Topolino 2946

09 MAG 2012
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Commentare una storia come il Dracula di Enna e Celoni non è semplice. Non è semplice perchè ci sarebbero tante di quelle cose da dire che il rischio è di annoiare e magari rovinare la lettura a chi ancora non la conosce. E’ una storia dove c’è davvero di tutto: angoscia (fondamentali in questo caso atmosfere e colori), orrore (sepolture camuffate da “messe a dimora”), sangue (spacciato per succo di barbabietola), sensualità (mordicchiamenti di lobi auricolari!), umorismo (a bizzeffe), satira (sociale, ma non solo), romanticismo, insomma tutto e tutto nelle giuste dosi, calcolate col bilancino affinchè non si vada troppo oltre, ma non si resti nemmeno troppo sul sicuro (ovvero sul bambinesco).
Poi si può parlare di quanto ricordi il film di Coppola piuttosto che il romanzo originale, di quella citazione di tizio piuttosto che di come gamba sia forse il personaggio più debole, etc… ma sarebbero tutte chiacchiere in più, l’unica cosa che si deve dire è: leggetela! Potrà anche non piacervi, è legittimo, ma dovete leggerla perché è di quelle storie che non si possono non conoscere.
L’altro tema principale del numero sono le parole e la loro salvaguardia, argomento già alla base di un concorso e di una precedente storia. Stavolta tocca a Macchetto cimentarsi in una avventura a tema, Topolino e il mistero del silenzio in coro, e il risultato è qualcosa di molto più riuscito rispetto alla “carta riciclassificata”. I toni delicati e leggeri dell’autore sono al servizio di una trama abbastanza convincente seppur dallo svolgimento non originale (la solita caccia al tesoro) e a ritmo molto (troppo) sostenuto: non viene neppure presentato il coprotagonista. Sciarrone illustra con il suo inconfondibile tratto computerizzato anche se si ha l’impressione di un certo autocompiacimento nell’uso degli “effetti speciali” visto ad esempio i ripetuti giochi di luce (quasi uno per tavola).
Il numero è completato da una divertente filler di Salati e Soffritti, Paperino telecomandato, sul problema dei telecomandi che angustia un po’ tutti noi, da Paperina e Brigitta e la controestate antisportiva (Gagnor/Panaro), classica avventura delle due papere in versione Thelma & Louise molto soft con tanto di tormentone preso in prestito da “A qualcuno piace caldo” e la chiusura con l’usurato filone P.I.A., guest star l’ennesimo scienziato demente (non pazzo, pazzo sarebbe stato una gran cosa, è proprio demente).
Nella parte redazionale spicca ovviamente il mini-dossier dedicato a Dracula, con delle brevi interviste ad autori e colorista e qualche bozzetto che ovviamente non rende al massimo nel formato tascabile. La speranza è in una qualche edizione di maggior pregio che renda giustizia a tanto sfoggio di bravura.

Autore dell'articolo: Gianni Santarelli

Abruzzese, ingegnere elettronico riconvertito in quel che serve al momento. Il mio rapporto con i fumetti segue tutta la trafila: comincio a cinque anni con le buste risparmio della Bianconi (sovvenzionato da mia zia), poi Disney, i supereroi Corno, i Bonelli (praticamente tutti, anche se abbandonati man mano). Verso i 18 anni scopro le riviste della Comic Art, leggo "Stray toaster" di Sienkiewicz e inizio un giro del mondo fumettistico che ancora non termina. Fumetto franco-belga, argentino, americano, autori celebri e sconosciuti, tutto finisce nella mia biblioteca, molto aspetta ancora di essere letto, nel frattempo dilapido una fortuna. Su due cose sono profondamente ignorante: i supereroi "classici" (ad eccezione di Batman, per cui ho una venerazione, non leggo una storia dell'uomo ragno & c. dagli anni 80) e il fumetto giapponese. Per il Papersera, con il nick "piccolobush", collaboro all'annuale premio, scrivo qualche articolo quando necessario e mi occupo, con puntuale ritardo, del settimanale "Topolino"