I Classici Disney 12 – Profondo Nero
Il nuovo corso de I Classici Disney, ribattezzato “I Classici d’Autore”, è iniziato a febbraio 2021 con Il Re dei Paperi a cura di Vito Stabile, ma non abbiamo avuto modo di recensirlo perché, complice la moneta allegata, nelle edicole e negli store online si è reso da subito introvabile. Si tratta di una selezione di storie a tema, collegate per mezzo di una storia a cornice. Nulla di nuovo rispetto ai Classici storici del secolo scorso, dunque?
Non proprio. La selezione e la frame-story sono curate, ogni mese, da uno sceneggiatore di Topolino, diverso a seconda della tematica trattata: Vito Stabile per Paperone, Marco Nucci per Macchia Nera, Marco Gervasio per Paperinik nel numero di giugno prossimo. Si tratta di una strategia, a nostro parere, estremamente azzeccata: la sensibilità professionale dello sceneggiatore, chiamato a selezionare storie scritte dai suoi colleghi del passato o del presente, fornisce alla raccolta un collante qualitativo e caratteriale eccellente. E questo aspetto è fortemente avvantaggiato dal fatto che non si tratta, come nel caso dei valenti Dalmasso e Marconi, di factotum che curano la testata per intero, bensì di autori chiamati a esprimersi su uno specifico tema evidentemente nelle loro corde.
Questo mese, ecco a voi Profondo Nero, Il “romanzo” di Macchia Nera con le storie selezionate da Marco Nucci. Partiamo subito col dire che la selezione, introdotta da uno stupendo e spettralissimo Macchia Nera in copertina opera di Andrea Freccero, è estremamente godibile: come ci si aspettava, il trionfo è per Casty, probabilmente il miglior interprete di Macchia Nera di sempre. E ciò non perché la storia di Gottfredson, quella di Martina o quelle di Missaglia siano necessariamente da meno (la prima in particolare è semplicemente una pietra miliare della storia del fumetto), bensì per la costanza e l’affettuosa progettualità con cui l’autore goriziano ha lavorato sul personaggio. Ad oggi sono sedici le storie di Casty con Macchia Nera nel ruolo di avversario principale, undici se si esclude il ciclo di Darkenblot e ci si restringe dunque al Macchia Nera “classico”.
Le storie di Casty contenute nel presente volume sono tre: anzitutto Topolino e l’occhio di Topoltec, storia relativamente breve disegnata dal grande Vitale Mangiatordi e incentrata su un classico furto “senza colpevole”; qui Macchia Nera è un manipolatore e trasformista. Le altre due sono invece collegate, e si tratta di una coppia di piccole leggende degli anni Duemila: Topolino e l’uomo ingannatempo (disegnata da Massimo De Vita) e Topolino e i colpi dell’uomo qualunque (disegnata da Giorgio Cavazzano).
Difficile dire qualcosa senza rovinare dei colpi di scena, per cui ci limitiamo a sottolineare l’umorismo decisamente nero del personaggio, che lungi dal figurare come l’algido e scontato supercattivo che si rivela solo in fondo alla storia, compare da subito a spiazzare Topolino e compagni con la sua imprevedibile genialità, e a infastidirlo con le sue continue beffe, intrecciando in maniera perfetta la propria presenza con il corso del piano da lui stesso ideato. Parlando dei disegni, tutte e tre le storie sono davvero azzeccate: realistico e sottile il disegno di Mangiatordi, istrionico quello di De Vita, che mette in risalto la caratura umoristica e beffarda di Macchia Nera come non mai, e spiazzante nella sua pulizia quello di Cavazzano, in cui a risaltare è invece il contrasto fra la calma inerme di Topolino e l’imprevedibile, inarrestabile intervento del diabolico criminale.
Le altre storie selezionate da Nucci sono di ottimo livello a loro volta: Black out a Topolinia, di Alberto Savini, bilancia in maniera ottima atmosfera e trama, complici i disegni di un Lorenzo Pastrovicchio ancora lontano dai fasti di Darkenblot ma già calato in quel suo “realismo d’atmosfera”. Ingegnoso il piano di Macchia Nera, e credibile a sua volta il modo in cui viene scoperto e ritorto contro il suo autore: due ingredienti quasi imprescindibili per la riuscita di una buona storia con The Phantom Blot, al di là del fascino e dell’atmosfera che accompagnano il personaggio.
Troviamo poi la singolare e molto godibile Topolino e il dilemma parabolico, opera di un Bruno Enna ispirato nello svicolare dal classico canovaccio “macchianeresco” per… investire di importanza un particolare dell’anatomia di Topolino con una trovata foriera di gustose conseguenze sulla trama. Molto apprezzabile, in particolare, la gestione del personaggio di Pippo. I disegni sono ancora di uno stupendo Giorgio Cavazzano, autore di fantastici Topolini imbronciati e di un omaggio a Romano Scarpa nascosto in una vignetta.
L’ultima storia della selezione, Topolino e la minaccia acquatica, ha un valore particolare: si tratta di una storia tutta giocata sull’atmosfera, in cui Augusto Macchetto, già autore di una stupenda (e ben più agghiacciante) prova con Macchia Nera, dimostra di saper trattare buoni e cattivi sentimenti con pari abilità. Ma soprattutto, si tratta dell’ultima storia di Giuseppe Dalla Santa, autore di primo livello prematuramente scomparso dieci anni fa, il 29 aprile 2011. Dalla Santa non è solo autore di una prova spettacolare in questa occasione, ma anche e soprattutto di un maestoso Macchia Nera nel ciclo delle Fantaleggende, sicuramente una delle reinterpretazioni migliori in assoluto del personaggio. Tornando alla Minaccia acquatica, ci permettiamo di parafrasare quanto fu scritto all’epoca della sua prima pubblicazione nel redazionale che la accompagnava: una storia fatta di affetti ed abbracci, un saluto e un ringraziamento al suo grande disegnatore.
In conclusione, occorre dire qualcosa sulla costruzione della frame-story di Marco Nucci e Roberto Marini.
Chi scrive confessa che, dopo attente riflessioni, non ha un parere chiaro sulla riuscita dell’esperimento. Il problema in fondo è che in diciassette tavole è davvero molto difficile imbastire una trama convincente, per giunta dovendo artificiosamente collegare tra loro storie completamente indipendenti se non per il riproporsi dei personaggi. Fatta questa tara, il lavoro di Nucci è intelligente, seppur mancando troppo di mordente alla prova dei fatti.
In breve (raccomandiamo qui di non proseguire nella lettura a chi non volesse rovinarsi la sorpresa), la frame inizia con l’usuale escamotage dei sogni in catena, in cui l’ultima vignetta di ogni sezione della cornice riprende, in forma distorta dal sogno, la prima della storia che introduce; dopo un po’, però, scopriamo che questi sogni sono in realtà indotti da una macchina onirica di Macchia Nera, e che Topolino è tenuto prigioniero nella stessa villa apparsa nella Minaccia acquatica, da cui, svegliatosi, riesce subito a fuggire.
Si tratta quindi di una sorta di meta-frame, di un intervento decostruttivo nei confronti del classico e abusato tran-tran della cornice-sogno, trovata ottima per le sue implicazioni formali e d’altra parte un po’ sacrificata nel breve spazio e ruolo concessole. Detto questo, l’albo è senz’altro consigliatissimo.
24 APR 2021