Topolino 3562
È interessantissimo constatare come gli ultimi mesi di Topolino, segnati a parer nostro da un infiacchimento dell’ispirazione a vari livelli, pur con notevolissime eccezioni (una fra tutte Gli Evaporati), abbiano però progressivamente, quasi in sordina (a livello di “peso” delle storie e della posizione dedicata nell’albo), raccontato il graduale ritorno sulla scena di uno dei “pesi massimi” della storia recente del giornale. Parliamo di Tito Faraci, che appare sempre di più star ricostruendo il palco della sua narrazione a partire da brevi storie buttate lì nel corso del tempo, con esiti sempre più fluidi e interessanti.
Topolino e l’ispettore Irk contro il criminale inesistente, disegnata da Giampaolo Soldati, si basa su un presupposto dalla banalità audacissima: e se il colpevole dei furti che agitano Topolinia non fosse dotato di abilità sovraumane o intelligenza tattica, ma semplicemente fosse un consumato esperto nell’arte di… essere irrilevante?
Un presupposto del genere sta al confine con la presa in giro di chi legge. E invece, Faraci ci distrae ad arte con gli eccessi dell’ispettore Irk, con il clima bizzarro che questi inducono al commissariato di Topolinia, fino a calare il tassello rivelatore in modo perfettamente plausibile, affidandolo a una voce (non a caso) fuori campo che si serve delle didascalie per annunciarsi, anzi nemmeno annunciarsi, semplicemente commentarsi fugacemente.
Un gioco di prestigio, tout court, che funziona anche perché Faraci mette in campo la sua conoscenza millimetrica dei personaggi che usa: Manetta, Rock Sassi, poi Topolino, che fa da perno alla storia e la orienta verso lo svolgimento, e infine Pippo, che ne dispone lo scioglimento in maniera perfettamente in character.
A dirla tutta, è forse l’ispettore Irk la componente più stramba del lotto, sebbene la sua presenza sia di fatto il movente del crimine. Forse questa serie di apparizioni è sufficiente, o forse il personaggio avrà bisogno di uscire presto dal canovaccio, chissà . Certo è che questo nuovo, imprevisto, corso faraciano sembra in qualche modo promettente.
Quanto ai disegni, chi scrive ha sviluppato negli ultimi anni un totale affetto per quelli di Soldati che qui, in un contesto sornione e burlesco quant’altri mai, è completamente a suo agio. C’è spazio anche per una citazione letterale da Cavazzano nel Pippo che si affaccia alla porta di casa di Topolino.
Segue Paperino, Newton e l’effetto fisarmonica, di Francesco Vacca e Andrea Maccarini. Come sempre in questo tipo di storie, il pregio è quello di lasciarsi andare all’iperbole, senza troppi pudori, giusto reggendo la barra abbastanza da non scadere nel ridicolo. La storia lo fa, e i disegni le vanno dietro con un certo brio.
Poco più del tempo di una (prevista ma genuina) risata dura Pico e l’induzione di attenzione di Pier Giuseppe Giunta e Lucio Leoni. Se poc’anzi si parlava di affetto, quello per Leoni è tracimante: un vero piacere vederlo di nuovo sul settimanale, seppure purtroppo per brevi comparsate.
Meno scorrevole Lestofanti. I Bassotti in: Sottrazione rapida di Giovanni De Feo e Valerio Held, che alterna una simpatica gestione del refrain comico (la tecnica scippatoria di Bassotto Auriga) a… di fatto poco altro.
Il numero si chiude con La mappa di Ermete, di Sergio Cabella e Mattia Surroz. Si tratta di una storia che, tendendo a un finale a sorpresa, archivia però forse un po’ troppo rapidamente i vari passaggi, ridotti appunto a tappe (piuttosto canoniche) per la svolta conclusiva. Svolta che però ha a sua volta il sapore del già visto, facendo quindi un po’ mancare la chiave di volta alla costruzione. Surroz fa un bel lavoro soprattutto dal punto di vista dell'”ornamento”, dimostrando continuamente cura specialmente nelle scene più dense di dettagli e di atmosfera.