Topolino 3463
È un numero all’insegna delle anticipazioni, come sempre più da qualche tempo, quello di questa settimana: dall’annuncio della nuova storia di Amelia a Gli urbani paperi, con tanto di intervista all’autore della prima, Bruno Enna.
Enna che è anche sceneggiatore della più bella storia dell’albo, Paperino Paperotto e il volo dell’albatro. Un’avventura innocua, senza grossi rivolgimenti, in cui la differenza la fa la scrittura. Un Enna ritrovato, un Paperotto mai dimenticato e nel pieno delle sue facoltà di catalizzatore di catastrofi, come gli abitanti di Quack Town non mancano di sottolineare in un umoristico gioco al rialzo.
La scrittura di Enna è diversa da quella degli altri autori oggi su Topolino: è saggia, economica e autocosciente. Ha la capacità di imperniare l’azione sul dialogo in maniera ottimale, svicolando così puntualmente da ogni appesantimento tanto retorico (in termini di parlato) tanto di azione (in termini di vignette).
Ed ecco che ogni passaggio si colora tanto dell’azione (impostata attorno ad un animale deliziosamente chiassoso) tanto dell’incontro fra i caratteri dei personaggi: Paperino e Louis, Paperino e Millicent, Paperino e… Billy. E naturalmente i paperotti con Diomede, l’albatro del titolo, il nuovo imprevisto personaggio appunto introdotto in questa storia.
Non solo: piccoli dettagli nella storia, elementi di pura quotidianità di Quack Town, percorrono la vicenda trasversalmente e silenziosamente, dandole un collante di una naturalezza unica. I disegni di Nicola Tosolini appaiono particolarmente curati, più della media forse, e centrano decisamente l’obiettivo, accordandosi alla perfezione con i toni della sceneggiatura.
Risalendo indietro nel numero troviamo Sopravvivi con Indiana: Nella foresta tropicale. Si tratta di un episodio di una delle tipiche “serie situazionali” di Marco Bosco, stavolta incentrata sulla sopravvivenza in luoghi impervi. Come sempre, nonostante la ripetitività , la storia piazza un paio di battute azzeccate e veleggia con grazia sui disegni del ritrovato Lucio Leoni.
Piccola perla la storia di Rudy Salvagnini e Blasco Pisapia (davvero ottimo ai disegni, forse più che in una sua recente storia natalizia), Paperino Paperoga e il ritorno dei pennuti furenti. Al di là dell’ovvio commento (“storia di sapore classico”), fa piacere come la sceneggiatura ruoti di continuo attorno all’interazione tra Paperino e Paperoga senza che questa stanchi il lettore.
Il trucco è, probabilmente, andare per gradi e somministrare dosi crescenti ma controllate tanto dell’esuberanza di Paperoga quanto dell’accondiscendente entusiasmo di Paperino. E non solo: l’accordo fra i due, inedito ma credibilissimo, è ciò che salva l’umore della storia dal pericolo di un ennesimo teatro del rimpallo di responsabilità di fronte a un banale disastro annunciato; fatto questo sottolineato beffardamente dallo stesso Paperoga in un momento dal sapore dolcemente e discretamente metafumettistico.
L’incubo
Sorprende in positivo Brigitta e il binario dei saluti romantici, di Roberto Gagnor e Ivan Bigarella. Chi dovesse temere la ripetitività spesso associata alla coppia Filo&Brigitta, oppure la stucchevolezza delle trame al miele associate a quest’ultima, può tirare un moderato sospiro di sollievo: c’è sì il refrain della “premiata ditta”, c’è sì la componente romantica, ma sono ben catalizzate dalla verve di Brigitta, resa con una scrittura particolarmente viva e concreta che porta la storia fino in fondo con l’energia necessaria a divertire il lettore.
I disegni di Bigarella appaiono in crescita e rappresentano il vero valore aggiunto: precisi, eleganti, quasi dolcemente vaporosi a tratti, capaci di raccogliere e ammorbidire l’ironia della sceneggiatura salvandola dall’autocompiacimento.
Ed eccoci infine (anzi all’inizio) con una nuova avventura de La ciurma del Sole Nero: Prigionieri dell’oscurità . Si può dire che stavolta Marco Gervasio e Cristian Canfailla calino l’asso imperniando l’episodio su un lungo momento di profondissima inquietudine.
Topolino e compagni si ritrovano improvvisamente prigionieri di alieni che giocano con le loro ombre, in una sequenza dalle genuine e riuscite tinte horror, fissate tanto dalla ributtante viscosità della minaccia quanto dall’uso di vignette “filtrate” in nero, che in parte suggeriscono la prospettiva in assenza di luce (tutto l’episodio è giocato su questo) e in parte, verrebbe quasi da pensare, addirittura il punto di vista degli alieni-ombra.
In ogni tavola serpeggia l’impressione, un po’ troppo sottolineata forse ma comunque interessante, che il capitano celi molti segreti. Trattandosi di Topolino, personaggio limpido per eccellenza, l’idea appare intrigante, nella speranza che non si risolva tutto in una bolla di sapone. Uno di questi misteri coinvolge il vecchio personaggio di Musone: e – ahinoi – il pensiero non può che andare a chi quel personaggio lo scelse come avatar sul nostro forum, quel Francesco Gerbaldo che musone proprio non lo era e che ci ha lasciato ormai (vengono i brividi a scriverlo, tanto non ci si può credere) un mese fa. Ciao Gerba, ancora una volta, ci manchi.