Topolino 3583

30 LUG 2024
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Nell’autunno 1982 uscì su Topolino La storia di Marco Polo detta Il Milione, una rivisitazione del celeberrimo libro che per antonomasia marca l’idea di monumento al viaggio, alla vastità del mondo, all’incontro fra culture, al fascino dell’esotico e del variopinto.

La realizzavano due autori molto diversi fra loro: Guido Martina, il decano, l’anti-canonico, il principe dal gusto obliquo, il più colto ed enigmatico dei Disney italiani, ai testi; ai disegni, Romano Scarpa, il simbolo, lo standard, in una fase di surreale onnipotenza artistica e avviato verso la meritata divinizzazione in ambito critico. Due figure polari della scena disneyana italiana, forse quant’altre mai, tanto alieni l’un l’altro quanto, invece, frequentemente appaiati in moltissimi dei capolavori fra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta: in totale, una sessantina di collaborazioni.

Oggi la storia si ripete: nell’anno del settimo centenario dalla morte di Polo, Topolino 3583 propone una nuova rivisitazione del Milione, rilanciando: il titolo è Il Miliardo e per la verità i due ordini di grandezza si scontrano di frequente nel corso della storia. Ma a chi affidare un lavoro del genere?

Ai testi troviamo Marco Nucci, protagonista accortissimo di una trasformazione profonda e determinata del modo di narrare Disney, prestigiatore delle tinte d’atmosfera e giocoliere di un nonsense morbido e accumulabile. Figura tanto opponibile quanto sovrapponibile a Martina: acquisto molto recente, tecnicamente già abilissimo, garbato nello stile, frizzante ma accomodante; e però titolare, come forse solo il Professore, di quel senso di distacco dalla materia, di quella capacità quindi di metterla con estrema facilità in prospettiva, in relazione con altro. La letteratura, la storia, la geografia.

Cannaregio, luogo fisico oltre la comodità dell’epiteto

A firmare i disegni è Giorgio Cavazzano. Ed è questo peso massimo a scardinare completamente l’equilibrio implicito nella storia del 1982, a rendere ogni parola spesa sulla storia ancillare al suo segno. Quarant’anni dopo, Cavazzano è ancor più che l’equivalente di Scarpa: è il nume tutelare tout court del disegno Disney in Italia. La divinizzazione, che per Scarpa fu fatto progressivo e alloro del tramonto, per Cavazzano è lo stato dell’arte da decenni. Graziato da una longevità già superiore al suo Maestro e dalla molto maggiore esposizione mediatica figlia dei tempi, ma ancor più che questo, spinto da una personale vocazione al rinnovamento, all’assimilazione di modelli nuovi e diversi, Cavazzano è il più solido e raffinato dei fari possibili per ogni nuova generazione di artisti. Ed è con lo strascico di questo manto veramente imperiale che sbarca in questa prova piuttosto impegnativa, per la lunghezza della sceneggiatura, per la varietà delle ambientazioni, e per il prestigio della materia trattata.

E dunque, com’è Il Miliardo di Cavazzano? È un manuale di economia dei materiali. Oggi quanto mai, il Maestro si ingegna di rendere l’impensabile con pochi tratti. Intendiamoci, “pochi” è senz’altro relativo, per un artista capace di vergare quadruple come quella qui sotto.

Quadrupla firmata, incorniciabile e quotabile in borsa

Ma quando l’orizzonte è più stretto, nelle interazioni più minute, verosimilmente nel tentativo di non appesantire l’instancabile corsa di Paperone e anche – perché negarlo? – di alleggerire lo sforzo da parte di un artista settantacinquenne, Cavazzano smonta, alleggerisce, dematerializza. La maestria diventa dunque non trovare il modo di inserire gli elementi nella tavola, ma piuttosto di toglierli continuando però a reggere la narrazione.

Nella vignetta qui sotto, ad esempio, non troviamo affatto l’armonioso affresco della precedente, ma piuttosto un gioco di suggerimenti: non la precisione della linea, ma la sua sinuosità, la sua rarefatta convinzione, ci restituiscono l’impressione del dettaglio. Dettaglio che però non c’è.

Ciò

Beneficiati dalla stessa magia gli oggetti. Ad esempio, i molti mezzi di trasporto di questa avventura: navi, aerei, carretti, muli (come nella quadrupla qui sotto). Oppure gli elementi di contorno, come i classici panni stesi nella vignetta più in alto.

Cavazzano, del resto, ha un’esperienza sconfinata nella narrazione dei viaggi paperoniani. Non solo per essere stato forse il complice più fidato e affezionato della proverbiale Wanderlust ciminiana, ma anche per lavori come il celebre Terzo Nilo con Corteggiani, le escursioni castyane con Eurasia Tost, o il relativamente recente Topo Maltese con Bruno Enna.

Elementi di un viaggio

A giocare la partita più rischiosa sotto questo trattamento sono i personaggi, specialmente quelli principali. Paperone, per l’occasione lievemente ringiovanito (vale a dire, con le basette un filo più corte), è costantemente al centro della scena, e non è infrequente sorprenderlo in pose innaturali, abbozzate, in debito del senso della proporzione.

Paperino è vittima di un ringiovanimento strano, ineguale nelle due parti della storia (ma senza nessun salto temporale a giustificarlo), così da risultare a un certo punto innaturalmente bambinesco, e spesso un po’ stravolto nell’espressione. Si tratta graficamente certamente degli aspetti meno riusciti della storia. Al contrario, in altri casi questo minimalismo ha esiti formidabili, come nella fulminante vignetta muta qui sotto.

E veniamo ora alla storia. Si diceva del piglio paciosamente sovversivo di Nucci. È un piglio che esce meglio nelle storie brevi, a parere di chi scrive, le lunghe soffrendo di un ritmo che privilegia la comodità e il passo rilassato. A volte troppo forse, specialmente in una storia già lunga e con una trama del tutto lineare. Gli stessi colpi di scena sono disposti e quasi adagiati in maniera serena e gioconda, fino a virare su un garbato quanto impietoso (si diceva del giocoliere?) sbeffeggiamento del topos del rivale con la pistola.

Chi scrive trova l’umorismo di Nucci estremamente godibile, e inserti comici in un tessuto più serio e tutto sommato non esaltante sono del tutto benvenuti. Vediamo nella quadrupla riprodotta più in alto, con la nave, l’aereo e il carretto, un esempio tipicamente nucciano di nonsense iterativo, basato su due puntelli complementari: l’abuso del rapporto fra vignetta e didascalia da una parte, e dall’altra l’effetto morbidamente spiazzante della variatio implicita nell’ultima battuta.

Il venerdì nero

Altro esempio, la sequenza qui accanto, con la chiosa del papero in cravatta a ricomporre la freddura con quell’effetto un po’ vellutato, che invece di smontare l’effetto comico lo trascolora al punto giusto in maniera difficile da spiegare.

Ci si perdonerà ora se dedichiamo meno spazio del dovuto alle altre storie del numero: Tito Faraci e Rudy Salvagnini propongono un ideale revival degli anni Novanta, con due storie gemelle incentrate sulle stramberie di Pippo: Pippo tipo da spiaggia (disegnata dal magico Lucio Leoni) e I mercoledì di Pippo: Topolinia party (disegnata da Luca Usai, un po’ straniato da una potente freccerizzazione). Nonostante la recente vera e propria resurrezione umoristica di Faraci e la collaudata verve di Salvagnini, nessuna delle due storie si fa ricordare. Sarà per la prossima settimana.

Nel frattempo è di nuovo Marco Nucci ad apparecchiare la tavola per, appunto, i prossimi numeri: in coppia con un Libero Ermetti in buona forma ci racconta, in Addio, Giovani Marmotte! i drammi prima del Gran Mogol, l’altrimenti granitico Bertie McGoose, e poi delle stesse GM, anzi dei loro membri più rappresentativi: Qui, Quo e Qua.

Quapropter bene conscius ponderis huius actus plena libertate declaro…

L’addio dei paperotti alla squadra di esploratori, oltre che sorprendente, è interessante per la diversità delle ripercussioni che può avere sui tre: anche perché proprio Nucci, con Salati ed altri, è stato l’artefice del tentativo recente di caratterizzare in maniera più precisa e variegata i nipotini.

Cosa ne sarà del menomato glorioso corpo delle GM, e come si tornerà alla normalità, lo scopriremo nelle prossime settimane. Nel frattempo possiamo farci aiutare dal redazionale apposito per immergerci nel clima delle Olimpiadi di Parigi 2024, e magari rileggere qualche storica avventura Disney a cinque cerchi.



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Autore dell'articolo: Guglielmo Nocera

Oggi espatriato nel paese di Astérix, mi sono formato su I Grandi Classici Disney, che acquisto tuttora, e Topolino Story prima serie. Venero la scuola Disney classica, dagli ineguagliabili vertici come Carl Barks e Guido Martina ai suoi meandri più riposti come Attilio Mazzanti e Roberto Catalano (l'inventore della macchina talassaurigena). Dallo sconfinato affetto per le storie di Casty sin dagli esordi (quando lo confondevo con Giorgio Pezzin) deriva il mio antico nome d'arte, Dominatore delle Nuvole. Scarso fan della rete, resto però affezionato al mondo del Papersera, nella convinzione che la distinzione tra esegesi e nerdismo sia salutare e perseguibile. Attendo sempre con imperterrita fiducia la nomina di Andrea Fanton a senatore a vita.