Topolino 3590

30 SET 2024
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Topolino 3590

Spesso quando si legge Topolino si è convinti che sia giusto e sacrosanto che tutto debba essere di nostro gradimento. Che se si è appassionati di un certo genere di storie, queste non debbano mai mancare; oppure, che se si detestano determinate soluzioni narrative, queste non siano mai inserite. Quello che spesso si è però portati a dimenticare è che Topolino è un magazine, un periodico che per sua natura contiene al suo interno una grande quantità di cose differenti. Ci sono le storie a fumetti, gli articoli a esse collegati, rubriche di attualità e di approfondimento, giochi, angolo della posta e dei rapporti coi lettori. E tante altre sezioni che negli anni sono man mano venute meno. Una varietà che solitamente è possibile riscontrare anche nella proposta fumettistica che il settimanale consegna ogni mercoledì agli appassionati. 

Ed è su questo aspetto che deve essere valutata la serie Minni Prêt-à-Porter che ha avuto origine con la storia Questione di stile iniziata su Topolino oramai 4 anni fa. Nelle intenzioni della sceneggiatrice Valentina Camerini e del direttore Bertani, questa serie aveva il duplice scopo di cercare di attirare il pubblico femminile e di dare al personaggio di Minni una scossa, che la vedesse impegnarsi in qualcosa di differente dall’interpretazione della fidanzata petulante e insopportabile dell’eroe Topolino.

Probabilmente, se fosse ancora attiva, le storie appartenenti a questa saga avrebbero visto la propria pubblicazione sullo storica testata Minni & company, che ha rappresentato una presenza costante nelle edicole soprattutto nella seconda metà degli anni Novanta. 

Non stupisce quindi che l’episodio di Minni Prêt-à-Porter presente nel numero oggetto di questa recensione non sia proprio nelle corde dello scrivente. La serie vede al timone un nuovo autore: la sceneggiatrice non è infatti Valentina Camerini, che aveva scritto le trame di tutti gli episodi pubblicati finora, bensì Sergio Badino.

Appuntamento col finale: rimandato

Fashion Academy – La classe è composta di due parti, entrambe contenute in questo libretto, ma la trama non si conclude e prosegue con nuovi episodi nei prossimi numeri del settimanale. Ai disegni troviamo Giulia Lomurno, alle prese con la sua prima storia “lunga”. 

La trama vede Minni alle prese con i problemi della Purple Boutique, che aumentano nel momento in cui la protagonista e la sua amica Betty, proprietaria del negozio, si lasciano convincere a insegnare presso un’accademia che eroga corsi di formazione in materia di moda e stile. 

Non sarà semplice per loro immergersi nel ruolo delle docenti ed entrare in confidenza con una classe oltremodo riottosa e turbolenta, con alcune situazioni che sembrano nascondere qualcosa e alcuni personaggi, di contorno, che non sembrano essere stati completamente onesti con le protagoniste della storia.

Al di là delle questioni lasciate volutamente misteriose per necessità narrative, anche taluni passaggi della trama risultano poco scorrevoli, con accorgimenti talvolta forzati. I disegni sono proporzionati, ma forse per mancanza di tempo fornito alla disegnatrice per completare il tutto, molte tavole risultano un po’ scarne alla vista, in quanto spesso sono riportati solamente i personaggi senza lo sfondo, o con lo sfondo comunque abbozzato. Si tratta di una consuetudine molto comune nei Topolino di qualche anno fa, ma che via via è stata abbandonata nella ricerca di sfondi più curati e accattivanti, che però portano con sé intrinsecamente il rischio di distrarre il lettore e non fargli ben comprendere la narrazione.

In conclusione la storia, che già a priori non è nell’interesse di un lettore maschio di 35 anni, a posteriori non ha la forza e la capacità (anche comica o di frizzantezza) di consentirgli di riconsiderare le proprie basse aspettative e farsi apprezzare al di là del genere a cui appartiene.

UN MOMENTO. Come sarebbe a dire “paga il Papersera” ???

Sicuramente migliore, se non altro dal punto di vista umoristico, è Paperino, Paperoga e l’inafferrabile Pallonar, per i testi di Roberto Gagnor e i disegni di un granitico Alessandro Perina. Lo sarebbe anche dal punto di vista tematico visto che tratta di un argomento che solitamente d’estate intrattiene buona parte degli uomini italiani: il calciomercato.

In una divertente commedia degli equivoci, i reporter Paperino e Paperoga vengono incaricati dal loro direttore, nonché zio, di recuperare notizie di calciomercato e allo stesso tempo tentare di ingaggiare per la squadra di calcio del Vecchio Cilindro uno ieratico e capriccioso calciatore. Sebbene già dall’inizio si possa intuire dove la trama vada a parare, almeno per alcuni aspetti (ma d’altronde cosa si può pensare se Paperoga si prodiga in spese pazze perché “tanto paga il Papersera”?), la storia si legge con piacere. Perina è come sempre quel disegnatore che fa un lavoro chiaro, pulito, comprensibile, espressivo. Nulla di trascendentale, ma allo stesso tempo nemmeno niente che non sia molto buono. La satira sul mondo del calcio nella storia funziona molto bene, sa invece leggermente di riproposizione di cliché un po’ semplicistici la parte più relativa al gossip che vede il calciatore sempre accompagnato dalla bella ragazza un po’ vacua

Quando i miti cadono…

Segue Zio Paperone e le voci dello spazio, opera di due “De”: De Feo, Giovanni, ai testi e De Lorenzi, Paolo, alle matite. Si tratta di una classica storia di paperi: zio Paperone individua una nuova idea e una nuova possibilità per fare affari e cerca di sfruttarla con l’aiuto di Archimede. I risultati, come sempre, non sono garantiti. La storia ipotizza che, in maniera fantascientifica, sia possibile ripescare dall’infinità dell’universo i suoni, e in particolare le voci, emesse nel corso dei secoli dagli individui suo nostro pianeta. Da quelli più eminenti e dispersi nelle pieghe della storia, a quelli che hanno significato qualcosa per noi e per il nostro passato. Ci si accorgerà che non sempre la storia viene raccontata per come è effettivamente avvenuta ma soprattutto che la nostra memoria è fallibile, e il nostro cervello è mirabilmente costruito per ricordare alcuni avvenimenti solo in parte, e per la parte a nostro favore. Ci si domanda a questo punto: a che pro rischiare di sostituire un bel ricordo con una deludente verità?

La storia è in grado di restituire riflessioni etiche non banali pur partendo da uno spunto improbabile dal punto di vista scientifico (ma d’altronde Pezzin lo ha sempre fatto), con l’impressione che il cameo in stile donrosiano sia un po’ forzato e sia stato inserito nella storia allo scopo di sollecitare il finale desiderato.

Per concludere il numero bisogna capovolgere il libretto arrivando finalmente a leggere What if… ?Paperino diventa the mighty Thor.

The mighty Thor! by Pastro

La storia è la seconda del ciclo What if… ? che vede la collaborazione tra i fumetti della Marvel e i personaggi Disney. Dopo la prima storia in cui Paperino indossa i panni di Wolverine, che avevamo già avuto modo di recensire qui, stavolta il buon Donald si trova a ripercorrere da protagonista la prima avventura del supereroe Thor. La storia nasce da un soggetto di Steve Behling, cresce con la sceneggiatura di Riccardo Secchi e corre grazie ai disegni di Lorenzo Pastrovicchio

Rispetto alla prima storia con Wolverine questa avventura è decisamente migliore sotto molti aspetti. Intanto la trama è quasi una riproposizione in scala 1:1 della prima storia del supereroe-dio creato da Stan Lee e Jack Kirby nel 1962. In quella avventura d’esordio, pubblicata sul numero 83 della serie Journey into mistery, il dottor Don Blake, nel corso di un viaggio in Norvegia, sventa il tentativo di conquista del nostro pianeta da parte di inquietanti uomini-roccia alieni dopo essersi trasformato nel dio norreno. La metamorfosi da uomo debole impossibilitato nel camminare senza un bastone a potentissimo essere soprannaturale avviene dopo aver rinvenuto in una grotta un bastone di legno che si scoprirà essere nient’altro che il leggendario Mjolnir, il martello di Thor. 

La trama della storia che troviamo su Topolino è praticamente la medesima. Paperino va in vacanza per accompagnare i nipotini che devono effettuare una ricerca sui vichinghi per conto delle GM, si fa male a una gamba per replicare l’andatura claudicante del dottor Blake e poi ripercorre tutte le vicende della storia originale con pochissime modifiche. Con la sua sceneggiatura, Riccardo Secchi prova a introdurre elementi di alleggerimento e qualche gag, non tutte riuscite, ma è interessante come nell’intervista dichiari che, grazie a suo padre Max Bunker che era direttore dell’editoriale Cosmo, sia stato il primo bambino in Italia a leggere alcuni fumetti di supereroi americani. Dal punto di vista grafico la storia è disegnata molto bene da Lorenzo Pastrovicchio che con le ambientazioni sci-fi e Paperino supereroe ha una lunga esperienza. Belle, oltre alle scene di azione, anche alcune espressioni di un Paperino partecipe, entusiasta e “vivo”!  

Sull’operazione in generale avevamo espresso alcuni dubbi nella scorsa recensione, ma questa storia come risultato finale in termini di trama e disegni costituisce un sensibile miglioramento. Non è un capolavoro ma incuriosisce e si lascia leggere. 



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Autore dell'articolo: Matteo Gumiero

Costretto a scrivere qualcosa in questo spazio, sono ingegnere, non amo scrivere ma in compenso mi piace leggere. Fumetti, soprattutto.