Topolino 3216

14 LUG 2017
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Numero modesto che racchiude le sole cose interessanti nella storia di apertura, cioè il secondo episodio del reboot/restyling di Double Duck: l’impronta umoristica, con il tipico stile sarcastico di Vitaliano, è molto evidente, ma l’autore dà spazio anche all’introspezione, soffermandosi in particolare sui due cardini su cui poggia la serie, cioè Paperino e Kay K e il rapporto che li lega, un rapporto che sembra infinitamente più profondo e sfaccettato di quello tra il papero e la sua fidanzata storica: il confronto indiretto che gli autori hanno messo in piedi in queste due puntate tra le due papere vede Daisy soccombere pesantemente (almeno per il momento), ridotta al ruolo di macchietta stereotipata.

Per il resto c’è curiosità sulle reali intenzioni e capacità del nuovo direttore e c’è da chiedersi se le digressioni aventi come protagonisti Paperone (la puntata scorsa) e Gastone (in questa puntata) avranno un seguito e/o delle ripercussioni negli sviluppi futuri o se si tratta solo di episodi di contorno slegati dalla trama principale. Freccero da parte sua compie un lavoro eccezionale.

La nuova avventura di Le cronache del regno dei due laghi continua sulla falsariga delle precedenti: uno spunto semplice che è fonte di continue gag anche se rischiano di diventare ripetitive se non interviene qualcosa che possa dare una svolta o una conclusione alla vicenda.

Dopo una simpatica storia di Faccini in veste di autore completo, meno travolgente però di altre, è la volta di Gagnor con Brigitta e il fascinoso Allan Quackerman. La storia non brilla per originalità anche se divertente in alcune sequenze. Quackerman finisce senza troppi sussulti nel calderone dei finti spasimanti della riccioluta papera ma la delusione più grande è vedere come gran parte degli autori non riesca a integrare in maniera efficace i richiami alle nuove tecnologie nelle storie. Sembra che le uniche alternative siano la citazione gratuita o lo sberleffo, spia probabilmente di una limitata conoscenza e padronanza di tali mezzi se non addirittura di una certa prevenzione squisitamente snob. Fatto sta che raramente internet, social e compagnia risultano veramente funzionali allo sviluppo delle vicende.

La storia di chiusura, opera dei coniugi McGreal e disegnata da Fecchi apre due interrogativi: il primo è “nella traduzione è andato perso qualcosa o davvero, dopo innumerevoli storie del tutto identiche (nei fumetti, al cinema, dovunque…), con gli stessi identici passi, c’è ancora qualcuno che ignora la stra-abusata regola per cui una lente, illuminata dai raggi del sole, indica la giusta direzione solo a un orario preciso?”. Il secondo è: “non c’è davvero nulla di meglio nella produzione estera da importare al posto di una storia talmente risaputa che un qualsiasi autore nostrano potrebbe scrivere in dieci minuti, con le mani legate?”.

Nel resto del numero, doppia intervista agli autori di Double Duck e un breve giro d’Italia tra le librerie per ragazzi.

Autore dell'articolo: Gianni Santarelli

Abruzzese, ingegnere elettronico riconvertito in quel che serve al momento. Il mio rapporto con i fumetti segue tutta la trafila: comincio a cinque anni con le buste risparmio della Bianconi (sovvenzionato da mia zia), poi Disney, i supereroi Corno, i Bonelli (praticamente tutti, anche se abbandonati man mano). Verso i 18 anni scopro le riviste della Comic Art, leggo "Stray toaster" di Sienkiewicz e inizio un giro del mondo fumettistico che ancora non termina. Fumetto franco-belga, argentino, americano, autori celebri e sconosciuti, tutto finisce nella mia biblioteca, molto aspetta ancora di essere letto, nel frattempo dilapido una fortuna. Su due cose sono profondamente ignorante: i supereroi "classici" (ad eccezione di Batman, per cui ho una venerazione, non leggo una storia dell'uomo ragno & c. dagli anni 80) e il fumetto giapponese. Per il Papersera, con il nick "piccolobush", collaboro all'annuale premio, scrivo qualche articolo quando necessario e mi occupo, con puntuale ritardo, del settimanale "Topolino"