Topolino 2903
Il numero di “topolino” in edicola segna il ritorno di uno degli autori della “penultima” generazione più amati e rimpianti. La storia di Artibani, “Zio Paperone e la sequoia del capitano” (che dovrebbe essere solo la prima di una nuova e speriamo lunga collaborazione con la disney) porta una ventata di classicità in un settimanale che a volte spiazza un po’ il lettore proponendo versioni gratuitamente alternative di alcuni personaggi. La storia di apertura, affidata ai disegni di Perina, vede Zio Paperone alla caccia dell’ennesimo tesoro, i nipoti fedelmente al suo fianco che lo aiutano in base alle proprie capacità (c’è persino il ritono del manuale delle GM in forma cartacea), i bassotti che cercano di intromettersi, ancora lo zione che dà l’ennesima e non stucchevole prova del suo buon cuore. L’abc della banda dei paperi insomma, forse con un finale un po’ ingenuo che risolve frettolosamente la minaccia bassottesca, ma disseminato di divertenti gags che hanno anche il compito di alleggerire la parte didattica lasciandone trasparire quanto basta. Non ci resta che apettare la nuova storia di Artibani, speriamo sollevata dal fardello degli intenti promozionali/ecologici. Nell’universo dei topi, proseguono invece “Le cronache dal pianeta T” serie ideata da Vitaliano: su questa mi riprometto di tornare solo alla fine per un giudizio complessivo, credo sia l’opzione più giusta. Certo, il prologo costituito dalle prime due puntate mi aveva fatto ben sperare, mentre l’episodio scorso risultava sorprendentemente lento e pesante nel ritmo. Qua torniamo a livelli decisamente più coinvolgenti pur se continuano a lasciarmi perplesso sia i disegni di Sciarrone (alcune rappresentazioni di topolino e minni sono davvero poco attraenti, diciamo così, in compenso i colori danno al tutto un’atmosfera davvero pregevole), sia la caratterizzazione dei personaggi tranne Macchia Nera, che giganteggia sempre più sugli altri (e senza troppa fatica ad onor del vero). Ma proprio in questa puntata c’è un sussulto di Gambadilegno! Insomma, più che mai è necessaria la lettura dell’ultimo capitolo. Paperoga, Paperino e la minaccia dell’O.r.s.o. fa parte di una serie di cui non se ne sentiva proprio il bisogno: dopo la p.i.a., l’ennesima pessima dimostrazione di come sprecare il talento dei due cugini, in una storia verbosa all’inverosimile (sì, ok, la storia si basa proprio sulla logorrea e questo dovrebbe dare l’idea dei picchi di noia che riesce a raggiungere) e che non riesce a strappare una risata che sia una. Una piccola parentesi romantica di Macchetto e Gottardo (per carità, lasciamo perdere continuity e cavolate simili, apprezziamola per quello che è, un piccolissimo spaccato della complicità esistente tra zio e nipote) e arriva Rodolfo Cimino a chiudere l’albo con un nuovo episodio dei diari segreti di Zio Paperone: Il deserto nero e lo uadi giallo”. Una serie che potrebbe essere interessante, purtroppo la necessità di una discreta introduzione e di una coda, unite al numero sempre minore di tavole totali penalizzano non poco le avventure (e aggiungo a malincuore un certo appannamento sempre più evidente dell’autore), che risultano assai compresse e dallo svolgimento un po’ “meccanico”: dispiace perchè Cimino, pur dando l’idea di scrivere sempre più col pilota automatico, ogni tanto riesce sempre a piazzare qualcuno dei suoi tocchi di classe e di pura poesia (e mi auguro che tanti bambini facciano come me e siano spinti dalla curiosità di sapere se “uadi” è una parola vera). Infine due parole sul restyling: è solo il secondo numero ma già posso dire di essere contento per il contenuto degli articoli, decisamente non fanciulleschi, ma anzi interessanti. Peccato per l’aspetto grafico generale, certo più pulito e leggibile del precedente, ma dà anche un’impressione un po’ anni ’80, insomma abbastanza datato. Considerando che hanno sposato in pieno la multimedialità mi sarei aspettao qualcosa di più innovativo
13 LUG 2011