Topolino 3112

15 LUG 2015
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Dopo tre puntate all’insegna della leggerezza, proprio in chiusura della terza parte la storia di Enna sembra volersi dare quella “profondità” di cui comunque fino ad ora non si era sentita la mancanza. Vero che l’inizio dell’avventura appariva un po’ confuso, probabilmente per l’assenza di dettagli che ancora aspettano di essere svelati, ma “La grande corsa” ha avuto dalla sua proprio il merito, a differenza di altre operazioni analoghe, di non prendersi troppo sul serio: una corsa libera e veloce, con giusto una labile traccia a tenere insieme il tutto, prediligendo adrenalina e comicità a riflessioni cervellotiche da intellettuali prestati alle arti amanuensi. Ora con l’ingresso di un nuovo e inatteso personaggio sembra giunto il momento di tirare le fila: Enna è narratore assai capace e si può ben sperare che non manderà tutto all’aria con una conclusione ingloriosa. Comunque sia, oramai va di moda dire che non conta la destinazione ma il viaggio fatto per arrivare e finora il viaggio è stato assai gradevole.

Una bella sorpresa si rivela invece la storia di Pippo reporter scritta ovviamente da Teresa Radice (affiancata da Stefano Turconi): la cifra stilistica dell’autrice è nota da tempo ai lettori più fedeli, ma in questo caso si va oltre. La sua passione per la letteratura (soprattutto quella americana), una particolare delicatezza nella scrittura, l’importanza dei sentimenti, tutto viene riversato in una avventura in cui Pippo apparentemente sembra non combinare nulla e invece ha un ruolo basilare, quello di una moderna Mnemosine, disseppellendo i ricordi d’infanzia di una persona per farli rivivere, per restituire al proprietario emozioni che aveva smarrito. E il finale è meno dolce di quel che sembra, anzi paradossalmente assume una valenza ancora più tragica. Perché Blackspot non cambierà per aver ritrovato la sua compagna d’infanzia, non diventerà un’altra persona per averla aiutata, resterà quello che è ma con la consapevolezza da parte sua e del lettore che, forse, le cose sarebbero potuto essere diverse.

“Dinamite Bla e i misteri del web”, scritta da Silvia Martinoli e disegnata da Daniela Vetro sembrava essere una buona idea per illustrare alcune dinamiche da social, prendere in giro gli isterismi che spesso coinvolgono gli utenti, le mode e le indignazioni che durano quanto una scintilla, ma con l’avanzare delle tavole la vicenda diventa confusa e alla fin fine poco graffiante.

Chiude “Paperino, Paperoga e lo spaventapasseri fluttuante”, ennesima storia scritta da Carlo Panaro (con i disegni di Giada Perissinotto) che non si discosta molto dalla produzione standard dell’autore: atmosfere tipiche delle storie degli anni ’90, climax raggiunto a metà della vicenda e conclusione che vanifica gran parte dell’interesse suscitato nelle tavole precedenti. Non è una questione di plausibilità o meno della soluzione: la sospensione del dubbio fa parte del bagaglio di ogni lettore o spettatore, è come viene presentata tale soluzione a generare perplessità e insoddisfazione.

Per quel che riguarda la parte giornalistica, continua la rubrica “Viaggia e gioca col topo”, questa settimana dedicata agli anni ‘50.

Autore dell'articolo: Gianni Santarelli

Abruzzese, ingegnere elettronico riconvertito in quel che serve al momento. Il mio rapporto con i fumetti segue tutta la trafila: comincio a cinque anni con le buste risparmio della Bianconi (sovvenzionato da mia zia), poi Disney, i supereroi Corno, i Bonelli (praticamente tutti, anche se abbandonati man mano). Verso i 18 anni scopro le riviste della Comic Art, leggo "Stray toaster" di Sienkiewicz e inizio un giro del mondo fumettistico che ancora non termina. Fumetto franco-belga, argentino, americano, autori celebri e sconosciuti, tutto finisce nella mia biblioteca, molto aspetta ancora di essere letto, nel frattempo dilapido una fortuna. Su due cose sono profondamente ignorante: i supereroi "classici" (ad eccezione di Batman, per cui ho una venerazione, non leggo una storia dell'uomo ragno & c. dagli anni 80) e il fumetto giapponese. Per il Papersera, con il nick "piccolobush", collaboro all'annuale premio, scrivo qualche articolo quando necessario e mi occupo, con puntuale ritardo, del settimanale "Topolino"