto, di Alla sera di Foscolo).
Tale stralcio era rimasto per anni sepolto nella memoria, salvo riaffiorare, estremamente raramente, nel corso del tempo. Realizzando che doveva esserci un motivo per cui la mia mente lo conservava dopo così tanto tempo, ho deciso di colmare questa lacuna nelle mie lettura.
Ho scelto di dedicarmi solo alle poesie italiane; infatti le eventuali traduzioni scombinano le rime e la metrica, per forza di cose. Per usufruirne in lingua originale, invece, servirebbe una grande conoscenza della lingua in questione; si potrebbe affermare la stessa regola per la prosa, ma per la poesia vale molto di più: non basta capire il significato, ma anche sapere a quale registro appartiene la parola, quali immagini evoca, eccetera.
Per fortuna la nostra letteratura offre ampia scelta.
Volevo spendere due parole su D'annunzio e la sua presunta vuotezza, dal momento che hanno animato così tanto le pagine precedenti. Egli applica lo stesso principio enunciato da Wilde, un altro decadente "Tutta l'arte è completamente inutile". A seconda di come si interpreti la frase, posso essere totalmente d'accordo o in disaccordo; esplicito i possibili significati:
- l'arte è inutile nel senso che non fornisce nulla di tangibile e materiale; in questo caso concorderei
- l'arte è inutile letteralmente: in questo caso no. L'arte serve per emozionarci, divertirci o farci riflettere; se fossimo automi allora queste cose sarebbero inutili, ma poichè siamo umani ne abbiamo bisogno.
D'annunzio sarebbe vuoto solo nel caso in cui considerassimo il primo punto. Perchè invece le sue poesie danno qualcosa; soltanto, quel qualcosa è di difficile identificazione e definizione (e si potrebbe effettuare un ragionamento analogo anche per opere di altri autori). Ma ciò semmai è un indice di complessità.
Per la cronaca, il suddetto è il mio poeta preferito posteriore a Leopardi. In assoluto invece, ora come ora, preferisco Alfieri, dotato di una potenza espressiva spaventosa. E dire che il liceo mi ha lasciato di lui uno dei ricordi peggiori.