Zio Paperone 60

21 LUG 2023
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Zio Paperone 60

Introdotto dalla consueta magistrale copertina di Andrea Freccero con i colori di Mario Perrotta, Zio Paperone 60 si conferma essere l’ennesimo numero di una testata senza una precisa identità, che ha sicuramente fatto dei passi da gigante rispetto ai primi albi ma che continua ad affrontare un lungo percorso di miglioramento, rispetto al quale vien da chiedersi se si arriverà mai ad una meta.

Come nei tre precedenti albi la storia inedita, Zio Paperone e il mistero sottomarino, è di produzione internazionale ma opera di un autore italiano, in questo caso Alberto Savini, la cui prova appare – seppur di poco – più convincente rispetto alla precedente.

Il pretesto che dà il via all’azione è l’intenzione di Paperone di ricavare del “materiale spaziale” dai resti dell’asteroide caduto nel Golfo del Messico che portò all’estinzione dei dinosauri; incipit forse fin troppo inflazionato, ma rigirato in una salsa differente che lo porta a risultare quasi interessante. È nel seguito che la vicenda si perde completamente. Nonostante l’idea pseudoscientifica alla base del soggetto risulti anche abbastanza buona, è chiaro che in 10 pagine non c’è tempo per approfondirla come meriterebbe, portando così a un finale frettoloso e abbastanza anticlimatico.

Ciononostante, non mi sento di essere troppo severo nei confronti di Savini: le sue abilità come sceneggiatore sono sotto gli occhi di tutti, sacrificate purtroppo da uno spazio che difficilmente si presta allo sviluppo più articolato dei suoi soggetti.

Neppure il comparto grafico, a mio parere, conferisce un plus alla storia: il tratto di Fernando Güell – autore praticamente inedito nel nostro paese, ma che ricopre la carica di supervisore artistico in Egmont – è molto distante dai consueti “stili italiani”, con rari guizzi in cui però le espressioni dei personaggi rigide e legnose sembrano essere riprese in certi casi da storie di Don Rosa e in altri da opere di Tony Strobl.

Evidenti ispirazioni

La seconda storia dell’albo è Zio Paperone e la vacanza a costo zero, per i testi di Carlo Panaro e i disegni di Mario Ferracina. Disegni che, pur senza raggiungere i suoi livelli estremi, hanno un sapore vagamente lavoradoriano che li rende godibili. Di per sé la trama, seppur semplice, è abbastanza carina: Paperone dovrà dimostrare a Paperino che riuscirà ad arrivare in un paesino del Messico senza spendere un dollaro.

Le gag sono anche simpatiche, ma vien da chiedersi quale sia il senso di ripubblicare una storia simile su una testata che ha – o dovrebbe avere – come obiettivo di ristampare le storie migliori di questo personaggio. Possibile che non ci fossero storie più meritevoli di ripubblicazione di questa, peraltro molto recente essendo uscita nel 2016? Purtroppo questa domanda ricorrerà durante tutta la lettura dell’albo.

Si giunge poi al pezzo forte del numero: la storia Superstar Zio Paperone, il grande fiume e la campana d’argento, scritta da Rodolfo Cimino, disegnata da Guido Scala e introdotta come di consueto da un piacevole articolo scritto da Davide Del Gusto che, oltre ad analizzare brevemente la storia, tratta delle peripezie di Paperone a bordo di vari battelli a vapore.

Parlando dei disegni, è importante evidenziare come questa sia l’ultima storia del Maestro torinese, pubblicata su Topolino nel 2002 in seguito alla sua prematura dipartita. Nonostante sia evidente la stanchezza nei suoi disegni, riscontrabile soprattutto nei volti dei personaggi, il tratto di Scala regala ancora qualche intuizione e guizzo baroccheggiante, soprattutto negli scorci delle ambientazioni e negli sfondi.

Zio Paperone 60 - Il saluto a un grande

Grazie, Guido Scala

La vicenda è costituita dal racconto di Paperone ai nipotini della travagliata storia d’amore giovanile tra lui e Rosy O’Hair, avvenente papera che lavora come ballerina su un battello. A dir la verità forse questa non è una delle prove più riuscite dello sceneggiatore friulano, che propone una pur piacevole variazione sul tema, oggi troppo inflazionato, dell’amore di gioventù tra Paperone e una papera: al posto della “solita” Doretta abbiamo però un personaggio inedito che comunque per certi versi la ricorda.

Il tema di fondo della storia è la perdita delle persone amate, che viene però trattato senza la poesia e la delicatezza che hanno sempre contraddistinto la produzione ciminiana, anzi, quasi con un certo distacco. In questo caso infatti Cimino non scava nella psicologia dei personaggi, i quali rimangono costantemente piatti e poco caratterizzati, se non per stereotipi, a differenza dei più riusciti Racconti attorno al fuoco, dei quali questa storia ha un vago sentore.

Passando per Zio Paperone vuole un caffè, one pager barksiana facente parte della lodevole iniziativa di riscoperta di quei gioiellini che sono le autoconclusive dell’Uomo dei Paperi, si arriva a Zio Paperone e la quarta stella, storia molto classica di Bruno Concina e ben disegnata da Francesco D’Ippolito incentrata su una sfida tra Paperone e Rockerduck, in questo caso in campo culinario: i ristoranti dei due affaristi si sfideranno per ottenere la “quarta stella”, ambito riconoscimento. La vicenda, seppur dall’esito prevedibile è abbastanza godibile e divertente, indubbiamente una buona lettura.

La storia successiva è Zio Paperone e la minaccia del MAXI gattone, la prima della serie Paperopoli Film Festival, scritta da Giulio D’Antona e dall’attrice Jasmine Trinca e disegnata dalla brava Daniela Vetro, il cui stile è come al solito molto piacevole alla vista.

Non si capisce però che cosa questa storia voglia raccontare e che strada voglia intraprendere, dato che nelle sue 34 pagine aggiunge troppe situazioni cambiando per almeno tre volte direzione narrativa: dall’incipit, in cui sembra essere la solita disputa tra Paperone e Rockerduck in salsa cinematografica; la parte centrale diventa invece un lampante omaggio a Cimino, del quale D’Antona riprende gli stilemi narrativi, come il mezzo speciale, il viaggio verso la stravagante isola sperduta con degli autoctoni che vi custodiscono qualcosa di prezioso e il vecchio e saggio romito che giudica Paperone; la parte finale, che introduce un elemento assolutamente fuori contesto e insensato nella trama, peraltro in maniera molto affrettata.

Ciminata moderna

D’Antona o Cimino?

Lascia inoltre quantomeno perplessi la scelta di proporre solo la prima storia di questa serie così recente: infatti, a meno di sorprese nei prossimi numeri non verranno ristampate le successive, rendendo quindi questa una ripubblicazione fine a sé stessa.

Si prosegue poi con Zio Paperone e la corsa a Point Nemo, scritta da Lorenzo Camerini e disegnata da Roberta Migheli, il cui stile, indubbiamente molto personale, non ho mai apprezzato per via del modo in cui raffigura i Paperi, troppo bassi e “schiacciati”.

La vicenda altro non è che l’ennesima sfida dell’albo tra Paperone e Rockerduck; in questo caso i due dovranno dimostrare di avere i migliori mezzi di trasporto per arrivare per primi a Point Nemo, il punto del globo più lontano dalle terre emerse, ed entrambi scelgono di partire in nave. Al di là della banalità della storia, è il finale l’elemento peggiore della trama, con un Paperone che risulta quasi antipatico agli occhi del lettore per la risoluzione della vicenda, a suo favore in modo assolutamente immeritato.

Il numero si chiude con Zio Paperone e i triliardi in bottiglia, scritta da Carlo Panaro e disegnata da Luciano Gatto, il cui tratto forse irrigidisce troppo i personaggi.

La storia, seppur molto classica, è godibile: Paperone a causa di un imprevisto perde tutta la sua fortuna, chiusa grazie a un’invenzione di Archimede in una bottiglia di limonata che finirà in mano ai Bassotti, e deve mettere in atto uno stratagemma per recuperarla.

In definitiva, considero il numero molto fiacco e in calo rispetto al precedente soprattutto per via della sovrabbondanza di storie recentissime: tralasciando l’autoconclusiva di Barks, infatti, nessuna storia risale a prima del 2000, e solamente due, fra cui la Superstar, sono antecedenti al 2016. C’è qualche perplessità per la selezione delle ristampe, visto l’indice spesso monotematico e ripetitivo oltre che pieno di avventure dalla qualità mediamente abbastanza bassa: la migliore è probabilmente una delle peggiori che io ricordi della vasta produzione ciminiana.

Autore dell'articolo: Matteo Aiosa

Innamorato del fumetto Disney da quando ero bambino, l’avvicinamento con la splendida community del Papersera e specialmente col forum (nel quale sono famigerato con il nickname “Grande Tiranno”, in omaggio a una divertentissima bilogia di Leoni/Negrin) mi ha permesso di allargare i miei orizzonti in materia. Studente “classicista”, musicante in formazione e cinefilo a tempo perso, sono per ragioni anagrafiche un Pker dell’ultima ora. Accusato (a torto?) di essere un disneyano ossessivo e ossessionato, non è escluso che in futuro possa diventare un romito ciminiano, circondato da montagne di albi. Non posso che concludere così questa presentazione: Ciao! Il Grande Tiranno