Le Grandi Saghe 21 – Topolinia 20802 1
Copertina inedita di Alessandro Perina.
Se dovessimo considerare quante vite abbia vissuto finora Topolino, potremmo senz’altro asserire che sono almeno tre: al periodo iniziale, connotato dall’esordio in animazione e dalle strisce quotidiane di Floyd Gottfredson, dovremmo aggiungere il primo periodo italiano (dagli esordi di Topolino libretto fino alla metà degli anni ’50), il periodo del consolidamento quale “personaggio borghese” (che arriva fino all’inizio degli anni ’80) e il Topolino avventuroso e serio a partire dagli anni ’80. A queste dovremmo aggiungere due contesti, peraltro brevi, ma eccezionali dell’ultimo periodo descritto: lo sperimentalismo di Mickey Mouse Mistery Magazine (1999-2001) e il classicismo ritrovato di Topolinia 20802 (2009-2010 e 2014-2018).
È su quest’ultimo che la proposta de Le Grandi Saghe si basa con i volumi 21, 23 (e presumibilmente il 25), e che costituisce la prima vera ristampa integrale italiana dopo l’uscita sui numeri di Topolino di quegli anni. Ma andiamo per gradi.
Nessuna corsa per salvare un amico in difficoltà, o una storia di vecchi ricordi: Topolinia 20802 comincia con un inserto pubblicitario…
La saga, come ci riporta l’editoriale di Davide Del Gusto, nacque dall’intuizione felice di Fausto Vitaliano di voler riprendere il mood narrativo delle storie di Gottfredson (ed in particolare Editor-in-Grief del 1935), calarle nel contesto degli anni Duemila e operare un confronto dove le differenze si evidenziavano nettamente. Il risultato è quello di una felice storia, dove si notano numerosi particolari che la distinguono dalle usuali storie di Topolino di quel periodo.
Vi è anzitutto un ritrovato sperimentalismo, già visto con MMMM e che costituisce il primo metro di paragone. Topolino abbandona la sua comfort zone e si trasferisce in centro città (indicato dal numero di CAP nel titolo) per cercare lavoro come giornalista presso il Topolinia Daily e acquisire quel patentino che tanto desidera, proprio dai tempi di Gottfredson. Come per Anderville, anche in questo caso il quartiere dove ci si trova si caratterizza per elementi che si muovono tra un’architettura di inizio Novecento (ben illustrata dalla doppia splash page di Marco Ghiglione) e una frenesia accelerazionista (è proprio l’aggettivo da utilizzare in questo caso) intravista dalla fine del primo decennio del ventunesimo secolo. Vi è soprattutto il contrasto tra l’ambiente classico e l’innovazione tecnologica, tra un modo di concepire la realtà in maniera più tradizionale e pacifica e la continua spinta a fare di più e in quantità elevate. Insomma, è una serie di contrasti che risultano ben riusciti e che questa serie sembra voler mettere in primo piano.
Il nuovo che avanza, il vecchio che comprende.
Inoltre ci sono diverse particolarità che riescono a tenere il confronto con la serie hard-boiled di Tito Faraci. Anzitutto, lo sviluppo di una trama in cui sempre più appaiono elementi di intrigo e azione, che emergono preponderanti nella terza puntata di questa prima serie. Detto dell’architettura, è ulteriormente evidente anche la presenza di un villain, ancora una volta identificato in un ricco uomo d’affari che non tollera voci dissonanti (e qui il parallelismo con Quarto Potere di Orson Wells è ben rimarcato anche nell’editoriale d’apertura del volume). A differenza della saga poliziesca, il quartiere del Topolinia Daily risulta essere molto vicino alla periferia dove abita Topolino, benché sia necessario trasferirsi per non essere sempre in ritardo a lavoro.
I problemi del Quarto Potere.
Sono poi diversi i nomi di artisti che hanno affiancato Vitaliano, Alberto Savini e Giorgio Salati: detto di Ghiglione, troviamo qui Giuseppe Dalla Santa, Lorenzo Pastrovicchio e un mai domo Casty. Un mix di matite che si muove tra l’esuberanza, il prospettivismo e il classicismo scarpiano, conferendo ulteriore vivacità alla serie.
La fortunata riproposizione di questa saga, in maniera completa, soddisfa appieno diversi palati dei lettori: da chi la ritrova dopo vari anni, a chi la legge per la prima volta, fino a chi apprezza il trasformismo che Topolino assume ogni volta che torna al centro dei progetti redazionali. Non è un caso, poi, che questa serie abbia dato il via a progetti ulteriori che hanno saputo valorizzare il giornale e rimettere in pista un eroe troppo spesso relegato ad un ruolo di “perfetto borghese di periferia”.
Curiosità sulla serie:
- Il CAP 20802 non è riscontrabile in Italia (a cercarlo bene, Google rimanda a un codice postale di San Juan in Costa Rica). Tuttavia, le prime tre cifre si ritrovano nei CAP della provincia Monza e Brianza, confermando una moda italiana di avere sempre riferimenti (anche grafici) al contesto regionale in cui lavora la redazione di Topolino;
- I titoli delle storie di Topolinia 20802 sono rimandi alla cinematografia e alla letteratura della prima metà Novecento. In questa prima serie, si riconosce Mr. Smith va a Washington (film di Frank Capra del 1939 con protagonista James Stewart), che connota anche il finto ruolo di “sempliciotto” che dovrebbe essere cucito addosso a Topolino. Nella seconda, invece, si riconosce Per chi suona la campana, fortunato romanzo di Ernest Hemingway del 1940.
- Anche i nomi dei personaggi presentano vari rimandi. Si va da riferimenti ad opere precedenti: è il caso del sig. Goldstein, probabilmente ispirato al personaggio di Emmanuel Goldstein, l’oppositore del regime nel romanzo 1984 di George Orwell; oppure a personaggi storici, come nel caso del tipografo Gutenberg; oppure connotano la natura del personaggio stesso: è il caso di Loot (bottino) Lafox (la volpe), ad indicare la scaltrezza e l’avidità del personaggio che vuole far fuori ogni voce dissonante e perciò tenta di acquisire il Topolinia Daily, oppure Charles Faster Bone (l’osso più duro), integerrimo proprietario del giornale e ispirato al protagonista di Quarto Potere.
- Troviamo anche un piccolo cameo di Giuseppe Tubi (Joe Piper), già ripreso in Italia da vari autori negli anni ’60 (come Bottaro, i Barosso e Missaglia) e poi di nuovo protagonista delle storie di Tito Faraci tra il 2013 e il 2018.