Almanacco Topolino 8
Dopo un periodo di grandi speranze, l’inizio del secondo anno di pubblicazioni dell’Almanacco Topolino non era stato dei migliori, ma questo nuovo albo dimostra come vi sia sempre la possibilità di recuperare e di ripercorrere la strada principale. Non solo si nota qualità nelle storie qui proposte, ma vi sono anche alcune sperimentazioni antologiche che possiamo apprezzare.
La copertina di Emanuele Baccinelli con i colori di Mario Perrotta ci ricorda che questa stagione estiva si è fatta sentire molto presto e che urge trovare un refrigerio, anche in storie che siano sempre fresche e vitali.
E l’introduzione di questa selezione parte da un grande e gradito ritorno, Paperino e la notte del saraceno (testi e disegni di Marco Rota, apparsa su Topolino Più 9 del dicembre 1983). La storia di un amore antico e di un tesoro che si pensava perso, un’ambientazione cupa, ma soprattutto geograficamente e storicamente interessante: Marco Rota ha messo in piedi un piccolo capolavoro di artistica visione, dinamismo e impressione magistrale.
E a ben dire viene considerato un epigono di Carl Barks, soprattutto nei dettagli a china, nei bellissimi sfondi e nella capacità di portare i personaggi delle storie in situazioni altrimenti impossibili. Un ottimo inizio di selezione.
La sezione delle storie straniere inedite si avvia con un altro capolavoro artistico, Zio Paperone in: Qualche nota sul Klondike (Knut Nærum/Arild Midthun). Storia che segue l’impostazione donrosiana della vita di Paperone, vista l’ambientazione, la caratterizzazione dei personaggi e le relazioni tra gli stessi. Narrativamente parlando, rimane una storia con una trama abbastanza semplice (e a tratti anche scontata, benché alcune implicazioni etiche iniziali – come quella di mandare in prigione un innocente teatrante – siano discutibili), ma dove l’arte di Midthun esprime un profondo dinamismo delle scene e si arricchisce in dettagli, sulla scia delle storie di Don Rosa.
Il meraviglioso dinamismo di Midthun
Interessante anche l’esperimento successivo, dove il confronto tra la storia originale e il suo remake garantisce un’ottima qualità e un’interessante e leggera lettura. Dick Kinney e Al Hubbard si sono cimentati nell’ennesima storia del Paperoga delle origini, apparentemente strampalato ma inevitabilmente lucido. Solo le differenze stilistiche appaiono evidenti.
Nella seconda delle due storie, Paperino e Paperoga in: Tessere o non tessere?, il Paperoga mostrato è quello originale, col caschetto biondo e dove i personaggi di sfondo appaiono in vesti di animali antropomorfizzati; nella prima, invece, Paperino e il cugino che… trama nell’ombra vediamo un Paperoga molto più simile a quello attualmente proposto, ovvero con i capelli più radi, e i personaggi di sfondo assumono, invece, sembianze più umane.
Concettualmente simili nella trama e anche nelle vignette (da segnalare, la bella doppia splash page iniziale della prima storia riproposta), questa storia appare molto intrigante e mette in scena la miglior stramberia del personaggio più strano del panorama disneyano.
Per spezzare il ritmo di lunghe letture, viene proposta qui una one page story del ciclo di Della. Paperino e Della: i primi spiccioli (Ever Geradts/Carmen Pérez) sembra, però, più una breve che si colloca sulla scia di quelle di Carl Barks con protagonista Paperone: anche in questo caso, è l’inventiva del primo ad essere al centro della storia, ponendo i due fratellini quali aiutanti del primo. I disegni sembrano recuperare alcuni tratti stilistici della produzione classica degli anni Sessanta, benché il giovane Paperino sia molto simile al Paperotto di italiana esperienza.
Non una storia al livello delle altre, Pippo esploratore “perfetto” (Vic Lockman/Tony Strobl) sembra più che altro mettere nuovamente al centro la goffaggine e l’approccio da pensiero laterale di Pippo invece di voler provare a svolgere una trama che appare abbastanza lineare. I disegni di Strobl appaiono comunque gradevoli, benché la raffigurazione di Pippo e Gilberto non sia quella canonica (con il viso interamente bianco). Storia forse invecchiata male.
Alla stessa maniera, Topolino e il mistero del Ranch dell’Inganno, dove l’inganno non è esattamente rappresentato come tale (nel giro di una tavola, chiaramente ci viene rappresentato che il colpevole è Pancho), e alcune situazioni appaiono fin troppo semplicistiche o logicamente vacue. I disegni, invece, sono la pura espressione dell’arte di Paul Murry, dove il dinamismo e l’ironia sono strettamente legati, tanto da dare l’impressione di trovarsi di fronte ad un cartoon.
Molto interessante come esperimento di narrazione con personaggi nuovi è Qui, Quo Qua e la sorpresa per Sonny (Per Edman/Wanda Gattino). Narrativamente parlando, sembra di aver di fronte una storia che prova a mettere insieme Huckleberry Finn, David Copperfield e Pippi Calzelunghe; ma più interessante il focus che l’autore fa su due personaggi non molto visibili nel mondo Disney e cui riesce a dare un’ottima interazione, in senso classico. I disegni di Gattino sono perfetti per la storia, ma al contempo riescono ad essere anche innovativi e freschi. Davvero sorprendenti.
Paul Murry come Hannah e Barbera
Molto particolare come impostazione, ma che risente della sua longevità è Topolino e il Gran Vergilius, disegnata da Giovan Battista Carpi.
Una storia che, peraltro, inizia mettendo un personaggio totalmente inutile in questo contesto come Panchito (che si presenta da Topolino in auto, e senza il Señor Martinez), un Topolino intento a riparare un’antenna radio (quasi come se fosse l’antenna della televisione) e che addirittura si trasforma in conduttore vivente di elettricità. Certo, l’ironia della storia la rende meno banale di quello sembra, ma difficile poterla considerare come un classico imprescindibile del fumetto Disney.
Per chiudere, una breve di una pagina dal mondo olandese. Che fortuna, Orazio! (François Corteggiani/Daan Jippes) riesce ad essere molto lineare, ma anche divertente, come dovrebbero essere le one pages. Lo sceneggiatore francese, una vecchia conoscenza anche per i lettori italiani, riesce a gestire bene personaggi non molto quotati del fumetto Disney, come Orazio e Clarabella. Il tutto arricchito dai bei disegni (benché meno dinamici del solito) di Jippes.
In conclusione, l’eredità di Boschi sembra essere molto pesante: anche l’accorato epitaffio di Davide Del Gusto (posto a inizio albo) ricorda non solo il Boschi critico, ma anche il Boschi persona, animo buono e disponibile, volenteroso e di grande intelletto. Un’eredità critica e umana che difficilmente potrà essere replicata. Ma è pur sempre vero che lo stesso sembra aver indicato una strada da percorrere, anche evincibile da questo albo.
Ritroviamo qui il giusto mix di storie classiche e moderne, lunghe e brevi, con ambientazioni differenti e che sanno mettere a confronto artisti e autori di differenti età e periodi. La selezione, quindi, appare più mirata a garantire qualità al lettore e non tanto numero o quantità. Una buona impostazione, che ci permette di leggere le storie dell’albo in un unico fiato. Questo secondo anno di pubblicazioni, comunque orfano di un gigante della critica disneyana, potrà procedere per una direzione felice se riuscirà a prendere l’esempio qui proposto.
27 LUG 2022