Grandi Autori 94 – Topolino Metal Edition: Tito Faraci
Se credete che la commedia sia un gioco da ragazzi, provate a far ridere zio Genny dopo aver dato inavvertitamente fuoco alla sua collezione di nani da giardino.
Fatto?
Siete ancora vivi?
Allora, o siete dei talentuosi umoristi, oppure avete un futuro nella corsa in piano.
Da Aristotele in giù, molti uomini si sono interrogati su questa cosa misteriosa che chiamiamo risata. Per me, la realizzazione di una buona commedia richiede un minimo di tre ingredienti: rigore, studio e ritmo. Un po’ come preparare una quiche lorraine mentre si balla il tip-tap.
In Disney Italia c’è stato (e c’è ancora, anche se meno presente) un autore che ha preparato le migliori quiche lorraine, e lo ha fatto ballando la danza tradizionale tirolese, in una stanza affollata, con una gamba sola. Tito Faraci è uno degli sceneggiatori più studiati e analizzati; ha collaborato alle serie più ambiziose e gode di straordinario credito presso lettorato e critica specializzata. A giustificare quest’attenzione è, semplicemente, la sua straordinaria, oggettiva e costante capacità tecnica. Se qualcuno non ne fosse convinto non avrebbe che da procurarsi il quarto volume Metal Edition, a lui dedicato, reperibile in edicola da alcuni giorni: ovvia e necessaria la sua presenza in una serie dedicata agli sceneggiatori umoristici che hanno fatto grande la commedia Disney.
L’albo in questione contiene alcune delle comedy “pure” migliori della sua intera produzione, nonché un interessante prefazione di Giorgio Fontana nella quale si dedica spazio analitico all’aspetto più tecnico del lavoro di Faraci, la cui serietà e precisione (devo dire, rari sui volumi di questa discontinua collana) rappresentano per me un vero e proprio valore aggiunto. Tra i pregi maggiori della scrittura di Faraci, Fontana individua alcuni elementi cardinali: l’energia, l’imprevedibilità, il sapiente utilizzo degli stilemi comici, il lessico, la varietà, l’attenzione per la regia, la fedeltà ai personaggi, la profondità. La selezione di questo volume sembra fatta apposta per dimostrare che ha ragione su tutto.
Però noi lettori sì
A mo’ di esempio prendiamo Gambadilegno e il fattore moltiplicante (illustrata da un incredibile Giuseppe Dalla Santa) che considero facilmente uno dei suoi capolavori nonché un utile saggio della suddetta perizia.
La trama, forse ispirata al film Mi sdoppio in 4 di Harold Ramis del 1996, è semplicissima: la casa di Gambadilegno si riempie gradualmente di suoi cloni perfettamente identici all’originale; dovrà convivere con un numero imprecisato di “sé stessi”, cercando di ricavarne anche qualche vantaggio, mentre indaga sulle cause dell’evento per risolverlo prima del ritorno a casa di Trudy.
La storia è narrata dal punto di vista di Gamba, e l’autore riesce a restituirci la difficile convivenza con i diversi “sé stessi” grazie all’espediente del diario. Sorvolerò sulle gag brillanti e sul sapiente uso della didascalia come contrappunto comico, che sono tra le frecce più affilate del suo arco: Il fattore moltiplicante scorre perfetta senza che il meccanismo umoristico si inceppi mai, massimizza gli effetti dello spunto narrativo mettendo Gambadilegno di fronte a sé stesso e ai propri limiti, e lascia il lettore con un altissimo senso di appagamento, il tutto in appena 25 pagine.
Sui disegni del compianto Dalla Santa si potrebbe fondare un autentico culto, per quanto sono belli in sé e per quanto bene sanno accompagnare la sceneggiatura.
Grande specialista nel… riaprire giochi apparentemente fatti da anni di tradizione, Faraci ha sempre cercato di partire, nelle sue storie, dalle caratteristiche dei personaggi, decostruendoli e giocando con meccanismi narrativi abusati. In poche pagine ne cambia la polarità e trascina il lettore in territori nuovi, inesplorati, impensati. Questo gioco e questa esplorazione sono impossibili senza uno studio profondo delle caratteristiche dei protagonisti Disney.
Giocare con gli stereotipi
Come Il fattore moltiplicante dimostra una conoscenza perfetta del carattere di Gambadilegno, in Paperino e Zio Paperone in: Per dieci dollari in più, disegnata da un ispiratissimo Alessandro Gottardo, Faraci riesce a portare i personaggi di Paperino, Paperone e Pico fino ai confini più estremi del proprio cosmo comico.
Anche qui l’input narrativo è di una semplicità imbarazzante: l’autore si limita a rovesciare il classico plot della ricerca di tesori da parte di Paperone, con conseguenze umoristiche devastanti. Anche in questa, come nella precedente, gli autori dimostrano tanto un’attenzione straordinaria per la recitazione mimica e gestuale dei protagonisti quanto una volontà di giungere al soddisfacimento completo delle potenzialità del soggetto.
A dimostrazione della sistematicità in questo tipo di approccio ritroviamo una inversione analoga, bensì diversissima per idea e svolgimento, nella brillante Le normalissime avventure di Paperino, disegnata da un pulitissimo Paolo Mottura che grazie al proprio tratto peculiare e alle inquadrature scelte dà a tutta la vicenda un taglio che mescola continuamente divertimento e inquietudine.
Un rovesciamento caratteriale troviamo anche nella divertente parodia di My fair lady illustrata da Silvia Ziche, Gambadilegno in… Questioni di classe, una storia più modesta, dagli esiti narrativamente meno sontuosi, ma dotata della stessa precisione registica delle precedenti.
Sempre in chiave analitico-decostruttiva Faraci punta i riflettori sul personaggio di Paperino, il classico papero sfortunato della tradizione italiana, nelle due splendide La filosofia di Paperino e Paperino in Le disavventure di un papero tenace.
Sei sicuro, Paperino?
La prima, ancora una volta sorretta dai disegni della Ziche, vede la collaborazione ai testi del filosofo e fisico-matematico Giulio Giorello (autore del pregevole saggio La filosofia di Topolino, appunto) e, con la scusa dell’equivoco che porta Paperino a fare da relatore a un convegno di filosofia, consente al nostro papero preferito di ragionare sulla propria quotidianità.
All’epoca della pubblicazione di questa storia ci trovavamo nel periodo storico in cui la mutata sensibilità del lettorato e degli autori iniziava a spingere verso un differente utilizzo del personaggio: sfortunato sì, ma non perdente. Faraci è stato fra i primi a intuire che Paperino poteva dare di più, e lo dimostra anche in Le disavventure di un papero tenace (disegnata da Giorgio Cavazzano), in cui addirittura la sua scenografica e pantagruelica sfortuna sono l’unica chiave per il tesoro di Malsuerta, la grande ricchezza rappresentata dall’accettazione di sé e dei propri limiti.
Lo scettro di protagonista torna nelle mani di Mickey Mouse in Topolino, Gambadilegno e… il solito sospetto (per i disegni del solito, mostruoso, Massimo De Vita). Anche in questa storia così piccola, apparentemente irrilevante, l’autore ci mostra un’analisi non banale delle caratteristiche, più o meno evidenti, dei protagonisti Disney.
Topolino qui non è il solito detective perfettino, tante volte ostaggio di penne pigre o poco ispirate, ma un uomo che vive per il thrilling, per le emozioni e le sfide, tema presente anche nella successiva Topolino e il tesoro dell’isola, interessantissima storia in costume illustrata dal sempre gigantesco Cavazzano (nella quale il protagonista ad abbandonare l’amata Minni pur di abbandonarsi all’esplorazione dell’ignoto).
C’è poco da dire sulle storie rimanenti, sempre belle, sempre efficaci anche se in tono minore rispetto ai grandi capolavori presenti nel volume: I Bassotti e l’effetto catapulta, per i disegni di Federico Bertolucci, è un’altra peculiare storia in costume, esempio di breve pienamente riuscita; Paperino e il look macchiaiolo, illustrata da un sempre espressivo Enrico Faccini, con il suo meraviglioso finale a sorpresa ci propone ancora una volta un Paperino vincente nella malasorte; e l’ultima avventura del volume, la simpatica Pippo e… il brontolatore estivo (altra ottima prova di Cavazzano) si immerge splendidamente nella “logica illogica” pippesca, dove il nero è bianco e parole come vittoria e sconfitta risultano, alla fine dei conti, prive di senso.
Faraci non è soltanto uno dei migliori autori Disney di sempre, è anche uno dei maggiormente consapevoli di ciò che fa. Le sue battute migliori ricordano la commedia brillante di Ernest Lubitsch e Billy Wilder, ma la regia e il ritmo delle sue storie mostrano una padronanza perfetta del mezzo fumettistico, delle sue immense possibilità.
Costruire una commedia efficace non è cosa semplice. La risata, l’atto catartico per antonomasia, rappresenta ancor oggi un assoluto mistero. Se non ci credete, chiedete pure a zio Genny.
10 FEB 2022