Topolino 3579

12 LUG 2024
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Topolino 3579 si rivela sicuramente importante per la storia del libretto. Infatti, al netto della doppia cover, già utilizzata nel recente passato nei numeri contenenti le avventure della serie Once upon a Mouse… in the Future, abbiamo la pubblicazione, in contemporanea con l’America, della prima storia con personaggi Disney realizzata dalla Marvel: ne parleremo con calma più avanti. Concentriamoci prima sulle storie “tradizionali”.

Si comincia con I misteri di Paperopoli – Paperino, Paperoga e il Grand Mirror Hotel (Sarda/Palazzi). La storia fa parte della pregevole serie antologica in cui la città si racconta attraverso i suoi edifici più rappresentativi e iconici. Anche in questo caso abbiamo una vicenda piacevole, in cui un albergo dalle camere inconsuete fa da sfondo alla trama principale. Si tratta di un canovaccio classico ben gestito, in cui i disegni di Palazzi lasciano spazio a tanti dettagli, architettonici e non. Ottima la copertina dedicata, che regala una piacevole nota di mistero grazie alla cura di Corrado Mastantuono.

Che cosa si nasconde al Grand Mirror Hotel?

Decisamente più intriganti e suggestivi il terzo e quarto episodio di Topolino e l’isola che non c’è (Salati/Soldati). Lo sceneggiatore milanese ha realizzato una trama ricca di spunti e di suggestioni che, per sua stessa ammissione, occhieggiano a capolavori come Il signore delle mosche di William Golding e L’isola del dottor Moreau di H. G. Wells. Salati ha anche suggerito (come potete trovare nella sua intervista rilasciata al Papersera) alcuni riferimenti estetici da film di animazione, come Mune, le gardien de la lune (cui noi aggiungiamo un pizzico di Strange World, ma l’autore ha confermato come la storia sia stata scritta prima dell’uscita del film).

Al netto delle ispirazioni, la storia risulta accattivante, soprattutto per la tipologia di nemici usata. A scontrarsi con Topolino non è tanto il generico criminale, quanto una influenza assai più subdola, basata sulla manipolazione degli spiriti animali e degli istinti più ferini, che escludono la ragione e la conoscenza. I riti mistici e selvatici risultano intriganti ma quanto mai fragili, ed è un preciso monito lanciato al lettore: la scienza e lo studio permettono la vera libertà.

La scienza unica avversaria dell’irrazionale

Si tratta di una tematica centrale nel romanzo di Golding, che consigliamo caldamente. La sua celebre frase – “L’uomo produce il male come le api producono il miele” – sintetizza bene la tematica del libro. Salati non porta il tema alle sue estreme conseguenze, ma lascia nell’aria quello che può succedere nell’uomo in una condizione di selvaggia necessità. Soldati ai disegni tratteggia con cura i personaggi secondari e realizza panorami di ampio respiro.

Speriamo che il finale confermi le buone impressioni ma, in ogni caso, i semi delle idee lanciati dagli autori sono più che sufficienti per definire la storia molto valida.

Nulla da dire sulla semplice breve Paperino e l’appuntamento a pedali (Bosco/Panaro). Ricordiamo inoltre che con questo numero prosegue la raccolta delle figurine per l’album dedicato ai 90 anni di Paperino.

Un altro Natale sul Monte Orso…

E infine arriviamo all’ultima storia, o alla prima, se giriamo il libretto. Introdotto dalla copertina di Alex Ross, eccezionale disegnatore noto per due capisaldi fumettistici supereroistici come Marvels (scritto da Kurt Busiek) e Kingdom Come (scritto da Mark Waid), comincia Uncle $crooge and the Infinity Dime (in italiano Zio Paperone e il decino dell’infinito).

Partiamo dagli aspetti positivi. I disegni risultano eccezionali, dato che gli autori coinvolti hanno usato la libera gabbia americana con esiti felici. Va comunque notato come non sia affatto una novità. Fin dal 1996, con l’avvento di PKNA, il fumetto Disney aveva sperimentato metodi grafici che nei fumetti supereroistici erano la norma da anni. L’autore che abbiamo apprezzato di più è stato Paolo Mottura, capace di riportarci indietro nel tempo al Natale sul Monte Orso e di ritrarre un Paperone sempre più avido e crudele, attorniato dal suo freddo denaro.

Jason Aaron, celebre autore Marvel, afferma come i suoi punti di riferimento per la realizzazione della storia siano stati Carl Barks e Don Rosa: scelta inevitabile, dato che in America il fumetto Disney (italiano e non) è praticamente inesistente, e la serie televisiva Ducktales è decisamente più nota dei riferimenti fumettistici. La versione marvelliana di Paperone scritta da Aaron ha il preciso obiettivo di presentare ai lettori americani il personaggio e dirigerli, principalmente, verso i due grandi autori americani. (facilmente accessibili grazie alle edizioni Fantagraphics).

In quest’ottica, la storia mostra parecchie citazioni alla Saga (non del tutto coerenti, dato che sembra che quasi tutti i Paperoni alternativi sono sue versioni da giovane). Ma chiamarla storia è per certi versi eccessivo. La trama è ridotta all’osso: un Paperone di un altro mondo decide di depredare i suoi alter ego, con lo scopo di diventare il più ricco di tutti loro. Il soggetto, sicuramente interessante anche se non nuovo (in Italia abbiamo avuto il predone dimensionale, cui aggiungiamo la proposta dell’alter-ego, dallo spunto simile ma declinato in forma di commedia), si trova di fatto monco della parte centrale.

La promozione punta molto sulla “storia del secolo” e sulla presenza di Jason Aaron.

Dopo l’incontro con il temibile Paperone Supremo, passiamo praticamente subito allo scontro finale, tra dialoghi o monologhi verbosi e scene di combattimento non sempre all’altezza (e con esiti cringe come “il grido di battaglia di Paperone”). Anche il finale non risolleva completamente la vicenda, dato che presenta la solita retorica zuccherosa e ricca di melassa, che mette tutti al suo posto in una redenzione globale oggettivamente fastidiosa.

Dunque, che cosa resta della “storia del secolo”, dell’evento fumettistico dell’anno? Poco, oggettivamente. Il fatto che Marvel abbia deciso di realizzare internamente per la prima volta una storia a fumetti con personaggi Disney è sicuramente un’ottima notizia (il precedente con Peter David su Epic Mickey era un’altra cosa, ovvero la promozione di un videogioco), ma quella che abbiamo letto è una storia brillante dal punto di vista grafico ma non nuova in ambito disneyano. E, dal punto di vista narrativo, risulta decisamente povera. Insomma, molto rumore per nulla.

Nel libretto non erano presenti le informazioni precise su chi avesse disegnato cosa, ma le aggiungiamo noi (utilizzando i credits originali dell’albo americano): Paolo Mottura per il capitolo 1, Francesco D’Ippolito (matite) e Lucio De Giuseppe (chine) per il capitolo 2, Alessandro Pastrovicchio e Vitale Mangiatordi (le ultime quattro tavole) per il capitolo 3, Giada Perissinotto per l’epilogo. Spiace aver trovato delle immagini promozionali inserite dentro la storia, ma anche l’edizione spillata americana presenta degli spazi pubblicitari.

In definitiva, un numero sicuramente che non passa inosservato. Ma la collaborazione con la Marvel non ha portato esiti particolarmente soddisfacenti. Speriamo in compenso che porti nuovi lettori a scoprire, o riscoprire, l’Uncle Scrooge di Carl Barks e Don Rosa. Se cosi fosse, ne sarebbe senz’altro valsa la pena.



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Autore dell'articolo: Amedeo Badini

Il fumetto è sempre stato una mia grande passione, sotto forma prima di un rassicurante Topolino a cadenza settimanale, per poi inoltrarsi nel terreno filologico-collezionistico. Questo aspetto critico mi ha permesso di apprezzare altri autori, da Alan Moore a Jeff Smith, e soprattutto di affinare la curiosità verso tutta la nona arte del fumetto. Disney è il mio primo campo, ma non disdegno sortite e passeggiate in territori vicini. Per il Papersera ho scritto più di 100 recensioni, oltre ad aver curato una parte degli articoli sulle testate disney del passato. Inoltre, ho realizzato il Don Rosa Compendium, un'analisi dettagliata di tutte le storie del grande autore del Kentucky. Scrivo di fumetto e di cinema anche per il settimanale Tempi, per Lo Spazio Bianco e per la Tana del Sollazzo.