Topolino 3210

04 GIU 2017
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L'arrivo su Topolino di un regista come Aki Kaurismaki è sicuramente una ottima notizia: è il segno che non ci si limita ad inseguire le mode giovanili, ma si cerca di proporre anche qualcosa d'altro, di fruizione meno immediata forse, assumendosi ovviamente tutti i rischi che questo comporta. Nel caso specifico sarebbe meglio aver visto il film oggetto della parodia o comunque avere un'idea di cosa significhi il cinema nei paesi a ridosso del circolo polare artico.

Basti dire che circa vent'anni fa, alcuni dei nomi più noti della cinematografia scandinava, diedero vita ad un movimento noto come “Dogma 95” che prevedeva criteri molto estremi per la realizzazione di un film, quali luci, scenografia e musiche ridotte al minimo o il divieto assoluto di girare film di genere. Anche se di durata e impatto limitati, tale movimento da' un'idea di come venga vista la settima arte in quei paesi.

Kaurismaki, pur non avendo fatto ufficialmente parte del movimento, comunque proviene dallo stesso contesto sociale e culturale (per fare un esempio, gira ancora con pellicola, essendo un oppositore delle riprese in digitale), quindi anche nei suoi lavori si possono rintracciare quelle che sono caratteristiche tipiche del genere, dall'ambientazione fortemente teatrale all'importanza fondamentale degli attori, il tutto frammisto a momenti di surreale poeticità e bislacco umorismo.

Adattare un film come “L'uomo senza passato” in versione disneyana sicuramente è una prova impegnativa e lo sceneggiatore Kari Korhonen fa un lavoro discreto, non operando una vera riscrittura ma riportando piuttosto fedelmente lo svolgimento della storia originale. Però il risultato per rendere al massimo ha bisogno della complicità del lettore più che per altre storie o parodie. Perché i film di Kaurismaki (tranne poche eccezioni) sono ricchi di sequenze scarne e minimaliste che sono il vero ostacolo alla trasposizione su carta: al cinema il tempo è dettato dal regista, su carta è il lettore a decidere. Ecco perchè nella lettura è necessario soffermarsi il giusto nell'ammirare le tante bellissime vignette mute di Cavazzano, per ricostruire la giusta scansione temporale e perchè anche chi non conosce il film possa goderne nel modo migliore (e decidere poi se la storia è o no di suo gradimento). Viceversa leggendo tutto come una storia classica l'effetto sarà quello di una visione del film con il pulsante “fast forward” premuto, un collage di scene malamente appiccicate e per di più gravate da un prologo e un epilogo inutili che tolgono altro prezioso spazio al racconto.

In definitiva difficile dire se sarà una storia da olimpo dei fumetti come dichiarato dallo stesso regista, anche perchè il lavoro dello sceneggiatore, buono nella descrizione del contesto sociale in cui si muovono i protagonisti e nella decisione azzeccata di allargare il cast a tutti i principali characters Disney, è mancato lì dove forse sembrava più semplice un parallelo tra le due opere e cioè nelle sequenze comiche che hanno poco dell'umorismo spesso lieve, a tratti beffardo del film. Resta però una storia che certamente va letta sperando non si tratti di un episodio isolato, dato che Cavazzano stesso si augura di poter portare a termine una trilogia.

Il resto del numero offre poco: una simpatica avventura di Archimede scritta da Zemelo e disegnata da Ermetti, una nuova puntata dell'agonia senza fine dell'epopea di Indiana Pipps e il ritorno di Fantomius.

Riguardo quest'ultima, è abbastanza sconsolante vedere come si possa realizzare una storia basandosi unicamente sulla voglia di aggiungere un'altra tacca all'elenco delle citazioni gratuite che ormai abbondano nei fumetti, senza la minima volontà di imbastire una trama davvero solida. Non ci si riferisce alla decisione da parte di Gervasio di voler completare a tutti i costi un discorso iniziato da Barks (che era in realtà già completo di suo) ma al fatto che tutta la vicenda è di una noia mortifera. Stendiamo un velo pietoso poi sulla rivelazione dell'identità del fantasma, ennesima dimostrazione di come si possa “ammazzare” un personaggio (quello del fantasma di Notre Duck, non l'inutile fratello di Fantomius) il cui mistero aveva resistito per mezzo secolo.

Francamente impietoso il confronto con l'originale: là dove c'era un reciproco rincorrersi e inseguirsi tra i paperi e il fantasma, con scene che alternavano tensione e umorismo (“sto cominciando ad odiare questo motivetto!”) ora abbiamo Fantomius che arriva senza alcuna difficoltà a ricostruire tutto il puzzle e la resa dei conti si risolve in poche tavole (in cui, giusto per abbondare si ficcano altre citazioni, dalle guglie apribili alla sequenza delle canne d'organo, non sia mai che il lettore tipo non arrivi a riconoscerne almeno cinque per ogni storia, come dargli poi la medaglia di “scopritore di citazioni”?) e il classico spiegone da ronf…

Il successo di Fantomius è indubbiamente testimoniato dalla sua longevità e, presumibilmente, dalle vendite delle ristampe, eppure non si può non notare che del Fantomius originale, delle mirabolanti imprese, da tempo non c'è quasi più nulla. Da quello che era a tutti gli effetti il set delle gesta di un Rocambole disneyano siamo finiti a una sorta di soap opera da tv commerciale (ma anche da tv di stato, tanto ormai siamo là…). Comunque se questo è quel che vuole la gente, bene fanno Gervasio e la Panini ad accontentarla.

Oltre alle storie segnaliamo una bella doppia intervista a Cavazzano e Kaurismaki (in verità quella al regista abbastanza striminzita) e un interessante articolo firmato da Francesco Gerbaldo su una modalità di riciclo originale ma che appare alquanto efficace.

Autore dell'articolo: Gianni Santarelli

Abruzzese, ingegnere elettronico riconvertito in quel che serve al momento. Il mio rapporto con i fumetti segue tutta la trafila: comincio a cinque anni con le buste risparmio della Bianconi (sovvenzionato da mia zia), poi Disney, i supereroi Corno, i Bonelli (praticamente tutti, anche se abbandonati man mano). Verso i 18 anni scopro le riviste della Comic Art, leggo "Stray toaster" di Sienkiewicz e inizio un giro del mondo fumettistico che ancora non termina. Fumetto franco-belga, argentino, americano, autori celebri e sconosciuti, tutto finisce nella mia biblioteca, molto aspetta ancora di essere letto, nel frattempo dilapido una fortuna. Su due cose sono profondamente ignorante: i supereroi "classici" (ad eccezione di Batman, per cui ho una venerazione, non leggo una storia dell'uomo ragno & c. dagli anni 80) e il fumetto giapponese. Per il Papersera, con il nick "piccolobush", collaboro all'annuale premio, scrivo qualche articolo quando necessario e mi occupo, con puntuale ritardo, del settimanale "Topolino"