Topolino e l’uomo di Altacraz
“Aria! Aria!”
Queste le prime parole pronunciate, con grande vigore, entusiasmo e la leggerezza di una libellula, da un uomo che ha finalmente scontato il suo debito con la giustizia e che può così riassaporare e respirare a pieni polmoni la tanto bramata libertà . L’ex-galeotto risponde al nome di Geronimo ed è lui “l’uomo di Altacraz” che affianca Topolino nel titolo di questa splendida storia scarpiana di cui proprio quest’anno, nel 2023, ricorre il sessantesimo anniversario dalla prima pubblicazione.
L’inizio della storia in campo lungo, come fosse un film.
Il racconto, scritto e disegnato da Romano Scarpa con le chine di un poco più che esordiente Giorgio Cavazzano, si compone di due tempi e debutta sui numeri 380 e 381 di Topolino, usciti rispettivamente il 10 e 17 Marzo 1963.
Un incontro rocambolesco.
Di ritorno dalla stazione ferroviaria, il simpatico Topo dalle grandi orecchie medita propositi di quiete e tranquillità , almeno fin quando non si imbatterà in un figuro dall’aria trafelata, che fugge via da un gruppetto di mucche al pascolo che proprio non vuole saperne di lasciarlo in pace. Il tizio altri non è che Geronimo, il quale si presenta a Topolino come “solista” di imbutofono, uno strumento (avente, a suo dire, delle qualità eccelse) frutto di una sua invenzione e che spera possa “lanciarlo” in grande stile nel panorama musicale.
Purtroppo, le virtù prodigiose dello strumento sono apprezzate soltanto dall’orecchio musicofilo del suo creatore mentre Topolino (e la sua automobile) ne sperimenteranno gli effetti nefasti che provoca ad ogni nuova devastante sonata. In tutto ciò Geronimo, al momento, non ha davanti a sé un avvenire che possa promettergli chissà quali grandi certezze: non ha un lavoro, si trova in una città (Topolinia) che non conosce e poi… non ha neanche una casa! L’unica persona con cui ha un minimo di confidenza è proprio Topolino, il quale anche in questa occasione saprà dimostrare di essere di buona ospitalità ed accoglienza nei confronti di chi ha bisogno, in maniera non troppo diversa dalla vicenda di Tapioco Sesto o da alcuni classici di Walsh e Gottfredson anni 50. L’uomo di Altacraz si sistemerà dunque per qualche giorno presso la sua dimora, anzi nel garage di casa sua, dove potrà anche effettuare – con opportuna insonorizzazione dell’ambiente – le prove musicali di quello strumento fracassone che è l’imbutofono.
I bizzarri strumenti musicali della Fondazione Magus
E la convivenza con Mickey sembra portare proprio bene all’aspirante musicista! Innanzitutto, la Rapsodia per imbutofono scritta di getto durante la prima notte vissuta da ospite ed eseguita, in prima mondiale, dinnanzi a Topolino e Basettoni non produce affatto quell’insopportabile stridìo di note che era naturale aspettarsi ed anzi, dal peculiare strumento, si libera un suono dolce e melodioso, che ispira pace e concilia gli umori inducendo, in chi lo ascolta, il nascere di pensieri placidi e sereni. Come se tale risvolto non fosse, visti i disastrosi precedenti, già abbastanza incredibile, ecco che per Geronimo si presenta un altro motivo per cui essere al settimo cielo! Il critico musicale Mister Magus, mecenate dei musicisti più balzani e possessore di una favolosa ricchezza economica (ma che preferisce agire nell’anonimato ammantando di un fascino ancora più misterioso la sua già iconica figura), lo invita previo dispaccio postale ad esibirsi presso la sua prestigiosa e singolare accademia della musica.
Geronimo, sicuro del fatto suo, suona con trasporto ma la sua performance non viene affatto ben giudicata tanto che il suo talento musicale viene addirittura etichettato come… pessimo!
La frustrazione e l’abbattimento morale che avverte nel suo animo ferito lasciano presto spazio alla voglia di rivalsa, inducendo l’ex habitué delle carceri americane a dirne quattro a questo fantomatico Mister Magus che non ha nessun diritto di liquidare un aspirante artista di belle speranze in un modo così umiliante. Intanto, mentre Topolino attende il ritorno di Geronimo, un trafelato Basettoni giunge presso la fondazione e rivela una notizia sconcertante: proprio lì, all’Accademia, è stato commesso un furto di grande risonanza perché è stato sottratto a Magus lo “zufolo di Budda”, prezioso strumento musicale di cui il proprietario aveva grande cura e il cui valore economico ammonta a quasi un milione di dollari.
Possibile che sia stato Geronimo, quell’individuo che sembrava tanto bonario e docile, a rubare lo zufolo per vendetta nei confronti di chi lo aveva poco prima umiliato e ferito nell’orgoglio? O si tratta di un piano che l’ospite di Topolino aveva subdolamente premeditato con ampio anticipo, visto il suo poco lindo passato di galeotto?
Accipicchia, come se la ridono!
Fatto sta che da qui in avanti, tra le pagine finali della prima parte e l’inizio del secondo tempo, la narrazione della storia subisce un’appassionante accelerazione che procede di pari passo all’inseguimento a rotta di collo di Topolino e del Commissario i quali, a bordo della volante a sirene spiegate, si prodigano nel cercare di bloccare la spericolata fuga dell’uomo del titolo. Il ritmo si fa serrato, incalzante e anima di un tono ultra-dinamico una memorabile sequenza di inseguimento poliziesco dove il Maestro veneto non manca di inserire, in maniera naturale e coerente con gli avvenimenti e l’ambientazione in cui essi accadono, il suo irresistibile umorismo (come non ridere di fronte alla faccia sdegnata di Topolino costretto a pagare di tasca sua il cassiere della pista automobilistica per proseguire la ”caccia al ladro”, nel vederlo impegnato a spazzare via il cemento fresco finito sul parabrezza della volante o ancora nell’assistere all’irrefrenabile impulso di ridarella che, nel corso di una situazione così turbolenta e seria, lo coglie nel bel mezzo di una strada, insieme al capo della polizia, nell’esilarante scena delle piume di struzzo?)
L’ex-detenuto di Altacraz schiacciato dalle accuse.
La fuga di Geronimo si interrompe al termine delle sette, adrenaliche, tavole iniziali della seconda puntata e lo conduce alla centrale dove il solerte Manetta si vanta di averlo “braccato” con gran mestiere. L’ex-detenuto nega ogni coinvolgimento nel sequestro del favoloso zufolo di Budda ma la scoperta da parte dei tutori dell’ordine del suo passato di carcerato rende la sua paventata estraneità ai fatti ancor più difficile da credere. Per lui si apriranno dunque nuovamente i cancelli della prigione di Altacraz, dopo soli pochi giorni di ritrovata libertà , per non uscirne mai più? La notizia lo piega in due dalla tristezza: proprio adesso che stava cercando di costruirsi una vita onesta dopo l’esperienza nella prigione di massima sicurezza ecco che gli spettri del passato ritornano a minacciare pesantemente la sua libertà e a comprometterne l’avvenire.
Ricordo bene che, la prima volta che lessi la storia, mi balzò spontanea in mente un’associazione tra il personaggio di Geronimo e quello del Signor Bunz, l’uomo di Ula-Ula protagonista di un altro splendido racconto scarpiano di qualche anno prima. Entrambi i personaggi, all’inizio così simpatici e che con disinvoltura e leggerezza si ritagliano un loro spazio nelle vite l’uno di Topolino l’altro dello Zio Paperone, sono accomunati nel trovarsi davanti un destino infamante, di perdita della stima altrui e costretti ad un futuro di solitudine. Ma è mai possibile che Scarpa, dopo averci fatto affezionare a queste nuove figure di sua creazione, ci riveli una natura negativa ed improntata al malaffare abilmente celata e mistificata dagli stessi?
È vero, gli indizi si pongono tutti contro Geronimo ma l’attenzione ai dettagli da parte di Topolino non permette di chiudere il tutto in maniera frettolosa, pena il rischio di punire un innocente che forse, proprio per le macchie del suo passato, rischia di fungere da perfetto capro espiatorio e da colpevole ideale su cui scaricare le colpe di chi ha commesso il furto e che una volta archiviate le indagini può godersi, libero ed impunito, il frutto del suo tanto astuto quanto diabolico piano.
Il destino di Geronimo è dunque segnato?
Una volta giunti al termine di questa coinvolgente vicenda si ha modo di appurare la pregevole fattura di una storia la cui lettura risulta godibile, interessante, appassionante, impreziosita da espedienti particolari e che ben si prestano a stimolare la curiosità del lettore, come l’idea di presentare piccole parentesi di una narrazione parallela a quella principale con protagonisti Topolino e gli altri e che mostra, mediante la tecnica del punto di vista limitato, un individuo di cui non si vedono le fattezze, il cui volto non viene ripreso direttamente ma che è perfettamente in grado di conoscere i movimenti dei nostri e di agire di conseguenza.
Una scelta, quella di mostrare in modo parziale un figuro il cui ruolo di “attore nell’ombra” si rivela essere di capitale importanza all’interno del tessuto narrativo di questa storia, che contribuisce a rendere la vicenda di Topolino e l’uomo di Altacraz talmente ben studiata e curata nei dettagli, nella cura per le inquadrature delle vignette e dell’impostazione del fumetto, che sembra di trovarsi dinnanzi ad un film mozzafiato, che ti intriga, ti appassiona, ti coinvolge e ti stimola continuamente a saperne di più. Fino alla palpitante scena della resa dei conti in cui Topolino rischierà , come in tante altre occasioni precedenti e future della sua carriera fumettistica, la propria incolumità per difendere quell’alto senso di giustizia che è insito nel suo carattere e che lo rende un personaggio amabile, oggi come allora.
Infine, tra le tante chicche di questo racconto su cui potrei ancora soffermarmi, mi è impossibile non citare quantomeno la compartecipazione emotiva che mi ha suscitato il personaggio di Geronimo, caratterizzato da un’umanità e da un realismo nel modo di descrivere, anche solo graficamente, il suo stato d’animo, tale da caratterizzarlo in maniera tridimensionale, squisitamente verace e da rendere questo personaggio one-shot (giacché, ad oggi, questa è l’unica storia in cui è apparso) memorabile per quanto ha saputo esprimere e donare a noi lettori nel corso di questa meraviglia disneyana firmata da quel virtuoso (e meraviglioso) cartoonist veneziano che è stato e che sarà per sempre… Romano Scarpa!
28 AGO 2023
1 commento su “Topolino e l’uomo di Altacraz”
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