Topolino 3016

11 SET 2013
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Con il suono della campanella quest’anno gli studenti italiani troveranno un numero di Topolino che ha nella storia di apertura una signora storia: Zio Paperone e l’apparecchio postelefonico, di Francesco Artibani e Paolo de Lorenzi, con la quale gli autori trascinano di forza il lettore nella realtà. Quella di Artibani non è solo un’avventura di paperi, è un’analisi sociologica che potrebbe benissimo riferirsi a cittadini in carne ed ossa. Se prendiamo in considerazione la finzione si può dire che nessuno dei personaggi risulta usato in modo scorretto, anzi date le premesse reagiscono tutti nel modo più coerente con i loro caratteri; Paperone è perfetto, viene mostrato il carattere duro, ma in fondo sentimentale; è un papero ferito, vittima della sua stessa insicurezza, al quale vengono disintegrate le proprie certezze. Di rado vediamo un Paperone interessato certo ai soldi, ma anche ad una funzione benefica di ciò che va a produrre. La maestria di Artibani diviene sempre più concreta, così tanto da creare quella sensazione che solo Enna riesce a creare nel fantastico mondo di Quack Town, cioè che la vera Paperopoli sia quella che egli racconta, le altre siano solo delle dimensioni parallele. I personaggi, dal protagonista sino all’ultimo dei paperopolesi, appaiono reali e realistici, privi di quell’aura di buonismo che spesso ci troviamo a leggere. La trama è come sempre ineccepibile, la sintesi e la scelta dei tempi narrativi sembrano scanditi da un orologio e le pagine scorrono imprevedibili sino al finale che regala anch’esso una morale, non retorica, non ridondante, ma importante e tale da lasciare un semino nelle giovani menti che trarranno senza dubbio un importante insegnamento.
Artibani, a mio avviso, incarna ciò che il fumetto moderno deve essere: divertimento, gag, ma anche l’esprimere qualcosa e trasmetterlo rendendo possibile una riflessione ed un approfondimento su qualcosa che forse non avremmo mai notato.

Gambadilegno e la prova mancante, di Carlo Panaro e Alessandro Gottardo, è molto didascalica, con una trama prevedibile, ma comunque divertente, soprattutto per le reazioni di Gambadilegno e Sgrinfia e la sensazione di accerchiamento che si respira. Una breve scritta con mestiere che fa il suo dovere: rilassare e strappare due risate.

Lo stesso non si può dire con la successiva storia breve A cena con Paperone, di Vito Stabile e Roberta Migheli, che appare troppo lenta e con dialoghi prolissi, mentre il soggetto anche se non originale risulta piacevole e attuale. Pur facendo un patto narrattivo e utilizzando la sospensione dell’incredulità, risulta improbabile la figura di Paperone e anche quella di Paperino, avrebbe senza dubbio giovato un registro ironico che manca del tutto.

Continuando la lettura troviamo ancora una breve che è proprio un divertissement, Pico e il pubblico perfetto, di Massimiliano Valentini e Stefania Fiorillo: qualche gag divertente, un finale scontato, ma fa il suo dovere.

Di breve in breve arriviamo alla storia finale Zio Paperone e la percentuale di successo, di Jacopo Cirillo e Maurizio Amendola, che risulta senza infamia e senza lode, fa il proprio compito, senza evidenti errori. La trama seppur prevedibile scorre tranquilla e lieve, anche se non è posta l’attenzione sul tema centrale, molto interessante tra le altre cose, della sfida uomo/computer, la luce si spande illuminando tutto, senza mettere in risalto niente, così si arriva ad un finale del tutto gratuito, che c’entra ben poco con il resto della storia.

Ottime come sempre le gag di Faccini e della Ziche!
Il numero vale soprattutto per la storia d’apertura che attraversa i limiti delle linee scritte e disegnate.
Buona lettura.

Autore dell'articolo: Nebulina