Topolino 3157

31 MAG 2016
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E’ difficile dare una opinione su una storia come “Don Pipotte”. Sicuramente avrebbe bisogno di più di una lettura e anche di essere lasciata decantare un po’ per poi essere nuovamente ripresa ma purtroppo i tempi editoriali non sempre consentono di avere tutta questa libertà. Proviamo allora a capire cosa lascia in un lettore qualsiasi la fruizione in unica volta di questa avventura scritta da Vitaliano e disegnata da Sciarrone.

Innanzitutto la prima cosa che colpisce è la decisa fedeltà ai personaggi del romanzo: con le dovute e doverose differenze (la progressiva follia del protagonista trasformata in una più pubblicabile “alterazione” della personalità, lo scudiero-balia convertito in un amico-balia) i rapporti tra Pippo e Topolino sono esattamente gli stessi che tra Don Chisciotte e Sancho, con il primo che perde gradualmente il contatto con la realtà e il secondo forte della sua razionalità che cerca di frenarne gli slanci e di prendersene cura (come la praticità tipicamente contadina e l’avidità di Sancho nel romanzo fanno da contraltare alle fantasie del “cavaliere”).

Anche la struttura generale grosso modo è impostata come il lavoro di Cervantes, con una prima parte in cui la presenza dei due personaggi, testimoni di due diverse realtà, permette a entrambi gli autori di mantenere una ambiguità di fondo su ciò che sta davvero accadendo, anche se si è portati a credere a Sancho.

Nella seconda parte, nel romanzo originale l’autore spagnolo comincia una sorta di gioco degli specchi, moltiplicando i punti di vista e le narrazioni, causando una deliberata perdita dell’orientamento narrativo non solo nel lettore ma anche nel piccolo scudiero, che sente vacillare le sue sicurezze e comincia ad avvicinarsi alle prospettive dell’anziano nobile e qualcosa del genere accade nella parodia dove né Topolino né il lettore possono più dire di sapere quale sia la realtà.

Anche l’evoluzione del personaggio e delle tematiche presentano numerosi parallelismi: il Don Chisciotte nasce dalla voglia dell’autore di mettere alla berlina la letteratura cavalleresca del suo tempo là dove Pipotte si fa gioco della passione del suo aiutante per i fumetti per i quali egli non ha nessun interesse. E se nel libro, col proseguire delle vicende, l’anziano Don da personaggio comico assurge a maschera tragica, una trasformazione altrettanto rilevante si ha in Pippo la cui figura, dapprima semplicemente umoristica, col passare delle tavole assume dei contorni epici.

Indubbiamente Vitaliano ha portato avanti un lavoro ambizioso e coraggioso, riuscendo a preservare lo spirito del romanzo con in più un senso quasi di claustrofobia dovuta all’ambientazione: una piccola strana cittadina, dove non sembrano esserci altri abitanti oltre ai protagonisti, persa in una landa sconfinata tra montagne, deserti e vallate, in cui vige una specie di dittatura e dove un ufficiale opera con i metodi classici delle polizie di regime. Quello che finisce per zavorrare una storia altrimenti davvero interessante è la sottotrama fantascientifica, che appare del tutto posticcia, ingarbugliata e soprattutto esaurita nel giro di poche vignette. Nelle intenzioni voleva forse rievocare l’ultima impresa di Don Chisciotte, lo scontro con il cavaliere dalla Bianca Luna (e le parole di Pippo sembrano confermarlo quando dice che lo ha già incontrato in passato) però il risultato non è dei migliori. L’impressione è quasi che si sia voluto “riequilibrare” con un finale canonico una narrazione altrimenti quasi onirica e destabilizzante, utilizzare l’espediente della minaccia aliena per tenere ancorata a terra una storia che altrimenti avrebbe potuto essere di più difficile (ma affascinante) lettura.

Il resto del numero è di buon livello: una divertente storia firmata Zemelo/Leoni in cui Pippo prende con facilità (e portando in dote un tocco surreale) il posto di Rock Sassi a fianco di Manetta, dimostrando l’inutilità del texano in versione poliziotto scemo e una nuova sfida tra zio Paperone e Rockerduck scritta da Alessandro Sisti con i disegni di Francesco Guerrini, che fa anche satira sociale quanto basta.

La parte redazionale è occupata da una lunga intervista a Laura Pausini, corredata di alcune semplici tavole autoconclusive, e dalla presentazione di Alice attraverso lo specchio, seguito di Alice in Wonderland uscito sei anni fa

Autore dell'articolo: Gianni Santarelli

Abruzzese, ingegnere elettronico riconvertito in quel che serve al momento. Il mio rapporto con i fumetti segue tutta la trafila: comincio a cinque anni con le buste risparmio della Bianconi (sovvenzionato da mia zia), poi Disney, i supereroi Corno, i Bonelli (praticamente tutti, anche se abbandonati man mano). Verso i 18 anni scopro le riviste della Comic Art, leggo "Stray toaster" di Sienkiewicz e inizio un giro del mondo fumettistico che ancora non termina. Fumetto franco-belga, argentino, americano, autori celebri e sconosciuti, tutto finisce nella mia biblioteca, molto aspetta ancora di essere letto, nel frattempo dilapido una fortuna. Su due cose sono profondamente ignorante: i supereroi "classici" (ad eccezione di Batman, per cui ho una venerazione, non leggo una storia dell'uomo ragno & c. dagli anni 80) e il fumetto giapponese. Per il Papersera, con il nick "piccolobush", collaboro all'annuale premio, scrivo qualche articolo quando necessario e mi occupo, con puntuale ritardo, del settimanale "Topolino"