E' imbarazzante trovarsi a ridurre i confini di una storia tanto ampia per scopi e mezzi e contenuti quanto "Il rustico cavallerizzo" in un contenitore tanto piccolo quanto il perimetro di questo topic: la quantità di citazioni, l'abilita' delle implicazioni e degli intrecci narrativi, il comparto grafico e la proprietà delle ambientazioni, dei fondali, dei colori, la ricerca accurata sulle arti applicate dell'epoca, dai pinnacoli delle architetture tardo-liberty giu' fino agli abiti, ai particolari di una lampada, alle inflessioni di pronuncia di un cast di cantanti internazionale, il cerchio che si chiude su personaggi che trovano un equilibrio perfetto fra un passato immaginato e creato nei vari episodi della saga e un futuro gia' scritto a mille mani e che leggiadramente fluisce fra ieri e domani..storia su cui scrivere interi saggi o anche no, solo da godersi persi in un meccanismo perfetto.
E' in ogni caso compito (in)grato del forumista quello di (s)parlare delle opere che più l'hanno colpito sentenziando le proprie sparse nugae riguardo a questioni che per lui rivestono particolare interesse.
Iniziando dal libretto dell'opera, dalla scelta stessa di quest'opera come argomento della storia, si evidenzia il coraggio degli autori che non temono di portare in scena una vicenda di tradimenti , di criminali, di donne perdute e di brigadieri vendicativi, dove trova posto persino una battuta come "Lola e' andata con Turiddu", senza per nulla sentirsi tenuti a celare i risvolti di tale plateale tradimento da parte di una donna sposata. Emblematico anche ciò che viene invece tralasciato o modificato nel libretto, non vi e' ovviamente traccia di accenni all'ambito religioso come scomuniche o la grande scena della preghiera, mentre piccoli particolari relativi alle implicazioni più violente della vicenda sono sapientemente edulcorati, Turiddu non e' più "ammazzato" ma "arrestato", nella siciliana non e' più il sangue a essere "sparsu", quanto piuttosto il "sugo", non e' più il vino quello che ci si procura a "Francofonte" ma il latte quello che giustamente si acquista a "Francoforte".
La costumista, alle cui dipendenze Minni lavora da sarta, insieme con gli scenografi, opera delle scelte decisamente appropriate a una messa in scena tradizionale dell'opera, che poi negli anni venti difficilmente si sarebbe potuto optare per scelte diverse, con un deciso accento sull'aspetto "esotico" dell'ambientazione siciliana, fino al pergolato d'uva e alle filze d'aglio della taverna di mamma Lucia.
Quello che mi appare più interessante e' il piano registico della messa in scena, uno dei rarissimi casi in cui trovo che il meccanismo della storia a fumetti sia saggiamente compenetrato dall'opera lirica come espressione artistica, non solo utilizzata come fonte di ispirazione narrativa (in questo caso una qualsiasi favola o romanzo potrebbe fungere egualmente da punto di partenza) ma fornendo anche una diversa scansione narrativa generata appunto dalla peculiarità del genere. La commistione fra le tecniche specifiche di espressione dell'opera, il coro, i tempi allungati nello sviluppo dell'azione, la teatralità dei colpi di scena, anche in un ambito di realismo come in questo caso, sono stati saggiamente sfruttati dagli autori, che come nelle punte più pregevoli dell'ultimo regietheater (penso a Guth o a Tcherniakov) sanno intrecciare piani narrativi e logici "cantando una cosa e facendone un'altra". La vera regia dell'opera in questo caso, non e' quella piana e banale che si vede in scena, ma il livello superiore creato da Radice che compendia l'azione sul palco con la controazione parallela che si sviluppa fuori dal teatro e che culmina nella sezione finale quando il climax del libretto si fa didascalia congruente per azioni altrimenti completamente avulse da esso, quella che era cornice e' andata in ultima analisi a coincidere con il contenuto.
La distanza con altre celebri parodie d'opera disneiane e' immensa, visto che nella grande maggioranza dei casi l'aggancio fra parodia e opera si e' sempre limitato a un'ispirazione di tipo narrativo e pochi hanno saputo cogliere le peculiarità espressive dell'opera lirica in cui l'azione scenica e' compenetrata nella musica e nel canto.
Un'ultima nota riguardo alle splendide locandine che fanno capolino qui e la' nei camerini, dal Rigalletto alla Madama Butter e Turanduck per chiudere con i superlativi Il Barbone di Siviglia e La Tranvata (ancora una volta l'estrema finezza e amore nella rappresentazione dei particolari emerge dai diversi caratteri grafici scelti nei titoli delle locandine, dall'esotismo delle due opere pucciniane al tardo gotico del dramma del gobbo fino a quell'irresistibilmente impertinente "R" dell'eroina verdiana).