Paperino e la scavatrice

01 DIC 2023

Barks dedica la prima splash page della sua carriera (saranno appena tre in tutto) a quello che è diventato, col tempo, uno dei classici natalizi del fumetto Disney: Paperino e la scavatrice.

Il titolo italiano, quasi dettato da quella imponente immagine in apertura, finisce però col nascondere il vero tema di fondo della storia, che viene invece fatto intuire dall’originale Letter to Santa, un titolo che richiama palesemente il Natale, riportandolo (ovviamente epurato dai richiami religiosi) a quella che è la sua dimensione più genuina: la festa dei bambini.

L’anno successivo l’autore non sarà tenero con i tre paperini (Paperino e i doni inattesi), mostrandoli come dei figli sani del capitalismo americano, ma questa volta no. Questa volta li descrive per quello che effettivamente sono: i veri destinatari della festa, dei piccoli che desiderano soltanto un normale giocattolo.

È agli zii, invece, che riserva il ruolo ingrato nella vicenda: egoriferiti, totalmente sconnessi rispetto al clima festivo, si mostrano anche avulsi da una qualche sintonia con i nipoti, equivocando quello che è un semplice (e poco costoso) desiderio e reinterpretandolo sulla base di una scala di valori totalmente diversa falsata, da parte di Paperino, dal senso di colpa e, da quella di Paperone, da malcelata gelosia e bisogno di approvazione (sociale e familiare).

Tuttavia Barks sa mediare con abilità nella caratterizzazione dei personaggi: la sfuriata a colpi di sacchi di dollari mostra, nelle espressioni e nelle parole, una complicità di base e un certo compiaciuto divertimento tra i due ma più in generale il tono, seppur velato da un sotterraneo rimprovero anticonsumista, risulta quasi divertito, in un crescendo di folli esagerazioni dalle conseguenze esilaranti, ancorché distruttive.

La figura che si staglia sulle altre è sicuramente quella del vecchio Scrooge: due anni prima ha esordito proferendo a chiare lettere il suo disprezzo per il Natale; lo ritroviamo ora, ancora piuttosto scorbutico ma già sulla via per diventare lo splendido ottantenne che sarà nelle storie di Barks: non il gretto e arido vecchio di cui pure porta il nome e che aspetta ormai solo di morire, ma un vero self-made man con uno spirito indomito e financo guascone, non schiavo del suo denaro ma, anzi, ben disposto a sperperarlo anche solo per il gusto di poterlo fare.

La storia prosegue con una seconda parte altrettanto divertente, tutta imperniata sull’imbranataggine di due adulti ormai completamente obnubilati da una competizione che è solo nelle loro teste, mentre i paperini assistono e attraversano tutto il campionario delle emozioni, dall’incredulità all’entusiasmo, dalla mortificazione alla delusione, fin poi alla rassegnazione.

E proprio allora l’autore riporta la vicenda su quel tono fiabesco che aleggiava su di essa fin dal titolo: una conclusione “magica” che si rivela felice per i tre nipotini e illuminante per i loro ottusi zii che, si spera, avranno imparato la lezione.

Se cercate la lacrima facile e il gusto dolce/amaro in una narrazione più sobria, ripassate il 20 dicembre. Ma se, oltre ad annusare l’atmosfera delle feste, volete ridere di gusto, con sequenze slapstick da antologia, questa è la storia giusta per iniziare l’avvicinamento al Natale.

Autore dell'articolo: Gianni Santarelli

Abruzzese, ingegnere elettronico riconvertito in quel che serve al momento. Il mio rapporto con i fumetti segue tutta la trafila: comincio a cinque anni con le buste risparmio della Bianconi (sovvenzionato da mia zia), poi Disney, i supereroi Corno, i Bonelli (praticamente tutti, anche se abbandonati man mano). Verso i 18 anni scopro le riviste della Comic Art, leggo "Stray toaster" di Sienkiewicz e inizio un giro del mondo fumettistico che ancora non termina. Fumetto franco-belga, argentino, americano, autori celebri e sconosciuti, tutto finisce nella mia biblioteca, molto aspetta ancora di essere letto, nel frattempo dilapido una fortuna. Su due cose sono profondamente ignorante: i supereroi "classici" (ad eccezione di Batman, per cui ho una venerazione, non leggo una storia dell'uomo ragno & c. dagli anni 80) e il fumetto giapponese. Per il Papersera, con il nick "piccolobush", collaboro all'annuale premio, scrivo qualche articolo quando necessario e mi occupo, con puntuale ritardo, del settimanale "Topolino"

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