Paperino e il cenone di Natale

10 DIC 2023

Siamo spesso abituati, specie nelle storie Disney, a considerare il Natale come una festa di bontà e compassione, di affetti e di regali, una bellissima occasione di riunione familiare e un momento da celebrare con gioia. Ma chiunque abbia mai vissuto il Natale nella vita di tutti i giorni sa bene come molte volte questa ricorrenza, purtroppo, sappia tirar fuori anche i lati peggiori delle persone.

Forse da quest’idea è stato ispirato Carl Barks nella stesura di Paperino e il cenone di Natale, ispiratissima ten pager datata 1953 che mette in scena un tipico scontro tra zio e nipote, con il secondo che appare sotto mentite spoglie. Siamo alla vigilia di Natale e un indaffaratissimo Paperino si rende conto di non aver acquistato il tacchino per la sua cena della vigilia e di non avere più soldi per rimediare: il nostro decide quindi di architettare un piano per scroccare il pasto a Paperone, spacciandosi per il fittizio magnate petrolifero sudamericano Petrolio de Vaselino, intenzionato a fare affari con il papero più ricco del mondo.

Al ristorante, dopo un pranzo luculliano, Paperone crede di riconoscere nel suo commensale il Duca Sballoni, il secondo papero più ricco del mondo, convincendosi ancora di più delle potenzialità di un affare con lui: ma la situazione si ancora quando i due si trovano davanti un conto di 9 dollari e mezzo.

Da qui parte una serie di gag con i nostri che tentano o di fuggire dal locale o di rifilarsi il conto l’un l’altro: non c’è spazio per alcun tipo di sentimentalismo festivo, a farla da padrona è la satira, che mette alla berlina l’imbroglio di Paperino e l’avarizia di Paperone e mette in luce la falsità di molta presunta bontà natalizia.

Ancora più amaro, in tal senso, il finale: rendendosi conto dell’inganno grazie ad un’inattesa apparizione del vero duca Sballoni, in un impeto d’orgoglio e di ostentazione (e anche, perché no, di follia) Paperone acquista l’intero ristorante per punire il nipote, costringendolo a lavorare come lavapiatti per una settimana pur di saldare il conto.

E chiudendo su uno sconsolato Paperino che al telefono con i nipoti chiede di loro di conservargli per Capodanno quei fagioli in scatola che lui stesso aveva disdegnato all’inizio della storia, Barks sembra volerci suggerire, con un pizzico di divertita amarezza, che nonostante la buona volontà anche a Natale in fondo si rimane sempre un po’ meschini, che si parli di esseri umani o di paperi.

Autore dell'articolo: Alberto Brenna