PK: la stagione del “Fuoriserie”

08 OTT 2024

Dal 2019 al 2024 PK ha trovato casa su una pubblicazione dedicata, su testi di Roberto Gagnor e Alessandro Sisti: con la “giusta distanza”, tentiamo di analizzare questa ennesima era del personaggio

Premessa

Era il 2014 quando, dopo un decennio di silenzio, venne pubblicata una nuova storia di PK, il progetto editoriale che debuttò nel 1996 rivoluzionando la figura di Paperinik e rilanciandolo in chiave prettamente supereroistica e fantascientifica, proseguendo tramite tre serie fino al 2005.

L’ultima uscita della testata

Potere e potenza, realizzata da Francesco Artibani e Lorenzo Pastrovicchio, riportò in scena personaggi, situazioni e atmosfere proprie di quella gloriosa epopea, ma lo fece sulle pagine del Topolino diretto da Valentina De Poli: non erano più gli anni in cui era possibile varare a cuor leggero una testata a parte di storie inedite, per cui il ritorno di Pikappa avvenne sul settimanale, attraverso un ciclo di lunghe storie-evento – curate, oltre che da Artibani/Pastrovicchio, anche da Alessandro Sisti e Claudio Sciarrone – suddivise in quattro o cinque parti e successivamente ristampate su cartonati di grandi dimensioni appartenenti alla collana De Luxe.

Questa nuova sequenza di avventure, nota come PKNE, trovò un termine nel dicembre 2018 con Droidi: con l’arrivo di Alex Bertani alla guida di Topolino, infatti, ci furono diversi cambiamenti nell’assetto del magazine e si realizzò che buona parte dei lettori trovavano PK come un corpo estraneo rispetto al resto dell’offerta.

Conscio però della passione dei vari pkers, il nuovo direttore decise di operare un investimento importante e di varare una nuova pubblicazione nella quale raccogliere storie inedite appartenenti a filoni in qualche modo “estranei” alla consueta produzione del libretto: nell’autunno del 2019 debuttò così Topolino Fuoriserie, contenitore dedicato alle nuove storie di PK e di Wizards of Mickey.

La saga dei Galaxy Gate

Per l’ennesimo rilancio del pikappero fu chiamato uno sceneggiatore che non vi aveva mai lavorato – Roberto Gagnor – e il disegnatore che illustrò Evroniani, il mitico albo che diede il via a PKNA: Alberto Lavoradori.

Tentativi di profondità

Un connubio tra futuro e passato, una specie di ponte che a livello prima di tutto simbolico avrebbe dovuto proiettare la serie verso nuovi approcci ma tenendo ben presente il glorioso passato.

Il primo numero, dal titolo Un nuovo eroe, si presentava come un sottile cartonatino con una storia di 44 pagine divisa in due tempi e senza nessun contenuto editoriale oltre al fumetto in sé e per sé, caratteristiche che rimangono invariate per tutti i numeri successivi della testata; non solo, l’avventura non era autonoma ma costituiva la prima parte di un racconto ben più lungo e articolato, che sarebbe stato successivamente individuato sotto il cappello della saga dei Galaxy Gate – dal nome del dispositivo al centro dell’intrigo – e sviluppata in sei albi.

La storia vede Paperinik incappare in uno di questi congegni, capace di traslare chi li adopera nello spazio e nel tempo; finisce così sul lontano pianeta di Shikaar, dove si scontra con un evroniano rinnegato prima di finire nel passato e assistere alla nascita del primo evroniano. Accecato dal potere dei Galaxy Gate decide però di cambiare la storia, creando una linea temporale distorta e corrotta che deve rimettere in sesto.

La run di Gagnor è stata vessata da molte problematiche di varia natura.

Vecchi alleati e nuovi (troppi?) comprimari

Editoriale, innanzitutto: la periodicità dilatata e non specificata rendeva complesso apprezzare la lettura di quella che era a tutti gli effetti un’unica sceneggiatura divisa in più tasselli consequenziali, e l’esplosione della pandemia da Covid-19 nella primavera del 2020 ha complicato ancora di più questo fattore con effetti che avrebbero riverberato sulla distribuzione e in varia misura nel corso di tutto l’anno.

Anche a livello di gestione produttiva devono esserci stati alcuni cambiamenti in corso d’opera: il repentino cambio di disegnatore nel secondo numero, quando era inizialmente stato annunciato sempre Lavoradori, e l’affiancamento di Alessandro Sisti alla sceneggiatura del quarto e del sesto volume appaiono, perlomeno dall’esterno, come interventi non inizialmente previsti e messi in atto per risolvere eventuali intoppi.

Problemi e pregi della run di Gagnor

Ai tempi dell’uscita il lavoro dello sceneggiatore fu pesantemente osteggiato dagli appassionati di PK, che rilevavano numerose scelte non gradite o in contrasto con lo spirito pikappico.

Architetture ardite

A distanza di qualche anno possiamo però provare ad analizzare con maggiore lucidità quanto imbastito da Gagnor: non per forza per rivalutare, ma perlomeno per inquadrare in maniera più equilibrata e distesa il progetto nel suo insieme.

Per quanto mi riguarda, il maggior pregio dell’operazione è al contempo anche il suo peggior tallone d’Achille: raccontare la nascita del primo evroniano e utilizzare questo elemento, apparentemente centrale, come perno attorno a cui costruire quello che è il cuore della narrazione, cioè il delirio di onnipotenza di Pikappa che decide di modificare la Storia creando così una realtà alternativa peggiore di quella reale, è un ottimo spunto e una suggestione potente.

Quando l’autore citava gli X-Men di Grant Morrison o di Chris Claremont negli interventi rilasciati ai tempi dei primi volumi non lo faceva a caso, effettivamente; dimostra invece come nel suo piccolo abbia cercato di guardare all’approccio “di rottura” di certi sceneggiatori di supereroi americani per scrivere il suo PK, sfoderando anche una certa dose di coraggio nell’andare a toccare determinati aspetti della mitologia pikappica e del mood del personaggio.

Il problema è che in questo modo l’autore ha forse osato troppo e, così come Paperinik ebbro del potere dei Galaxy Gate, ha peccato leggermente di hybris.

Innanzitutto perché, da ultimo arrivato, andare a scavare nelle origini del nemico principale della serie rischia di suonare fin troppo ambizioso: è legittimo, ovviamente, ma espone l’autore a un’osservazione ancora più attenta e spietata da parte del fandom, meno incline a perdonare qualche apparente leggerezza o variazione sul tema.

L’introduzione fin da subito di troppi nuovi personaggi inoltre ha contribuito a rendere difficoltoso l’approccio con la narrazione, che in poche pagine ha dovuto inquadrare numerose figure inedite con le relative caratteristiche. E non è andata loro troppo bene nemmeno con il prosieguo, dato che, esclusi sparuti momenti di gloria nel penultimo capitolo, dei membri dei PK-Corps non abbiamo grande approfondimento né apparentemente ci si aspetta loro future incursioni.

Un’immaginifica splash-page dai colori sfavillanti

Anche il formato editoriale, per via delle già citate foliazione e periodicità, non si prestava particolarmente a una storia di così ampio respiro e che richiedeva innegabilmente pazienza da parte del pubblico per avere una visione d’insieme più chiara.

Infine, pure il tenore della scrittura ha minato qua e là la riuscita dell’insieme: PK è sempre stato caratterizzato da un delicato mix di ironia (diversa per taglio dalla comicità di Topolino), azione e temi profondi. Gagnor è un formidabile battutista, ma forse non ha trovato fin da subito la giusta “declinazione pikappica” in cui coniugare la sua verve e adattarla a personaggi per lui nuovi, come l’intelligenza artificiale Uno.

Anche dal punto di vista della profondità non tutto funziona come dovrebbe: se prendiamo l’episodio in cui Paperinik riconosce un’identità al Senzanome chiamandolo Ed, si nota come un’idea interessante e carica di significato venga esposta in maniera un po’ troppo repentina e didascalica, per quanto in questo influisca anche il numero di pagine a disposizione, che non permette di dedicare il giusto tempo a scene più intimiste.

Queste difficoltà hanno contribuito a gettare pesanti ombre sulla run, ad avviso di chi scrive eccessivamente esacerbate da entrambi gli schieramenti, e che non hanno permesso di valutarne con le necessaria serenità gli aspetti positivi.

La trama ha del potenziale che non resta solo inespresso per via delle problematiche di cui sopra, ma che riesce a trovare sviluppi riusciti ed efficaci, che emergono soprattutto alla luce di una rilettura consecutiva dei sei capitoli.

Un momento di grande impatto cucito su un personaggio poco incisivo

In particolare da metà run in poi, quando inizia a essere più chiara la natura dell’intreccio, la lettura diventa più godibile e coinvolgente e rende giustizia al personaggio.

Pensiamo in particolare a I giorni di Evron che, al netto del ricordare un po’ troppo da vicino lo scenario visto in Potere e potenza, mantiene intatto il fascino della dimensione parallela distopica e post apocalittica, permettendo anche di vedere team-up multipli (Pikappa-Everett Ducklair, Pikappa-Razziatore, Pikappa-Lyla) ben giocati.

Ancora meglio il successivo Obsidian, una vera e propria heist-story emozionante e avvincente per come è raccontata e per la posta in gioco. Un meccanismo narrativo raffinato, gestito in maniera azzeccata e impattante.

I giorni di Pikappa, che chiude l’arco narrativo, nel suo complesso fa un leggero passo indietro ma porta in sé l’idea risolutiva del crono-pasticcio che, per quanto semplice, viene presentata nel modo giusto per apparire furba e geniale, e questo fa funzionare la storia.

Un finale a colpo di spugna

Le ultime pagine però fanno sostanzialmente tabula rasa di tutta la vicenda con un colpo di spugna, rendendola mai vissuta per tutti tranne che per Paperinik, scelta che onestamente non ho molto apprezzato; così come mi ha stonato molto la volontà di dedicare le ultime tavole a una pedissequa spiegazione sul motivo per cui si vedeva Uno fluttuare sul pianeta Shikaar.

Questo passaggio, che contraddiceva uno dei limiti tecnici dell’alleato del protagonista, fu uno degli elementi su cui si concentrarono fin da subito molti appassionati per additare il lavoro di Gagnor: per quanto si trattasse a tutti gli effetti di qualcosa di formalmente errato e che avrebbe necessitato di una motivazione, anche solo in un balloon, imbastire una goffa scenetta nella quale motivare ex abrupto questa cosa mi è parsa la scelta meno naturale e più forzata che potesse essere messa in campo, anticlimatica ed evitabile. Riprendere a mesi di distanza quella dinamica della discordia e metterci una specie di pezza a posteriori non appare a chi scrive la soluzione più elegante e forse valeva la pena a quel punto fare finta di niente: non sarebbe stato il primo fumetto della storia ad avere un’incongruenza che non fosse rattoppata.

Galaxy Gate: i disegnatori 

Sul fronte dei disegni, non si può dire che si sia lavorato di sottrazione. Gli interni dei volumi si presentano con approcci molto diversi ma uniti da una certa inclinazione alla sperimentazione coraggiosa, a tratti eccentrica.

Perizia ingegneristica per un Lavoradori estremo

Alberto Lavoradori sfoggia il suo consueto tratto netto e squadrato, con personaggi dall’aspetto tozzo e architetture dall’aspetto sporco, diroccato e grezzo. La scena della costruzione del nuovo costume si arricchisce di vignette piccole e specifiche per ogni parte della tuta e dell’equipaggiamento, con tanto di didascalie e di schemi di progettazione, marchio di fabbrica dello stile “ingegneristico” sfoggiato anche in alcune opere extra-disneyane. A tale perizia non è stata però assegnata una colorazione adeguata, rendendo così il risultato finale inferiore alle aspettative: il divario rispetto a quanto era emerso pochi anni prima con la miniserie PK Tube, dove i disegni di Lavoradori erano accompagnati dai colori di Max Monteduro, è notevole, e rende il lavoro – pur apprezzabile per la visione peculiare di cui è portatore – di difficile decodifica.

Per secondo e terzo volume è subentrato Roberto Vian, al suo esordio su pagine pikappiche. 

L’artista ha iniettato nelle storie il suo stile fluido e magmatico, in netto contrasto con l’estetica più “dura” del collega: Paperinik risulta in realtà piuttosto fedele alla figura classica, ma è nei comprimari e soprattutto nelle ambientazioni che il tratto di Vian esplode nel suo fascino dirompente.

Una tavola dall’impostazione piuttosto classica e posata

Ci sono diverse tavole veramente ispirate e immaginifiche, contraddistinte da un impeto artistico potente, con un segno avvolgente e conturbante (pensiamo alla raffigurazione della Spora Alfa o alla doppia splash page verso la fine di Ur-Evron), ma accanto a queste ce ne sono altre che non risultano altrettanto riuscite ma che anzi si presentano come confusionarie, troppo ricche di dettagli e difficilmente intelligibili. Il disegnatore ha spesso sacrificato sull’altare dell’estro creativo una delle prime regole della narrazione per immagini, in particolare nel fumetto umoristico: la perfetta leggibilità delle vignette. Il giocare con la gabbia senza alcun freno ha portato a situazioni che disorientano e che obbligano a studiare la tavola per capire l’ordine di lettura.

Altre soluzioni, come il modo di rappresentare il momento in cui la coscienza di Pikappa si infrange in tanti pezzi, appaiono invece un po’ goffe ed esteticamente poco centrate.

Insomma, a un approccio sontuoso e magniloquente si contrappongono passaggi meno felici non sempre a fuoco.

Paperopoli invasa dagli evroniani: allora è un vizio!

Per quarta e quinta uscita torna un veterano di PK in tutte le sue declinazioni editoriali, nonché uno degli artisti più sinceramente appassionati e devoti del personaggio: Lorenzo Pastrovicchio.

Il disegnatore triestino si avvicina alla nuova impresa con la consueta sicurezza, raffigurando un Paperinik “cazzuto” come richiesto in sceneggiatura e dimostrando di aver assimilato ottimamente il character design dei nuovi personaggi, facendoli convivere in armonia sia con i personaggi storici che con il suo stile. Il ritmo sostenuto della trama viene accompagnato nella giusta maniera dal Pastro, che propone un tratto più rassicurante e canonico di quanto visto sugli albi precedenti senza per questo offrire ai lettori una visione piatta o scarica, tutt’altro.

In tal senso il discorso vale doppio su Obsidian: si decide infatti di offrire una colorazione più curata e meno standard chiamando un professionista come Andrea Stracchi, che infatti preme l’acceleratore con cromie ardite, fortemente effettate, ricche di luci, riflessi e sfolgoranti soluzioni. Il risultato è abbacinante, con tutti i pregi e i difetti che questo comporta: il lettore esce quasi stordito dalla visione di alcune pagine, accecato da effetti cromatici eccessivamente ricercati e che in taluni passaggi rischiano quasi di appesantire la china, se non di affogare il segno nella tavolozza hi-tech sfoggiata, pertinente con il tono dell’avventura ma che si poteva dosare meglio.

Le pose plastiche del Pikappa di Roberto Vian

Per il gran finale ci si è infine rivolti a Vitale Mangiatordi, che aveva messo mano a PK solo per quanto concerne il setting “apocrifo” di Universo PK ma che negli anni ha dimostrato di essere dotato di uno stile che flirta decisamente con quello supereroistico: la serie su Brigittik la Romantica Vendicatrice (identità segreta di Brigitta), la collaborazione al filone di DoubleDuck e il recentissimo contributo a Uncle Scrooge and the Infinity Dime – la prima storia Disney edita da Marvel Comics, su testi di Jason Aaron – confermano un approccio che ben si addice alle avventure pikappiche, e sicuramente ne I giorni di Pikappa si difende bene. Ci sono varie incertezze, in particolare nel suo Razziatore o nella gestione della gabbia, ma nel complesso emerge un disegno dotato di un buon equilibrio tra il classico stile disneyano e uno vagamente più “spinto”.

Nel complesso, quindi, il comparto grafico è altalenante, con una grande voglia di sperimentazione e di scodellare soluzioni grafiche che possano lasciare a bocca aperta, anche se a discapito della chiarezza del segno, ma anche con una tendenza a rientrare nei ranghi senza per questo giocare al ribasso nel tratto e nella gestione della griglia.

La saga del Ragno d’Oro

La conclusione della saga orchestrata da Roberto Gagnor non ha sancito la chiusura delle nuove avventure di PK su Topolino Fuoriserie.

Il mondo ideale?

La redazione deve però aver deciso che si era presa rischi a sufficienza, dando in mano questo universo narrativo a uno sceneggiatore novizio della serie, e preferì giocarsi un nome decisamente più vicino al cuore del fandom: Alessandro Sisti.

L’autore si è approcciato a questo compito con l’atteggiamento di forte continuità con il passato che l’ha spesso contraddistinto nella sua produzione pikappica, portandolo a recuperare elementi rimasti in sospeso nella produzione recente e cercando di simulare l’approccio organizzativo della storica PKNA.

Dall’altra parte, però, ha anche voluto introdurre un nuovo avversario che avrebbe costituito il filo rosso della sua run e che sarebbe diventato il main villain di questo nuovo ciclo, qualcosa di diverso dai soliti alieni e predoni temporali che hanno in varie maniere attraversato la strada del papero mascherato nel corso delle sue avventure: nientemeno che il Ragno d’Oro, una mistica setta dal sapore orientale che, attraverso una particolare danza e grazie alla guida della leader conosciuta come Soave Signora, è in grado di modificare l’intero tessuto della realtà portandola a una situazione rurale e pre-industriale, vista simbolicamente come una società migliore e più sana.

Un misterioso nemico: la Soave Signora

Introdotta nel primo volume di questa seconda parte del Fuoriserie, dal titolo esemplificativo La danza del Ragno d’Oro, la Soave Signora ha tutte le carte in regola per occupare un posto di rilievo nel pantheon di nemici affrontati da Pikappa: nel suo esordio infatti appare poco e resta nelle retrovie ma la sua figura è ammantata di mistero e promette di dare del filo da torcere al protagonista. È un personaggio, in questo stadio, che ha ancora tutto da dimostrare ma che si configura come molto promettente, ricca di potenzialità e soprattutto inedita come tipologia di avversario, elemento questo che faceva ben sperare in un rilancio della serie verso nuove prospettive.

Nella stessa storia esordiva anche Dunia Voyda, inventrice di successo e a capo di una grande azienda tecnologica, potenziale ulteriore alleata di Paperinik ed ennesima papera slanciata e affascinante dell’universo pikappico, sul solco e sull’estetica di Lyla Lay, Geena, Stella Nice, Birgit Q, Korinna e Juniper: un secondo elemento innovativo che, pur fondando i propri prodromi in consuetudini non proprio inedite, introduceva nuovi elementi capaci di dare freschezza nel miglior modo possibile, cioè complicando l’esistenza di Pikappa.

Gli En’tomek incrociano di nuovo la strada di Pikappa e Xadhoom

Dal passato proviene invece l’altro personaggio che Sisti rimette in scena in questa avventura: Xadhoom.

Già reintrodotta durante il revival su Topolino con Cronaca di un ritorno, la xerbiana mutante torna sulla Terra dopo aver perso nuovamente le tracce del suo popolo e decide di diventare alleata “a tempo pieno” del supereroe: uno stratagemma per lo sceneggiatore di utilizzare in modo nuovo una vecchia gloria, potendo perciò imbastire nuove dinamiche con il protagonista.

Pur nel limite delle 44 tavole, Sisti riesce a inserire tutto quanto senza forzature o brusche accelerazioni, per quanto abbia sorvolato un po’ velocemente sugli effetti dell’attacco del gruppo di danzatori mistici: a parte ciò, La danza del Ragno d’Oro è un ottimo re-start che sembrava potesse aver trovato una nuova calzante dimensione per PK.

Nelle uscite successive, però, il meccanismo strutturale imbastito da Sisti iniziò a presentare qualche limite: alternare ad ogni numero diversi villain e storyline funzionava bene ai tempi di PKNA perché si trattava di un mensile, ma la periodicità lasca e non predefinita di Topolino Fuoriserie mal si prestava a tale operazione. 

Un trio d’azione molto efficace

Inoltre dedicare secondo e terzo albo a elementi come gli En’Tomek introdotti in Cronaca di un ritorno e come Axel Alpha, avversario nato sulla serie di DoubleDuck – versione spionistica di Paperino – e congiunto nell’universo pikappico da Francesco Artibani in Timecrime, poteva destare perplessità perché, nel limite della quarantina di pagine, lo sceneggiatore ha voluto nel primo caso fare ripartire un filone narrativo tutto sommato ancora vergine e nel secondo caso dare una chiosa a una sottotrama che sostanzialmente non aveva forse una necessità così stringente di essere messa nero su bianco.

In entrambi i casi, inoltre, la sceneggiatura non appare nemmeno così interessante di per sé, quasi che la storia fosse più un pretesto per l’esigenza dell’autore di spiegare determinati passaggi o riportare in scena personaggi con l’intenzione di svilupparli successivamente secondo i propri piani. Fumetti funzionali a fumetti futuri, insomma.

Gli En’Tomek sono quelli che ne escono con le ossa maggiormente rotte: tornano infatti nel terzultimo albo per trovare una potenziale chiusura del loro arco narrativo, in una maniera però così pretestuosa, gratuita e arronzata da deludere fortemente. Vengono infatti liquidati con una rivelazione – invero piuttosto irritante – su chi sono i loro capi e con un annacquamento delle loro possibilità tanto repentino quanto deludente.

Xadhoom e la Soave Signora

Il tutto avviene peraltro in una buddy-story con il colonnello Neopard, comprimario in due spillati del passato – rispettivamente di PKNA e di PK2 – ripreso per l’occasione in una trama che sembra più che altro ricalcare quanto visto nelle sue precedenti apparizioni e relegando solo alle ultimissime, risicate pagine, la rivelazione connessa agli En’Tomek.

Non va meglio a Xadhoom: la presenza della potente alleata di Pikappa a perpetua disposizione dell’eroe apriva a scenari interessanti ma, a parte le prime storie del ciclo, la sua sub-quest sulla ricerca degli xerbiani rimane appena accennata, un esile filo che corre tra le tavole dei singoli episodi, per poi farla tornare nel cosmo avendo trovato una traccia da seguire, situazione che apprendiamo peraltro fugacemente da un flashback di due brevi vignette.

Ancora nuovi nemici per Pikappa

In questo calderone di idee e sottotrame, Alessandro Sisti decide peraltro di aggiungerne una nuova di zecca, che risulta però drammaticamente sacrificata nello spazio a disposizione: con Il maestro del silenzio viene infatti introdotta una ulteriore setta, un ordine guerriere guidato da un rigido codice d’onore che regola duelli e segretezza del gruppo stesso. Il leader si presenta alla Ducklair Tower completo di esoscheletro e determinato ad affrontare Xadhoom, ma si trova a fronteggiare un Pikappa mai così in difficoltà.

Lo spunto potrebbe anche essere interessante e la storia di per sé è scritta bene, una delle migliori del lotto, ma lo scarso margine di approfondimento e i tratti in comune con il Ragno d’Oro incisero nel rendere ancora più dispersivo il mosaico complessivo, che a quel punto delle uscite… semplicemente pareva non esserci.

Problemi e pregi della run di Sisti

In realtà non è del tutto così: una rilettura consecutiva dei volumi svela infatti una costruzione narrativa molto più coesa e ragionata di quanto la fruizione in diretta e dilatata nel tempo facesse pensare.

Il ritorno di una vecchia gloria

La ricerca degli xerbiani da parte di Xadhoom e Uno è infatti un elemento ricorrente e caratterizzante in ogni episodio, che pur sottotraccia viene comunque portato avanti con una certa coerenza; anche il main-plot relativo al Ragno d’Oro permane con una certa costanza in ciascun volume, anche quelli che trattano di tutt’altro, tramite la presenza dei ripetitori usati dalla setta per amplificare l’energia dei flussi geodinamici, che Uno studia con impegno per carpirne segreti e meccanismi e che quindi vengono sempre citati e mostrati almeno in una vignetta.

Dunia Voyda, infine, è un altro filo rosso molto importante, un comprimario che cresce di albo in albo in un interessante percorso per diventare a tutti gli effetti una nuova alleata di Pikappa.

Certo, i fattori di criticità già evidenziati e insiti nella struttura della testata non hanno permesso che questi elementi ricorrenti fossero gestiti al meglio e pertanto il risultato finale della run non riesce in ogni caso a essere cristallino e del tutto soddisfacente, ma rispetto alla lettura frammentata perlomeno si riesce a cogliere la coesione di fondo del nuovo progetto sistiano.

Alternative pericolose

Tali pregi e difetti si elevano a potenza nel doppio finale season, dove convergono tutte le storyline disseminate nei precedenti volumi e portando a conclusione la minaccia del Ragno d’Oro. È una buona conclusione, nella quale il mondo voluto dalla Soave Signora si concretizza e nella quale l’eroe deve cavarsela pressoché da solo, con il solo aiuto di un imprevisto alleato, sul cui colpo di scena è forse preferibile evitare di soffermarsi troppo.

Sisti in ogni caso mette in campo tutti i personaggi dell’universo pikappico utili alla situazione, compresi i monaci di Dhasam-Bul, e grazie alla maggior lunghezza a disposizione realizza un intreccio solido, a suo modo avvincente e che riesce a dare una chiosa all’arco narrativo sistiano.

Ragno d’oro: i disegnatori

Lato disegni, anche in questo caso abbiamo una buona varietà di matite all’opera: Paolo Mottura, Marco Mazzarello, Davide Cesarello, Giuseppe Facciotto e Claudio Sciarrone.

Mottura e Sciarrone sono i “veterani” della situazione, gli artisti che avevano già lavorato sul personaggio ai tempi di PKNA e che tornano in grande spolvero per il Fuoriserie: il primo ripresenta il suo tratto “gotico”, ricco di ombre e di suggestioni, che esplodono nelle tavole con il effetti quasi acquarello che in maniera raffinata e fluida comunicano efficacemente alcuni scorci narrativi, in primis la rappresentazione dei flussi geodinamici e dell’incursione di Xadhoom nel finale del primo volume, nonché il vortice temporale nel terzo.

Scontro finale

Sciarrone sfoggia il suo stile attuale, dinamico e ipercinetico, sperimentando l’effetto puntinato per le ombre e nella colorazione, che ha supervisionato; i personaggi sono particolarmente vivi e plastici, le ambientazioni curate e la gabbia ben strutturata.

Tra le new entry, Cesarello è colui che se l’è cavata meglio: il suo disegno schizzato, veloce, a volte un pochino contorto e con una resa dei volti non sempre limpida, che in alcuni casi sulle storie per Topolino con i Paperi protagonisti non ha raggiunto risultati del tutto positivi, nell’ambito pikappico sembra essere quello che ha maggiormente raccolto l’eredità sovversiva dell’estetica di PKNA, riflessione che scaturisce tanto dall’osservazione della regia quanto dalla resa di personaggi particolari come Xadhoom, che trova in questo caso una felicissima interpretazione.

Angus e il Natale, coppia letale

Anche Facciotto ad ogni modo rende un buon servizio alla storia che gli viene affidata: pecca solo in alcune eccessive semplificazioni, come nel caso dell’armatura indossata dal Maestro del Silenzio o in certe scene d’azione, ma nel complesso compie un bel lavoro in particolare per quanto riguarda la griglia.

Medaglia di legno a Mazzarello, che appare come il fumettista più fuori contesto di tutto il Fuoriserie: il suo stile decisamente bidimensionale e spoglio restituisce un’impressione di vuotezza sulle pagine di grande formato, e lo stile con cui vengono disegnati i personaggi tradisce un approccio semplicistico e piatto, che si denota soprattutto sui mezzi spaziali e sull’aspetto e gli abiti dei comprimari.

Conclusioni

La stagione del Fuoriserie per PK risulta così una grande occasione mancata, non priva di risultati interessanti e coraggiosi ma che nel complesso non riesce a condurre un discorso veramente organico, che sia per ragioni narrative o per questioni editoriali, di formato o di periodicità. Da questo punto di vista l’era di PKNE su Topolino, per quanto riguarda l’arco narrativo impostato da Francesco Artibani, ha funzionato meglio e in maniera più coesa, mentre la gestione Gagnor per certi versi e quella Sisti per altri hanno conosciuto diversi intoppi che hanno minato un po’ l’esperienza, lasciando nel lettore fedele un senso di spaesamento e di scarsa soddisfazione.

Immagine promozionale per tutti gli albi di Pk su Topolino Fuoriserie, ultimo numero a parte

Anche la componente estetica ha conosciuto alti e bassi in entrambe le run, con una direzione artistica non molto coerente e un susseguirsi di disegnatori dallo stile vario ma non sempre all’altezza.

Il futuro di PK pare ora essere nuovamente sul “Topo”, centellinato in avventure autosufficienti e probabilmente con una scansione degli episodi diversa dal passato, magari seguendo l’esperimento tentato nel 2023 con Rinascita di Tito Faraci e Lorenzo Pastrovicchio, che venne pubblicata in un unico numero nonostante la settantina di pagine di cui era composta, e che in effetti sembra continuare con la già annunciata Metallo pesante della stessa coppia di autori.

Un modo per tenere in vita la serie senza l’onere di una testata a parte e soprattutto senza quello di creare una storyline continuativa e serrata, con tutte le incognite del caso, è forse l’unico valido al momento per il progetto pikappico: potrebbe infatti essere l’occasione per tornare a concentrarsi su singole trame verticali invece che su uno scenario ormai fin troppo ampio e dispersivo, liberi da pastoie di continuity e di spiegazioni da fornire e predisposti piuttosto a narrare solide storie supereroistiche in salsa disneyana e con il nostro vecchio mantello tarlato preferito.

Autore dell'articolo: Andrea Bramini

Andrea Bramini, detto Bramo, nasce a Codogno nel 1988. Dopo avere frequentato un istituto tecnico ed essersi diplomato come perito informatico decide di iscriversi a Scienze Umane e Filosofiche all'Università Cattolica del Sacro Cuore, dove a inizio 2011 si laurea con una tesi su Watchmen. Ha avuto esperienze professionali nell'ambito delle pubbliche relazioni e come segretario. Appassionato da sempre di fumetti e animazione Disney, ha presto ampliato i propri orizzonti imparando ad apprezzare il fumetto comico in generale, i supereroi americani, le graphic novel autoriali e alcune serie Bonelli e affini. Scrive di queste passioni su alcuni forum tematici e principalmente per il sito di critica fumettistica Lo Spazio Bianco, nel quale ricopre la carica di caporedattore.